Tempo pieno: no dei professori

Tempo pieno: no dei professori Tempo pieno: no dei professori Rivolta contro «i rimaneggiamenti di ore»: «Rischiano di trasformarsi in cambiali in bianco» - «La burocrazia ministeriale e quella sindacale si sono tacitamente messe d'accordo» «O ci pagano per tutto il lavoro fatto in passato o la proposta nemmeno si discute» ROMA — Qualche adesione, qualche rifiuto perentorio, qualche sospetto, un mare di dubbi. E alla fine un pessimismo abbastanza diffuso. Queste sembrano essere le prime reazioni, talora un po' epidermiche, talora meditate, degli insegnanti italiani alla proposta ministeriale di istituire due figure di docenti, una a tempo pieno, destinata ad ottenere maggiori gratificazioni economiche, e una a tempo parziale. Non si può dire che la proposta sia nata dalla sera alla mattina. Attorno a un simile progetto ha lavorato, per esempio, il professor Attilio Monasta, pedagogista dell'Università di Firenze, studioso attento delle esperienze straniere. In Gran Bretagna e in Germania con una lunga tradizione alle spalle (e anche, occorre dirlo, con un patrimonio edilizio più ricco del nostro) il docente presta negli istituti scolatici la sua intera attività, spesso ha a disposizione uno studio-aula nel quale riceve gli allievi per la lezione e corregge i compiti. Propositi avveniristici? Può anche darsi; ma, secondo Monasta, quella era la strada da percorrere per risolvere parecchie questioni, anche d'ordine sindacale, del nostro mondo della scuola. La proposta fu fatta propria dalla Cgil: ora Cirino Pomicino e Galloni la ri¬ lanciano e tutti attendono di conoscere in quali esatti termini. «17 fatto è che sa di minestra riscaldata — afferma con durezza una professoressa dell'istituto professionale Lagrange di Torino — Lo scorso anno nella nostra scuola fu sottoposta a referendum e bocciata dal 70 per cento dei docenti. Più chiari di così. E poi questi rimaneggiamenti di ore rischiano di traformarsi in cambiali in bianco. A meno che non si mettano le carte in tavola e non si definiscano bene le regole del gioco. In tal caso occorrerebbe ascoltare con la massima attenzione quello che diciamo da tempo». Ciò che gli insegnanti dicono da tempo è che il loro lavoro presenta una rilevante «quota sommersa» fatta di correzione di compiti, di preparazione delle lezioni, della quale nessuno ha mai voluto tener conto. Il preside del Liceo classico Parini di Milano, Giorgio Porrotto, precisa: -Tenga conto che un professore d'italiano per legge deve assegnare tre compiti in classe ogni quadrimestre e che egli spesso fa lezione in tre classi di circa trenta alunni. Per la correzione di un compito s'impiega circa mezz'ora: calcoli lei il monte-ore complessivo e pensi che il docente non percepisce nemmeno una lira-. Se non sbagliamo, il do¬ cente in questione deve correggere in un anno 540 compiti con un impegno di 270 ore. Un'altra professoressa del Lagrange di Torino ricorda che per preparare il testo di una prova d'esame si lavora un intero pomeriggio e che negli istituti professionali alcuni insegnanti devono far svolgere a classi di circa 25 alunni almeno quattro prove d'esame scritte per le più importanti materie. Poi ci sono i rapporti sulla programmazione, le relazioni finali, le riunioni, sicché, dice la docente -il tempo pieno già lo facciamo. Che senso ha presentarlo come una gran novità?-. •Io ci andrei piano con le polemiche — sostiene a Napoli Vittorio Palumbo, docente all'istituto magistrale Margherita di Savoia —, ci andrei piano perché fanno perdere di vista il nostro obiettivo. Noi lavoriamo molto in modo sommerso, è vero, e giustamente chiediamo che questa attività sia riconosciuta. Ma il mezzo, allora, è portarla alla luce. E, per portarla alla luce, può essere opportuno svolgerla a scuola, dove si possono fare i controlli-. Che la •burocrazia ministeriale e quella sindacale si siano tacitamente messe d'accordo- e abbiano trasformato il pianeta-scuola • in un mondo di poveretti- è per il preside del Parini di Milano un fatto assodato. Ma per cambiare linea di tendenza occorre trovare dei punti fermi ed è qui che sorgono le difficoltà. - Un punto fermo — dice — è che ad impegni diversi corrispondano retribuzioni diverse. I professori d'italiano lavorano più dei professori di ginnastica, perché allora devono essere pagati allo stesso modo?-. Dobbiamo condannare i professori che vanno a scuola a scaldare le cattedre? Bene: condanniamoli: ma. attenzione, sostiene il professor Mario Stefanoni. attenzione perché la proposta ministeriale può nascondere un'insidia. Quale? Stefano¬ ni, docente al Parini di Milano e leader del «Cosi», il neonato Coordinamento sindacale insegnanti, precisa: «Ci propongono un aumento mo desto per un aumento secce di ore di lavoro-. Ma si parla di quasi un milione, osserviamo. •Chiacchiere — risponde Stefanoni —, il punto è questo: o ci pagano per tutto il lavoro fatte in passato o la proposta nemmeno si discute-. «£ perché? La distinzione tra tempo pieno e tempo definito in un certo senso esiste già nelle medie-, rileva Gìovan Battista Siccardi, preside della Scuola media di Vado Ligure, che ha compiuto interessanti sperimentazioni. E aggiunge: -Sarebbe opportuno introdurre nelle scuole una maggior flessibilità e considerare, nell'ambito del tempo pieno, ugualmente importanti le ore d'insegnamento e di non insegnamento-. Attilio Monasta, ideatore della proposta, segue con interesse le polemiche e per ora commenta: «// progetto ministeriale deve essere perfezionato, altrimenti può risultare ambivalente. Chiaro poi che il tempo pieno è l'alido se è affidata alle singole scuole la possibilità di organizzare il lavoro e se si investe nell'edilizia. Altrimenti si fanno le nozze con i fichi secchi-. Clemente Granata li ministro Galloni

Luoghi citati: Germania, Gran Bretagna, Milano, Napoli, Roma, Torino, Vado Ligure