Chi sono i miei lettori? di Stefano BenniFrancesca Sanvitale

Chi sono i miei lettori? Chi sono i miei lettori? TORINO — Sta per aprirsi il primo Salone italiano del Libro. Dal 19 al 23 maggio Torino sarà affollata da editori e scrittori. Convegni, manifestazioni, cocktails. Fra le tante iniziative c'è ne una che già fa discutere. E' quella che vedrà gli scrittori sparsi per la città, fra botteghe, magazzini, macellerie, pasticcerie: Luca Goldoni all'Upim, Piero Angela alla Standa. Umberto Eco al Caffè Torino, Leonardo Sciascia da Piatti , Roberto D'Agostino da Bertolini Borse, Nantas Salvalaggio da Cartier. Amanda Lear e Lidia Ravera in negozi di moda. I piti hanno simpaticamente aderito, qualcuno ha storto il naso e ha declinato l'invito relegandosi negli spazi più tradizionali: biblioteche, librerie, scuole. Perché? E' il timore di incontrare il pubblico nella sua dimensione quotidiana, alle prese con un cioc¬ colatino e un etto di carne tritata, un paio di scarpe e una camicia da notte, a spaventare lo scrittore? Il non averlo davanti, seduto, avvolto da libri o da un luogo di studio, può dargli un senso di smarrimento, estraneità? Ma allora che idea ha lo scrittore d'oggi del pubblico, del proprio lettore? Scrive pensando a sé o anche un po' a lui? In una società di massa non è semplice capire chi siano i propri, potenziali, ascoltatori. Non esiste più corte o società alla quale inviare un messaggio culturale, certi di averne immediata risposta. Ma la società di massa è fatta di grandi numeri, 1 best-seller ci sono. E dunque lo scrittore guarda al di là dei margini della proprio, pagina, cerca il •fratello», il compagno a cui far leggere ciò che ha inventato. -Ogni scrittore si prefigura un destinatario. Anche quello più egocentrico — dice Edoardo Sanguineti —. Il suo lettore sarà magari fatto a sua immagine. I "diari intimi", non sono forse scritti per altri se stessi? Certo, in una società ci? massa il pubblico he una figura informe. Ma bisogna pensare in positivo al grande fenomeno dell'alfabetizzazii e. Una volta il letterate t riconoscibile prima 'o, prima dei suoi stes ■ lotti letterari, come t/ta che sapeva leggere e scrìvere. Oggi, grazie all'alfabetizzazione, all'industria editoriale, il libro è potenzialmente rivolto a chi sa praticarlo. E' un fatto che non può non agire sullo scrittore. Il mito di un consenso quantitativo può naturalmente portare chi scrive a sedurre il pubblico invece che a colloquiare con lui. Si è comunque rotto un circolo chiuso. C'è un doppio movimento, con una forte tentazione di degrado e una forte responsabilità-. Stefano Benni vive in armonia con i suoi lettori. Dice di avere -un rapporto abbastanza chiaro ed in¬ tenso. Mi leggono con attenzione. Mi seguono su II Manifesto. Perché c'è una affinità politica e di gusto. Ed è l'unico motivo per cui scrivo. E' un pubblico legato alla storia della sinistra, a disagio come me in questi anni. E' un pubblico più da Librerie Feltrinelli che da Salone del Libro. Il pubblico confronta ciò die si scrive. E chiede allo scrittore di credere in ciò che scrive. Perché vuol credere alla figura dello scrittore, vuole a modo suo amarlo-. C'è chi a un pubblico preciso sostituisce se stesso. •Raccoulc- storie per sedurre la metà di me che ascolla — confessa Gesualdo Bufali io —. Mi tendo delle trappole, nel!? quali ho il desiderio di cadere. E' un dialogo-monologo. Credo di avere un rapporto reale con il pubblico anche se non ne conosco il volto. Ricevo tante lettere dai lettori. Sarebbe interessante raccogliere in volume un po' di lettere spedite agli scrittori. Oggi la società letteraria vive per tronconi, fa capo a città, a editori. Da qui mi arriva un odore di decomposizione. Non ci sono più i caffè, le riviste, i punti d'incontro. Non esiste più quel lettore che era complice, fratello in senso baudelairiano. Il mio rapporto è di amore e ostilità. Non sono mai sicuro che quanto dico arrivi al destinatario. Ho paura di essere frainteso, amato per ragioni estranee. Voglio tornare, e lo farò, ad essere uno scrittore privato-. Meno drastica, ma anche lei perplessa, è Francesca Sanvitale. Parla dei cento lettori di Stendhal. Dice che costituiscono la forza, il nucleo sufficiente, 'basterebbe sapere che esistono, avere la loro fiducia. Ma oggi l'artista ha in realtà un rapporto nevrotico con i lettori. Quei cento non gli bastano più. L'avvento dei mass-media gli ha fatto sperare di allargarli a centomila. E' una insana speranza di questa nostra società. Oggi il silenzio intorno a lui sa di esclusione e l'esclusione sa di inutilità. Ieri l'esclusione non lignificava inutilità. Spero di scrivere per molte person s. Ma non potrei piegare le mia espressività per allargare il mio pubblico-. Guai a pensare al pubblico con un'ottica sociologica. -Credo che non mi verrebbe nulla da scrivere se mi mettessi di fronte un lettore- — dice Vincenzo Cerami —. -Io, ingenuamente, :.mmagino che i miei libri venanno letti fra alcuni secoli. Come potrei allora avere davanti un lettore dengi? Senza dubbio, usando una certa lingua finisco ~on il mettermi in confetto col mondo di oggi. Ho di fronte qualcuno. Un qualcuno astratto die possiede il mio codice, ha le mie esperienze intellettuali, le mie coordinate-. Marta Morazzoni confes¬ sa di non avere la minima idea di chi sia il suo pubblico: -Non me ne sono mai preoccupata. Non mi interessa. Mi interessa invece il parere delle singole persone che hanno letto il mio libro. Ma le opinioni sono cosi diverse da non avere dato un volto die potrei definire "pubblico"-. Al contrario Francesca Duranti si pone il problema di un interlocutore. • Chi è il mio pubblico? Devo tenere conto dei lettori?-, si chiede. E ammette che le risposte variano continuamente. Spiega: -A volte ho l'impressione che i lettori non capiranno fino in fondo ciò che voglio dire, e varrebbe la pena di essere Illustra/ioni di Stoppa più chiari, più semplici. Ma i travisamenti, da parte della critica e del pubblico, arrivano egualmente. E allora tanto l'ale scrivere come si crede. Senza mediazioni-. • Il lettore italiano non ha una fisiono7ma precisa— dice Alberto Bevilacqua —. Lo scrittore dichiara di conoscere il suo pubblico giapponese, sudamericano, tedesco -per il grado di tensione psicologica con cui leggono i miei libri-. • Li esiste una società più compatta: credo di sapere in quali case entro. In Italia no. Sono andato m giro, credevo di avere una idea del mio pubblico, poi salivo su un treno e trovavo un lettore diverso, inaspettato. Basta che un anno la scuola decida che sei du leggere e tutti gli schemi saltano • Di solito il pubblico si identifica con i personaggi dei libri che legge-, afferma Luigi Malerba —. E aggiunge: -Nel caso dei miei romanzi e racconti l'identificazione può risultare disagevole perché spesso si tratta di personaggi poco raccomandabili. Credo perciò die nella maggioranza dei casi il mio lettore preferisca identificarsi con l'autore. Da questo deriva un fatto piuttosto imbarazzante: che i miei lettori in qualche modo mi assomigliano. E' la ragione che mi induce a evitare il rapporto diretto. Ci conosciamo già-. «Basta con il lamento sul pubblico- — sbotta Nantas Salvalaggio — -non bisogna essere schizzinosi, ma baciare dove il lettore passa-. Lo scrittore ricorda le tirature «da fame» degli Anni 50. Dice: •Siamo usciti da una Italia analfabeta, finalmente, con un ritardo di un secolo e più. rispetto ad altri Paesi, abbiamo anche noi un pubblico di lettori. Certo uno scrittore, anche da marciapiede, scrive per il divertimento di raccontare una storia. E', prima che intervenga l'idea di lettore e di pubblico, un rapporto sado-maso con se stessi, un gesto per chiarirsi-. -Tu ipocrita lettore, mio simile, mio fratello- — sospira Sebastiano Vassalli citando Baudelaire —. «Se esiste un lettore ha la tua faccia. Quello vero è difficile da definire. Io vado in giro, faccio incontri interessanti, ma credo che il lettore globale, quello che si interessa a ciò che scrii-i sia l'ultimo ad avere il desiderio di conoscerti, vederti». Forse il desiderio dello scrittore non è tanto quello di vedere in laccia il suo pubblico, ma di cogliere quel pubblico nell'atto della lettura. Potrebbe essere un'idea per il prossimo salone Invitare lo scrittore X in casa del signor Bianchi. Ferrerò. Rossi mentre sia leggendo il suo ultimo libro. Se una sera di maggio un lettore... Ni co Orengo Durante il Salone del Libro, che si aprirà giovedì 19 a Torino, gli scrittori incontreranno il pubblico nei negozi e nei grandi magazzini. Ma quale idea ha il romanziere di chi lo legge? Quando scrive pensa a sé o anche un po' a chi percorrerà le pagine del suo libro? Rispondono Stefano Benni, Alberto Bevilacqua, Gesualdo Bufalino, Vincenzo Cerami, Francesca Duranti, Luigi Malerba, Marta Morazzoni, Edoardo Sanguineti, Nantas Salvalaggio, Francesca Sanvitale, Sebastiano Vassalli

Luoghi citati: Italia, Torino