La biologia delle passioni

La biologia delle passioni Lo scaffale ' tasta* La biologia delle passioni IL mio Ipotalamo è immerso nella lullberina»: un telegramma cosi non sarebbe uno scherzo, solo un modo originale, e sciencifico. per dire «ti amo». Per capirlo basta conoscere la chimica dei sentimenti, la Biologia delle passioni (Einaudi). Ogni nostro desiderio, spiega il neurobiologo francese Jean-Didier Vincent, è «indissociabile» da «secrezioni ormonali scatenate dagli Impulsi nervosi con cui 11 cervello risponde agli stimoli del'ambiente esterno». Dunque, gli ormoni sono i «messaggeri chimici» delle passioni, annunciano piacere e dolore, fame e sete, amore e sessualità. Vincent non stabilisce vecchi determinismi, rapporti di «causa-effetto». Dice però che non si può continuare a parlare delle passioni come «malattia dell'anima»: Alberoni non basta, diremmo noi. Vincent preferisce osservare e misurare le passioni in laboratorio, con cavie animali. Ha scritto cosi un didascalico saggio di neuroendocrinologia, mescolando topi e Proust, peptidl e Batallle, esperimenti scientifici e metafore letterarie, informatica e umanesimo, in una prosa preziosa, a tratti fin troppo compiaciuta. Il cervello ghiandola è 11 gran maestro dei nostri umori, dice Vincent. E questo cervello umorale modifica continuamente e In tutte le sue strutture 11 cervello neuronico. Anche l'inglese John Z. Young è convinto che lo studio della neurofisiologia ci possa alutare ad affrontare in una nuova luce i vecchi rompicapo della filosofia. Il suo saggio / filosofi e il cervello (Bollati Borlnghleri) propone un superamento della dicotomia mente-corpo per una «visione unitaria della natura umana.. La mente non è una «cosa» dice Young. ma non esistono attività mentali separate dal cervello. E illustra i «programmi cerebrali» che ci permettono di parlare, sentire, vedere, apprendere e ricordare, amare e odiare, decidere cosa e bello e giusto. Poiché ognuno di questi «eventi mentali» e associato a «eventi fisici», ne consegue che i filosofi dovrebbero «usare» di più il cervello, in un dialogo-confronto continuo con i biologi. In Intelligenza naturale e intelligema artificiale (Il Mulino), Patrizia Tabossl spiega come proprio da un Incrocio tra neuroscienze, psicologia, linguistica (in particolare Chomsky), Informatica sia nata una nuova «scienza cognitiva» (battezzata cosi in un convegno californiano del '78), con prospettive e risultati Impensabili rimanendo nell'ambito delle singole discipline. Domenico F '.risi e Cristiano Castelfran:.' ) esaminano come dall'Incontro tra Le macchina e il linguaggio (Bollati Borlnghleri) siano emersi nuovi elementi sia per conoscere la nostra capacità mentale di parlare e capire, sia per costruire «menti artificiali» capaci di dialogare con noi usando il nostro linguaggio quotidiano. Il loro testo, uno studio complesso in tutti i suol dettagli specialistici, fa da ponte tra psicologi e informatici. Con un'avvertenza polemica per gli ingegneri: chi non conosce a fondo come funziona Il linguaggio umano, non può «riprodurlo su una macchina». n rapporto cervello-llnguaggio-computer è centrale anche in Calcolatori e conoscenza di Terry Winograd e Fernando Flores (Est Mondadori), dove gli autori discutono le basi epistemologiche dell'Informatica. Mentre in Intelligenza artificiale, comportamento e comunicazione (Armando), Graziella Tonfoni esemplifica metodi e risultati delle ricerche sui «sistemi esperti». Luciano Gerita