Doris Dòme: «Con i film penso al budget col romanzo mi sento libera»

Doris Dòme: «Con i film penso al budget col romanzo mi sento libera» Doris Dòme: «Con i film penso al budget col romanzo mi sento libera» MILANO — Scrivere, più ancora che far cinema. Contrariamente a quanto confessa Eric Rohmer (autore tra l'altro di alcuni racconti appena usciti da Einaudi), la tedesca Doris DOrrie, prima che regista, si sente scrittrice. Capace di affrontare — girovaga com'è, in qualche stanza d'albergo — almeno un po' di quella fatica, e di quella solitudine, che lo scrivere chiede. Anche se. a trentatré anni, tra Europa e Stati Uniti di film ne ha girati cinque — compreso l'ultimo, -Io e lui- tratto dal romanzo di Moravia — e di libri, per ora, ne ha pubblicato uno solo. •Amore, dolore e tutto il resto» (123 pagine. 19.000 lire) esce adesso con Mondadori nella traduzione italiana, e lei ce ne parla a Milano, dove è venuta per la rassegna dei «Visitors». Nell'ambito di certa fresca, giovane narrativa tedesca, il libro è stato accolto con fervore dal pubblico. Ma la DOrrie non manca di arguta consapevolezza. Non sarà stato per caso — e soprat- tutto — merito dei suoi precedenti successi registici? si chiede. 'Amore, dolore e tutto il resto- si compone di quattro lunghi racconti. Ognuno corrisponde a un film: come -Uomini- quello che, circa un anno fa, la rese celebre anche in Italia. Solo il terzo, 'Soldi-, non è ancora arrivato allo schermo. Lo girerà in settembre. Sono storie di follie amorose nascoste per anni, e avventure, morte, frustrazioni. In una Germania noiosa squadrata puntuale e pulita, emblema di una realtà satura dove -la gente, non avendo altro da immaginare se non quello die già possiede, vive costruendosi un altrove dove ci sia "qualcosa del di più", come dice il testo di una canzone-. Qui le donne appaiono fragili e complicate, gli uo¬ mini banali, malandati. -Si — mi dice Doris — il motore della società sono ancora loro. Non potendo agire, le donne reagiscono, impotenti e paradossali, di fronte a ' maschile-. Cosi all'andamento comico dei racconti si mescola il raccapriccio, sul riso incombono vuoto, dolore. E la fatuità del desiderio, l'inconsistenza dei sogni. La scrittura è neutra e minimale, tra le pieghe della vita. Nei «divertimenti morali- della DOrrie niente mai si concede ai lambicchi della prosa. Del resto, dice, «non ho badato troppo allo stile. Mi premeva scrivere, imparando nel contempo qualcosa di me e di quanto mi stava attorno. L'artista non cambia le cose, può soltanto mostrarle in modo diverso a chi le vive, e non le vede-. Oltre che regista e scrittrice la DOrrie e anche sceneggiatrice dei suoi film, secondo i canoni di una completa autonomia estetica. Ma i tempi e modelli di lavoro — che sia la solitudine della pagina o il caos del set in compagnia di un manto cameraman — sono differenti. -Opposti, ansi — seguita —. Girando hai al massimo cento minuti, il personaggio lo vedi e lo costruisci dal di fuori, partendo da un'immagine. In una sceneggiatura invece devi stare attento, autocensurarti sapendo che cè un budget e che ogni riga ti costa. Scrivendo sei in balia di te stesso e della tua pigrùia, ma anche libera. Di quella libertà che ti permette di scandagliare i chiaroscuri, raccontare la malinconia-. Leopoldina Palletta

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