Impagliato come fosse vivo

Impagliato come fosse vivo Sparisce la tassidermia, l'arte preziosa di conservare gli animali Impagliato come fosse vivo CHI sono i tassidermisti? Sono quei tecnici che, perlopiù nell'ambito dei musei di storia naturale, provvedono a trattare le spoglie di animali morti per dare loro atteggiamento e sembianze simili a quelli del «vivo». In altre regole quegli operatori che comunemente, benché impropriamente, vengono definiti «imbalsamatori», o, con sufficienza, «impagliatori». Questa categoria di tassidermisti va scomparendo. Il degrado ha origini remote: già slr W. H. Flower, autorevole direttore del Museo Britannico, nel novembre del 1890 a Brighton, rammentava «...l'arte della tassidermia, benché ormai vecchia in Europa rimontando certamente a tre o quattrocento anni addietro, ha fatto pochissimi pro¬ gressi fino a questi ultimi tempi e anche oggigiorno essa richiama sopra di sé ben poca attenzione. Pare che pochissimi conoscano quale differenza passa fra un animale ben preparato e uno mal preparato. Ma in verità fra 1 due esiste tanta differenza quanto ve n'ha fra un leone dipinto da Landseer o da Rosa Bonheur e Io stesso animale dipinto da un'artista di villaggio sopra un'insegna d'osteria. Senza riallacciarsi a premesse dell'Antico Egitto (ove, più propriamente, si trattava di imbalsamazione ovvero di conservazione delle spoglie mortali, umane e animali, nella loro completezza con ossa, muscoli, visceri), la tassidermia vera e propria — che prevede la conservazione e la concia della sola pelle (coperta di squame o di piume o di pelo secondo la classe di appartenenza) applicata quindi su un manichino o simulacro dello «scorticato» in atteggiamento vitale — parte dal XV-XVI secolo e giunge fino ai nostri giorni, attraverso un'evoluzione abbastanza limitata che, ferma rimanendo per quanto attiene l'essenza del processo, si giova di sostanze e preparati via via più idonei forniti dall'evoluzione tecnologica. Come condizione irrinunciabile per la buona riuscita dell'intervento, rimane l'abilità artistico-manuale dell'artefice. Sulla scorta di precise conoscenze di anatomia normale e comparata, nonché di spiccata predisposizione al disegno e al modellato, bisogna predisporre quel «manichino» che di volta in volta dovrà riprodurre, leggermente enfatizzando il gioco muscola- re legato all'atteggiamento prescelto, un leone rampante, una zebra al pascolo, un canguro nell'atto di spiccare il salto. Sembrerebbe logico concludere che se i tassidermisti scompaiono vuol dire che i musei non ne hanno più bisogno, prevalendo nuovi orientamenti che privilegiano impegni diversi. Ciò non è assolutamente vero. Tutti i musei soffrono il dramma della «mancanza di tassidermisti», ma non sanno come risolverlo. Come mai? E' presto detto: si tratta di una questione economica. L'Ente Pubblico (sia esso Stato o Regione. Provincia o Comune) retribuisce i suoi dipendenti non in base alla reale capacità professionale di ognuno, ma in base a livelli scanditi sulle categorie fondamentali dei titoli di studio: scuola media inferiore, scuola media superiore e laurea. Il «mestiere» di tassidermista non viene insegnato né al liceo né all'università, ma richiede almeno dieci anni di apprendimento e perfezionamento presso una bottega di tassidermista (che poi è il laboratorio di un museo di storia naturale). Alla fine dell'impegno, sempre che opportunamente dotato da madre natura, quell'allievo sarà divenuto un ottimo tassidermista, ma il suo titolo di studio ufficiale non sarà lievitato oltre le soglie della scuola dell'obbligo. Quindi, benché bravissimo, verrà assunto nel pubblico impiego a un livello retributivo pari a quello del netturbino. Nelle pubbliche istituzioni finiscono dunque por rimanere quasi soltanto quei soggetti che, per carenze di varia natura, non hanno avuto successo come liberi professionisti. Oggi è indubbiamente un po' tardi per riprendere il discorso della tassidermia, ma forse si è ancora in tempo a tamponare l'estinzione definitiva di questa professione. Il ricupero di professionisti assai ben preparati e ancora reperibili (si tratta proprio degli ultimi) nelle più prestigiose istituzioni museali anglosassoni, mitteleuropee e d'Oltrecortina, potrebbe consentire l'organizzazione di corsi proiessionali presso le Regioni. Di pari passo, tuttavia, sarebbe anche doveroso risolvere il problema sotto i) profilo sindacale retributivo, sfatando la concezione riduttiva che valuta la professionalità in base al titolo di studio.

Persone citate: Bonheur, Flower

Luoghi citati: Egitto, Europa