I vescovi no all'antisemitismo sì al dialogo con ebrei e islamici di Marco Tosatti

I vescovi: no all'antisemitismo sì al dialogo con ebrei e islamici Un documento della Cei sottolinea la «fraternità» fra le tre religioni I vescovi: no all'antisemitismo sì al dialogo con ebrei e islamici «Solo il governo, non il popolo d'Israele è responsabile di certi atteggiamenti politici» CITTA' DEL VATICANO — Allarme dei vescovi italiani: la comunità cattolica stia in guardia contro il pericolo di reazioni emotive di antisemitismo. Un documento del Segretariato per l'Ecumenismo, reso noto ieri, chiarisce la posizione della Cei, e nello stesso tempo lancia la proposta di un dialogo a tre — cattolici, ebrei e musulmani — in Italia, alla stregua di quello che accade in altre nazioni europee caratterizzate dalla presenza storica della religione israelitica, e dal fenomeno nuovo dell'immigrazione islamica. -Non si tratta di essere equidistanti fra ebrei e palestinesi — ha detto Mons. Alberto Abiondi, autore del documento — si tratta di partire da una situazione per andare avanti. Questo dialogo triangolare deve diventare una consuetudine anche nel nostro Paese*. La polemica è divampata nei giorni scorsi, quando il rabbino Capo Toaf f ha accusata alcuni organi di informazione cattolici di alimentare sentimenti antisemiti in Italia. Scrive il documento della Cei: «Si richiamano le nostre comunità a una doverosa e responsabile attenzione nel leggere e affrontare la pesante situazione palestinese-israeliana, evitando semplificazioni e interpretazioni parziali o devianti, e purificandola da pericolosi equivoci*. La repressione israeliana nei territori occupati, con il suo fardello di morti e feriti, ha dato il via a manifestazioni di antisemitismo nascosto (lettere, minacce) o aperto. Il Segretariato della Conferenza episcopale ricor| dà che degli 'atteggiamenti politici* sono responsabili alcuni partiti, o il governo dello Stato di Israele, «non il popolo ebraico nel suo insieme e nemmeno la totalità de¬ gli israeliani*. I cattolici italiani sono chiamati a meditare: sul vincolo di •spirituale fraternità che unisce la Chiesa e il popolo ebraico*, e sulle parole pronunciate da Giovanni Paolo II nella sua visita alla Sinagoga di Roma, il 13 aprile 1986. 'Consideriamo ogni ebreo nostro fratello maggiore nella fede di Abramo*, aiferma, la dichiarazione della Cei. Ma non sono solo gli ebrei a guardare alla Terra dei padri con amore particolare. Gerusalemme, la Terra Santa sono oggetto di •venerazione* anche da parte di cristiani e musulmani, e benché le ragioni del rapporto religioso con la Palestina siano diverse, «ciò non può giustificare conflitti e violenze fra popolazioni che in quella terra sono chiamate a vivere nella pace con eguale dignità*. Musulmani, Ebrei e cristiani sono legati dalla fede •nell'unico Dio di Abramo*; queste radici «costituiscono per noi tutti una specifica responsabilità e un motivo particolare per promuovere un dialogo fra ebrei, cristiani e musulmani e per essere insieme costruttori di pace*. •Siamo disponibili per aiutare al massimo il lavoro di guarigione dagli antichi pregiudizi*, ci ha dichiarato Tullia Zevi, presidente dell'Unione delle Comunità israelitiche, dando una valutazione sostanzialmente positiva del documento. «Venti secoli non si cancellano in vent'anni. E' importante che ì prìncipi del documento penetrino nella cultura cattolica, anche se sarebbe stato opportuno die l'allarme, la preoccupazione per il riemergere di pulsioni antiebraiche nel subconscio collettivo cattolico fosse oggetto di un ammonimento più esplicito*. Marco Tosatti

Persone citate: Alberto Abiondi, Giovanni Paolo Ii, Toaf, Tullia Zevi

Luoghi citati: Citta' Del Vaticano, Gerusalemme, Israele, Italia, Palestina, Roma