Santo e borghese

Santo e borghese PIER GIORGIO FRASSATI BEATO A SETTEMBRE Santo e borghese Fin da piccolo li aveva stupiti. Un giorno, davanti a una povera dònna che aveva bussato alla porta di casa con un bimbo scalzo in braccio, Pier Giorgio Frassati capì di avere il tempo di togliersi subito le scarpe, poi le calze, di passarle alla donna e chiudere precipitosamente l'uscio. Prima che qualcuno dei familiari lo scoprisse scalzo e si mettesse a protestare, la donna e il bimbo avevano avuto il tempo di allontanarsi. Un episodio come tanti. A raccontarlo è la sorella di Frassati, Luciana, nel libro / giorni della sua vita (ed. Studium): «La bicicletta era la sua delizia, eppure il giorno in cui gliela rubarono, non mostrò alcun risentimento: si limitò, ricordava Cresccntina Rampone, amico del babbo, a guardare la catena strappata dalla ringhiera della scala di casa Bellingeri, mormorando: "Fórse era uno che ne aveva più bisogno di me"». Pier Giorgio Frassati sarà beatificato. La documentazione in Vaticano è pronta, testa da decidere se la proclamazione avverrà durante la visita di Giovanni Paolo li ai primi di settembre a Torino, o se sarà fatta a Roma. A 65 anni dalla morte — una poliomielite fulminante lo stroncò a 24 anni —, la figura di questo studente del Politecnico che piace a Wojtyla e al quale sono state intitolate circa millequattrocento associazioni in tutto il mondo, continua ad alimentare riflessioni e studi. Due biografie sono state pubblicate in questi giorni, Pier Giorgio Frassati, una vita di preghiera di Carla Casalegno (ed. Picmmc); Verso l'assoluto di Primo Soldi (ristampa di Gribaudi). E una terza è in arrivo per l'estate, Un santo borghese, di Marcello Staglieno (Bompiani): il tentativo di leggere Frassati in chiave storica, la Torino degli Anni 20, la società e i valori, un ragazzo che scopre l'Assoluto fra le buone maniere di una borghesia severa e consapevole delle proprie possibilità, e pur sapendo che il suo ambiente considera la santità un anacronismo, non lascia spegnere la fiamma, anzi la lavora con ferri e martello, facendola ardere più forte, fino alla fine. Il padre Alfredo è avvocato, proprietario e direttore de La Stampa, liberale di primo piano, nel 1913 senatore del regno con il governo Giolitti e nel 1921-22 ambasciatore d'Italia a Berlino. La madre Adelaide Ametis, donna energica, si diletta di pittura con ottimi risultati. Sullo sfondo la Torino del primo Novecento. Anni di trasformazione, gli ideali del Risorgimento ormai frantumati, l'affermarsi della grande industria che accende nuovi fermenti e getta sul campo della cultura nuovi protagonisti. Torino è una sintesi fra «praticità e finezza, empirismo e speculazione scientifica», dice Filippo Burzio. Il sapere dell'università è fortemente impregnato di positivismo, il socialismo è ormai un ideale condiviso da una parte non trascurabile dell'intellighenzia, il cattolicesimo fatica a tenere il passo con i tempi nuovi. Ancora pochi anni, e Gramsci e Gobetti daranno linfa nuova alle idee, segnando profondamente politica e cultura * * Il liberalismo più avanzato è essenzialmente pragmatico e concreto. E Alfredo Frassati, che oltre a essere un uomo tenace è anche un manager del giornalismo (con lui La Stampa decolla e si afferma come quotidiano diffuso e moderno), dà ai figli un'educazione severa. Trasmette loro i valori in cui crede: un senso saldo e forte della vita, il rispetto del lavoro, la severità del dovere. Pier Giorgio li assimila,, ma .procede oltre. Le virtù umane non gli bastano: quando si arrampica sulle montagne, lui che è ormai diventato un abile scalatore, non si accontenta delle vette ma punta gli occhi in sù, per guardare più in alto. E' forte e sano, «di una bellezza rara» dice Luciana, tanto che la gente per strada si volta a guardarlo. Ha un temperamento vivace e sa essere spiritoso, ma quando il padre lo sorprende una sera inginoccliiato vicino al letto con la corona del rosario in mano, lui si limita a lanciargli un'occhiata e continua a pregare. Il senatore resta disorientato. Sarà il parroco della Crocetta, Alessandro Roccati, a essere investito, il giorno dopo, da una domanda non proprio amichevole: «Ma che cosa avete fatto a mio figlio?». Il giovane Frassati fa carità di nascosto. La sua condotta appare incomprensibile ai più, sfugge alle opinioni comuni, rompe con una mentalità e un costume, sguscia dalle maglie della rete di convenienze e opportunità che pure la famiglia non gli lascia mancare. «Aveva diciassette anni, e tutti in casa avrebbero voluto die fosse diverso, che amasse quel minimo di vita pubblica dx cominciava a "spettargli". Lui no, era tutto preso dada crescita dello spirito. La sua sensibilità si era ancora affinata. Un giorno che i suoi compagni varcavano rumorosamente Li porta del Sociale (l'istituto dei gesuiti, ndr.), egli fu il solo ad accorgersi che qualche cosa turbava il volto del bidello Antonio Fassone. «Oie succede Fassone?, diiese. Gli era morto l'unico figlio, di quattordici anni, e Pier Giorgio abbassò lo sguardo e gli rimase un poco vicino a confortarlo. Vanno seguente, lo stesso giorno, tra i ragazzi dx si sperdevano di nuovo ne/l'atrio, tornò a fermarsi accanto al bidello: oggi è l'anniversario della morte di suo figlio, mormorò Pier Giorgio, lo ricorderò nella comunione, passone piangeva quando ricordava queste parole. Egli l'aveva conosciuto più dei familiari, dx ignoravano dx avesse cechi attenti ai dolori e alle miserie della vita». I coetanei frequentano la buona società, e invece il figlio del senatore Frassati si iscrive in segreto alla Conferenza di San Vincenzo. Il padre lo vorrebbe a lavorare alla Stampa, e invece Pier Giorgio sceglie la laurea in ingegneria mineraria per lavorare a gomito a gomito con i minatori. I rampolli delle famiglie-bene spendono in vestiti e tempo libero, e invece lui, le poche lire che racimola da studente, le investe in medicine e buoni per il pane, scarpe e carbone per i bisognosi. E' un ragazzo che ha del fegato. Si iscrive al Partito Popolare, e nelle fèste del «Primo maggio» di quegli anni dominati dalle bandiere rosse, esce di casa con il distintivo dei cattolici ben puntato sulla giacca. Entra nelle fabbriche, cammina fra gli avversari, e una sera, al rione Martinetto, alcune donne alzano grida ostili contro il suo gruppo. «Pur Giorgio si avviano a una delle più scalmanate e pacatamente le chiese il motivo del suo furore. Ebbe per risposta una delle solite storie di miseria e umiliazione. Egli non disse nulla; cavò di tasca un pezzo di carta fitto di indirizzi e vi segnò anche quello della donna...». L'avrebbe aiutata, come faceva con tutti. ★ ★ Sapeva anche essere energico. Il 22 giugno 1924 l'abitazione dell'avvocato Frassati viene assalita da un gruppo di camicie nere. Pier Giorgio è seduto a tavola con la madre e si precipita in corridoio: echi di lotta e grida, un vaso si rompe, la cornice dello specchio va a pezzi, i fascisti fuggono inseguiti fin sulla strada. Gli resta solo un anno da vivere. La sera del 29 giugno 1925 una febbre forte lo assale: lo scalatore robusto non si regge in piedi, dolori acuti gli spezzano la schiena. Poliomielite fulminante. Quando il medico si accorge della vera natura del male, è troppo tardi. Quattro giorni di sofferenza: «Pier Giorgio era già paralizzato oltre il bacino e nessuno in casa lo sapeva», racconta Luciana Frassati. «Bastarono poche ore perché non ritrovassi più il Pier Giorgio di sempre, la presenza stessa di tutta la mia vita». Alla notizia della morte, casa Frassati si riempie come per incanto di gente. Da dove arriva?'Conosceva Pier Giorgio? E perché è venuta?'Volti nuovi, facce sconosciute, vestiti lisi e tute blu, compagni di università e anziani, muratori e vigili urbani, madri con i figli, artigiani, soldati, giovani, bar boni e impiegati, accattoni t preti, una fiumana di visitatori mai vista, i volti rigati di lacri me, una lunga fila di persone che si allunga sempre di più. I genitori sono schiacciati dal dolore, i loro sguardi si incrociano: era così grande nostro figlio? Mauro Anselmo Pier Giorgio Frassati col padre appena eletto senatore (1913)

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