«Com'è difficile essere liberi»

«Com'è difficile essere liberi» Intervista col direttore delle «Izvestia» sul nuovo corso di Gorbaciov «Com'è difficile essere liberi» Ivan Laptev: «Ora il problema è l'autocensura» ■ «La notizia di uno sciopero in provincia non mi ha fatto dormire, poi l'ho pubblicata» - «A volte protestano i piccoli burocrati locali» ROMA — Quando il direttore delle Izvestia Ivan Laptev si è affacciato ieri alla platea del Congresso degli editori, alcuni lo hanno scambiato per il fratello di Gorbaciov. Ma non è solo la somiglianza fisica che lo accomuna al leader sovietico: Laptev si identifica corpo e anima con la glasnost. «Non è facile rivelare a noi stessi e al mondo intero le amare verità della nostra storia — ha detto —. Ma non c'è altra via: dobbiamo rompere con il passato perché il rifiuto della verità, l'ipocrisia, le menzogne hanno minato le fondamenta del socialismo. Non ci possono essere limiti alla glasnost: da qui non si torna indietro». Nato 54 anni fa in un villaggio nella regione di Omsk, Laptev è cresciuto in un orfanotrofio. Nel 1965, dopo aver preso una laurea in filosofia, cominciò la sua carriera nel giornalismo fino a diventare vicedirettore della Pravda e poi direttore delle Izvestia, che hanno raggiunto quest'anno una diffusione quotidiana di poco inferiore a 11 milioni di copie. — Lei dirige un quotidiano che negli ultimi tre anni si è radicalmente trasformato. Qual è stata la difficoltà maggiore che ha avuto nell'adattarsi ad un sistema d'informazione più aperto? «Il volume dell'informazione che possiamo divulgare si è moltiplicato fino a soffocarci. Provi ad immaginare mille rivoli dì notizie che provengono da tutti gli angoli del Paese. Questi rivoli vanno a formare un fiume immenso che ci travolge ogni giorno in redazione. Non siamo ancora abituati a un confronto quotidiano di queste dimensioni e dobbia; mo imparare ad elaborare l'Informazione con maggior velocità». — Quanto pesa la censura ufficiale sulle sue decisioni? «Posso esprimere qualsiasi , punto di vista cosi come posso criticarlo. L'unico limite imposto dall'alto riguarda segreti di Stato di carattere militare. Per esempio, mi può capitare di ricevere una telefonata dal censore che mi dice: lei sta per pubblicare dati relativi ad una certa fabbrica che produce materiale per la difesa del Paese. La informo che non si possono pubblicare quei dati». — Quando non interviene il censore, quale criterio usa per decidere quello che si può e quello che non si può pubblicare? «n criterio dipende dal carattere del direttore, dal suo coraggio, dal suo convincimento. Ogni giorno mi devo misurare con scelte difficili. Mi capita spesso di avere dubbi angoscianti». — Mi faccia un esempio. «Recentemente il nostro corrispondente da Yaroslav ci ha mandato un servizio su uno sciopero proclamato dai lavoratori di un importante stabilimento. L'articolo era pieno di notizie ed era scritto molto bene. Ma l'ho tenuto in giacenza per due giorni e non dormivo la notte dalla preoccupazione. Alla fine l'ho pubblicato, ma per farlo ho dovuto superare me stesso». — In quel due giorni si è consultato con le autorità del partito? «Macché! Era un mio problema personale. Alcuni corrispondenti occidentali a Mosca pensano che noi direttori non facciamo altro che consultarci con i vertici del partito. Le poche volte che l'ho fatto, mi hanno risposto: sei tu il direttore, non ci scaricare addosso le tue responsabilità». — Le è capitato di non avere il coraggio di pubblicare una notizia? «In tre anni mi sarà successo una decina di volte. Oggi non esiterei a pubblicarle e quasi mi vergogno della mia auto-censura». — Può fare un esempio? «La medaglia all'Eroe del- l'Urss è la più alta onorificenza che un cittadino può ottenere nel nostro Paese. Ora, alcuni dirigenti del partito sono stati insigniti addirittura con due medaglie all'Eroe. A me è sembrato eccessivo e l'anno scorso feci scrivere un articolo nel quale si criticava questa prassi. Ma non l'ho pubblicato: mi è mancata la forza di superare gli stereotipi che mi porto a.icora dentro. E sono rimasto fregato, perché un articolo simile è poi apparso in un altro giornale». — Ci sono giornalisti del suo quotidiano che ostacolano una maggiore trasparenza dell'informazione? «Una delle difficoltà principali della glasnost è proprio la mancanza di un consenso tra di noi. Qualche tempo fa un giornale pubblicò una lettera di una certa Nina Andreeva, di Leningrado. In sostanza diceva che dovevamo smettere di riesaminare la nostra storia, di seminare dubbi su Stalin, di dare scossoni cosi violenti alle basi del socialismo. Alle Izvestia la lettera della Andreeva fece emergere forti contrasti. Alcuni sostennero che lei aveva ragione e chequeste cose andavano dette da tempo. Per fortuna si trattava di una minoranza». — Quanto è diffusa questa resistenza alla glasnost? • E' soprattutto molto diffusa in provincia. I dirigenti di partito sono i veri direttori dei giornali e delle riviste locali. Per molti di loro la glasnost è come una pugnalata al cuore. Si chiedono: Ma com'è possibile criticare i nostri leader? Com'è possibile mostrare tutte le nostre debolezze al mondo intero, noi che siamo i migliori, i pionieri? In verità sono solo dei piccoli burocrati locali che boicottano le nuove riforme per proteggere i loro interessi». — E in che modo fanno pressione sui direttori dei giornali? «Esercitano il loro "diritto telefonico". Chiamano il direttore ed esigono che si rinunci alla pubblicazione di questo o quell'articolo». — E se il direttore lo pubblica ugualmente? •Allora gli fanno qualche dispetto, qualche piccola porcheria. A volte riescono anche a licenziarlo. Purtroppo la nostra realtà è ancora questa». Andrea di Kob il ani

Persone citate: Andreeva, Gorbaciov, Ivan Laptev, Laptev, Nina Andreeva, Stalin

Luoghi citati: Leningrado, Mosca, Roma, Urss