Danimarca al voto: é in gioco la Nato di Fabio Galvano

Danimarca al voto: é in gioco la Nato Il premier Schluter vuole abolire il bando alle navi atomiche, ma i sondaggi non sembrano premiarlo Danimarca al voto: é in gioco la Nato Nel braccio di ferro conservatori-socialdemocratici l'estrema destra potrebbe strappare una grossa affermazione - I problemi nazionali restano sullo sfondo DAL NOSTKO INVIATO COPENAGHEN — Dopo otto mesi, la Danimarca torna oggi alle urne. Ma questa volta in uno spirito diverso: accanto alle stantie alchimie politiche del Paese, che dal 1968 negano ai governi in carica una maggioranza parlamentare, è infatti in gioco il ruolo di Copenaghen nella Nato. Leader di un quadripartito di centrodestra, che per la sua debolezza numerica è vulnerabile ai discontinui umori dell'opposizione socialdemocratica, il primo ministro Poul Schluter ha voluto dare un valore referendario al voto di domani: sconfitto il 14 aprile da un voto del Folketing che impone la notifica alle navi alleate del divieto di navigazione nelle acque territoriali con armi nucleari a bordo, non ha esitato a indire le elezio¬ ni. Con me e con la Nato, è il suo motto, o senza di me e fuori della Nato. E' difficile dire se la mossa gli sia riuscita, se i danesi siano davvero convinti che la svolta del 14 aprile -mette in crisi le fondamenta della sicurezza danese- o considerino «una questione vitale- il loro ruolo nella Nato. I sondaggi d'opinione rivelano che oltre il 60 per cento dell'elettorato è favorevole all'Alleanza, ma gli stessi socialdemocratici di Svend Auken si dichiarano di fede atlantica e soltanto al nucleare dicono di no, allineati con l'80 per cento dei danesi. Il «referendum sulla Nato» non appare quindi decisivo; e gli stessi sondaggi, rivelando che il partito degli «indecisi» è ancora uno dei più forti (500 mila su 3,9 milioni di elettori), stentano a trat¬ teggiare un quadro chiaro. I conservatori di Schluter e i loro tre alleati — liberali, centrodemocraticl e cristiano-popolari — sembrano avviati a mantenere più o meno inalterata, o ad accrescere solo marginalmente, la loro quota di 70 seggi (su 179). Socialdemocratici e socialisti popolari, che oggi ne hanno 81, potrebbero perdere qualche punto. I radicali si rafforzerebbero come arbitri della situazione (hanno 11 seggi). Ma anche la Danimarca ha, con le incognite che ne derivano, il suo «effetto Le Pen»: il leader carismatico e xenofobo dell'estrema destra si chiama Mogens Glistrup e la sua piattaforma di lotta contro il fisco e contro l'immigrazione sembra averlo portato dal 4,8 per cento dei voti (9 seggi) a oltre l'8. Tale frammentazione sembra rifuggire alla logica del referendum voluta da Schluter; e anche l'attenzione del pubblico sembra negare la portata internazionale del momento. C'è voluto un divertente fumetto ideato dai giovani socialdemocratici, In cui uno Svend Auken nei panni di Asterix dà battaglia all'arcinemlco Schlutenlx e ai sordidi disegni di Natom. il crudele impero dominato da un tale Ronalus, ad attirare sull'imminente voto un'attenzione fino ad allora calamitata semmai dalla gravidanza di Brigitte Nielsen, celebrità nazionale ed ex moglie di •Rambo» Stallone. I danesi sembrano anzi un po' sorpresi che per una loro elezione si scomodino giornali e televisioni di mezzo mondo, persino sovietici. Ma la questione è seria. La decisione del Folketing di notificare per iscritto la norma antinucleare, in vigore dal 1957 ma che finora si presumeva solo fosse osservata, pone americani e britannici — rigidamente legati alla regola del «non confermare né negare» presenze nucleari — nell'impossibilità di utilizzare i porti danesi per esercitazioni o impegni difensivi. Non è uno scenario ipotetico: come ha recentemente rivelato l'ex amrr..r- O'lio americano Eugene Carroll, dal 1975 «almeno 60 navi con dotazione atomica» sono state in Danimarca. • Una minaccia all'equilibrio della sicurezza in tutta l'Europa del Nord-, l'ha definita a ministro olandese della Difesa Wlm van Eekelen; e secondo il segretario gene¬ rale della Nato, Lord Carrington, la decisione del Folketing -metterà a repentaglio le strategie dell'Alleanza dalla Germania alla Norvegia-. Ma due altre considerazioni dominano questa vigilia. La prima, espressa dal segretario Usa alla Difesa, Frank Carlucci, è che la mossa di Copenaghen venga psicologicamente -al momento sbagliato, mentre negoziamo con l'Urss l'importante trattato Start-; la seconda sta nel timore che l'esempio danese incoraggi le riserve antinucleari in Norvegia, Germania e Spagna, Paesi in posizione non meno cruciale della Danimarca (che controlla l'ingresso al Baltico, quindi i movimenti della fletta sovietica) nella difesa atlantica. Per Svend Auken, leader dell'opposizione, lo scenario è molto più semplice, «n governo non aveva più nulla da dire, per questo si è aggrappato alla Nato e alle elezioni-; peggio, lo avrebbe fatto con la complicità di alcuni alleati. -In realtà — afferma, difendendo la mozione antinucleare di cui era stato padrino — non si chiede ai comandanti delle navi di rispondere alla nostra notifica-. Vuole disinnescare la mina? Anche per questo, forse, ha ripetutamente cercato di portare la campagna elettorale sul piano economico. Disoccupazione, inflazione, un debito estero che ha raggiunto i 42,5 miliardi di dollari (oltre cinquantamila miliardi di lire) sono il prezzo del benessere danese. E su tali questioni la battaglia fra i partiti è stata aspra. Fabio Galvano