L'Europa terzo partner di Aldo Rizzo

L'Europa terzo partner L'Europa terzo partner DAL NOSTRO INVIATO MOSCA — Sarà il «vertice di Tantalo», come suggeriva P Economisti Reagan e Gorbaciov, come il personaggio mitologico, vedono frutti meravigliosi, che però si allontanano appena le loro mani si protendono a coglierli. Oppure quei frutti, cioè gli accordi politici e strategici, sono davvero vicini, e manca solo uno scatto finale, come affermano gli analisti e i portavoce dell'Urss? Essi intendono, però, che spetti agli americani compiere lo sforzo decisivo. In ogni caso, Gorbaciov lascerà che questo nuovo vertice, il primo a Mosca dopo 14 anni, si consumi nella routine? Non bisogna aspettarsi un colpo di teatro, un'idea spettacolare, qualcosa che lasci un segno comunque? E se l'accordo sulle grandi armi strategiche, ormai è certo, per questa volta non si farà, dove potrebbe manifestarsi un progresso, una spinta? Nella riduzione delle armi convenzionali in Europa? O nelle crisi regionali, che già vedono le superpotenze meno distanti di un tempo? Certamente non sui diritti umani, sui quali è già polemica tra le due parti. Mosca vive la vigilia senza tensioni apparenti. Ma si avverte l'intreccio tra questo nuovo incontro dei due supergrandi e il cruciale momento interno di Gorbaciov, che non può rassegnarsi a un insuccesso internazionale mentre raccoglie le forze per il varo definitivo della perestrojka. Per chi come me la rivede dopo vari anni. Mosca ripresenta vecchie immagini: i soldati-bambini infagottati nella divisa dell'Armata Rossa, le grosse donne che scopano le strade, i camion sgangherati e cigolanti sotto carichi assurdi, come terriccio o sassi. Quell'aria di paese rimasta attaccata a una megalopoli di otto milioni di abitanti. Ma non ritrovo quel senso di uniformità, di grigiore, che faceva sembrare la folla moscovita un'umanità rassegnata, come se il suo destino fosse stato scritto una volta per tutte. La folla, ora, appare più differenziata e mobile, nell'abbigliamento o anche solo nello sguardo, e soprattutto fra i giovani non e dissimile, spesso, da quella di Francoforte o Milano. Non c'è tuttavia un vero entusiasmo, molti anzi dubitano del successo di Gorbaciov, e comunque si lamentano di non avere ancora visto alcun progresso nel loro tenore di vita. Lo dimostrano dei sondaggi effettuati, oltre che a Mosca, a Leningrado. Ma il sondaggio di Mosca è stato fatto dall'Accademia sovietica delle Scienze per conto del New York Times e della Cbs. e quello di Leningrado direttamente dall'agenzia inglese Reuters. E tutto questo, di nuovo, è abbastanza straordinario, qualcosa d'impensabile non molto tempo fa. C'è chi dice, fra gli occidentali: Reagan viene a dare una mano a Gorbaciov, la sua polemica sui diritti umani è un fatto di bandiera, un tributo all'ideologia, ma nella sostanza politica cercherà un accordo. Altri pensano il contrario: la polemica sui diritti umani conferma l'inconciliabilità dei due sistemi, che lascia spazio solo ad avvicinamenti tattici, su problemi specifici. C'è del vero in entrambe le tesi, ma resta che un dialogo serio e profondo è ormai in atto tra Reagan e Gorbaciov. Pensate: il quarto vertice in trenta mesi, e un quinto è possibile entro la fine dell'ari no. E dire che si temeva che Reagan fosse il primo presi¬ dente americano, dopo la Seconda guerra mondiale, a non incontrare un leader delPUrss (Johnson aveva incontrato, se non Breznev, Kossighin). La svolta e maturata per un insieme di fatti soggettivi e oggettivi. Reagan ha abbandonato le sue asprezze iniziali, ma dopo aver fatto superare all'America i complessi di colpa e di debolezza seguiti al Watergate e al Vietnam. E dopo che, alla testa dell'Urss, si è affermato un uomo inequivocabilmente nuovo e diverso come Gorbaciov. A parte questo, la logica dei rapporti di forza e dell'evoluzione tecnologica portava le superpotenze a ripensare su basi più costruttive, sebbene ancora dialettiche, il vecchio patto di non aggressione, fondato sulla minaccia del suicidio collettivo. Ora è in atto una transizione complessa verso quello che Strobe Talbott, di Time, uno dei massimi esperti americani di questioni Usa-Urss, ha definito il «Grande Compromesso»: nel quale entrano le ricerche sulle nuove tecniche di difesa strategica e la necessità di abbassare comunque il livello degli arsenali offensivi. Il primo risultato è stato il trattato sugli euromissili, che sarà definitivamente sigillato a Mosca; gli altri, verosimilmente, verranno, se non in questo, in altri vertici. E' comunque alla luce di questa transizione (nella quale il discorso si amplia fino a comprendere le crisi regionali, una volta veri «laboratori», in casa altrui, della rivalità russo-americana) che andranno valutati gli imminenti colloqui al Cremlino. Come europei, siamo interessati più di altri a come evolverà la transizione, nell'Urss e tra l'Urss e gli Stati Uniti. Nelle Tesi per la Conferenza del pcus, Gorbaciov torna a parlare di una «comune casa europea». E' un bellissimo auspicio, ma tutto da verificare. Intanto diciamo che mai potremmo accettare un gioco che. per riuscire, dovesse considerarci ostaggi o pedine. Anche se essere parte attiva o passiva della transizione dipenderà, in ultima analisi, soprattutto da noi. Aldo Rizzo