Palermo, professo ai «big»

Palermo, processo ai «big» Per gli appalti a giudizio Ciancimino, Martellucci e Cassina Palermo, processo ai «big» Il Comune, fra il 70 e l'84, erogò 400 miliardi per la manutenzione delle strade e 67 miliardi per l'illuminazione pubblica - Sull'istruttoria hanno pesato le dichiarazioni di Elda Pucci DAL NOSTRO CORRISPONDENTE PALERMO — Due ex sindaci davanti al tribunale per gli appalti facili e con loro altri protagonisti della Palermo bene. Dopo quattro anni l'istruttoria sui grandi appalti di Palermo arriva al capolinea con nove rinvìi a giudizio e cinque proscioglimenti. Le accuse vanno dal peculato alla truffa, all'interesse privato, alla frode in pubblica fornitura, il processo sarà celebrato in autunno, n consigliere istruttore aggiunto Marcantonio Molisi, che ha firmato l'ordinanza di rinvio a giudizio, ha accertato che il Comune erogò 400 miliardi al gruppo Cassina e poi alla società «Lesca-Farsura» fra il 1970 e il 1984 per la manutenzione delle strade cittadine. Nello stesso periodo 67 miliardi andarono alla società «Icem» che gestiva invece l'appalto dell'illuminazione pubblica. Sono stati rinviati a giudizio gli ex sindaci Vito Ciancimino, ex democristiano, e l'avvocato Nello Martellucci, un de della corrente andreot liana; l'imprenditore edile e cavaliere del lavoro Arturo Cassina e il genero Pasquale Nisticò; l'ex vicesindaco e assessore all'Urbanistica nonché ex segretario regionale del psdi, Giacomo Murana; gli assessori comunali della corrente «cianciminiana» Salvatore Midolo e Salvatore Bronte; Manlio Tocco, capo ripartizione del Comune; Francesco Massa presidente della Icem, il cut direttore generale e amministratore delegato, Roberto Parisi, fu assassinato in un agguato della mafia nel 1985. Parisi, che era anche presidente del Palermo, nel 1983 aveva ceduto il 50 per cento delle azioni della società alla vedova e ai figli del defunto deputato democristiano Giovanni Matta, negli Anni Sessanta assessore comunale all'Urbanistica. «Fu un atto di fraterna amicizia*, ha precisato durante l'inchiesta Pierluigi Matta, figlio del defunto parlamentare, che era fratello dell'avvocato Salvatore Matta, ora incriminato per il caso del Palermo. Sono stati prosciolti gli ex sindaci, pure democristiani, Giacomo Karchello, colonnello dell'Aeronautica militare in pensione-, fanfaniano, e Carmelo Scoma, firn zionario dell'Ente li oviluppo agrioo'.o di -Nuove forze», molto legato alla Cisl; il vicesegretario generale e capo dell'ufficio legale del Comune, avvocato Nicola Maggio; gli ingegneri comunali Giuseppe Man nino e Gaspare Russo. Arturo Cassina, 78 anni, originario di Cernobbio, a Palermo dal 1938, da molti chiamato conte, titolo appartenuto Invece al fratello maggiore Eiiricn. morto parecchi anni fa in un incidente stradale In Argentina, sarà processato per truffa continuata e aggravata, interesso privato e frode in pubbliche forniture, reato, quest'ultimo, addebitato al genero, N ittico, i ^presentante legale della La^ca-Farsura. Gli ex sindaci Ciancimino e Martellucci. invece, saranno giudicati per peculato e interesse privato. Vito Ciancimipo da oltre due anni è al confino a Roteilo, un paesino in provincia di Campobasso. E' lui, partito quasi senza una lira dalla natia Corleone e in una ventina di stati diventalo miliardario, al '-entro del processo che abbraccia ti-e. dici anni di vita recente di Palermo tra il 1970 e il 1983. Dal '70 al '71 Ciancimino fu sindaco, seguito nell'ordine da Marchello, Scoma e Martellucci che cedette a Elda Pucci nel 1983 la poltrona di primo cittadino. In seguito fu eletto Giuseppe Insalaco, assassinato dalla mafia il 12 gennaio. Tutti democristiani, tutti direttamente o indirettamente finiti nel «meccanismo tritatutto» degli appalti comunali. Elda Pucci e Insalaco si opposero al rinnovo degli appalti della manutenzione stradale e dell'illuminazione pubblica, insistendo perché fossero bandite pubbliche aste. Proprio ieri la Pucci, ormai In polemica con la de palermitana, è stata interrogata per un'ora dal sostituto procuratore della Repubblica, Alberto Di Pisa, che l'ha convocata a Palazzo di Giustizia per ascoltarla sul delitto Insalaco. •Non ho nulla da dire, ho già parlato tanto*, ha risposto la Pucci ai giornalisti che le chiedevano dichiarazioni sull'interrogatorio e sulla sentenza del consigliere Molisi. Le affermazioni di Elda Pucci e Giuseppe Insalaco sugli appalti hanno pesato parecchio sugli sviluppi dell'istruttoria giunta ora al termine; lo stesso era accaduto già lo scorso dicembre quando il sostituto procuratore Paolo Giudici aveva condensato il suo lungo atto d'accusa in una requisitoria di 700 pagine. Alla Commissione parlamentare antimafia, Insalrxo e la Pucci, sul finire del 1983, dissero che Ciancimino era a capo del signori degli appalti a Palermo. Insalaco specificò che Ciancimino un giorno gli accennò a un «partito trasversale* al quale avrebbero aderito politici di vari partiti e gli suggerì di «concordare le decisioni del Comune*. Elda Pucci raccontò che quando era sindaco rifiutò un incontro con Ciancimino e che questi le inviò come emissario il socialdemocratico Murana, latore di un messaggio eloquente nella sua sinteticità: -Se non ce l'hai con lui, Ciancimino ti garantisce la maggioranza*. La Pucci non ci stette e cadde, sostituita da Insalaco che ebbe pure vita tormentata e fu costretto alla resa l'anno dopo. A «manovre, pressioni, favoritismi* che per anni avevano condizionato le scelte in municipio si richiamarono anche i consiglieri comunali del pei in un esposto-denuncia consegnato alla Precura della Repubblica il 27 aprile del 1984. I comunisti, fra l'altro, sostenevano che la gestione economica degli appalti stradale ed elettrico del Comune era costata ogni anno molto di più per via delle continue revisioni dei prezzi alle quali le ditte appaltatile! si appellavano con crescente frequenza. Gli appalti per le strade e Illuminazione, dopo le regolari gare bandite dalla giunta presieduta da Leoluca Orlando, adesso sono gestiti rispettivamente dall'impresa romana «Cozzani & Silvestri» e dalla «Ieci» costituita da alcune società consorziate. In seguito alla richiesta di rinvio a giudizio, formulata dal pm Giudici in dicembre. Arturo Cassina pochi giorni dopo si dimise da luogotenente per la Sicilia dell'Ordine di Malta. Cassina, secondo alcune voci, avrebbe invitato ad entrare nell'ordine la gente «che conta» per sfruttarne poi l'amicizia. Ma questa accusa è stata sempre respinta dal «conte». Antonio Ravidà

Luoghi citati: Argentina, Campobasso, Cernobbio, Corleone, Palermo, Sicilia