Cerimonie di Stato a Roma (ma la vedova era a Bari) di Cesare Martinetti
Cerimonie di State a Roma (ma la vedova era a Bari) Iniziative civili e religiose nel decennale dell'assassinio di Moro Cerimonie di State a Roma (ma la vedova era a Bari) A Montecitorio era presente anche Cossiga - Il dolore dei parenti dei cinque uomini di scorta ROMA — Corone di fiori e silenziosi minuti di meditazione in via Caetani, dove dieci anni fa venne trovata la Renault rossa con il corpo di Aldo Moro ucciso dalle Brigate rosse dopo cinquantacinque giorni di sequestro; una messa voluta dalla famiglia nella chiesa di Santa Chiara, alla Camilluccia, dove il presidente della de si recava tutte le mattine; una solenne commemorazione alla Camera, nell'aula del gruppi parlamentari, con il presidente della Repubblica Cossiga, quello del Senato Spadolini, della Camera lotti, del Consiglio De Mita. Anche questa volta, come fu dieci anni fa per il solenne rito funebre presieduto da Papa Montini a San Giovanni in Laterano, la famiglia di Aldo Moro non ha partecipato alle cerimonie di Stato. La vedova Eleonora e la figlia Maria Fida (oggi senatrice de) erano a Bitonto ad una concelebrazione solenne nella cattedrale con l'arcivescovo di Bari, Mariano Magrassi. L'altra figlia, Agnese, ha parlato (per la prima volta in pubblico dalla morte del padre) a Bari, ad un convegno dell'accademia "Aldo Moro". A Montecitorio si è visto soltanto Giovanni Moro, 11 figlio minore del presidente de assassinato. Era in prima fila, seduto accanto a Giulio Andreotti. Alla fine è parso soddisfatto degli interventi di Spadolini, lotti e De Mita: «Credo che i vertici del mondo politico italiano ricordando il leader de abbiano saputo interpretare appieno un sentimento comune che è nella gente-. La cerimonia si è svolta a Montecitorio in mattinata. In prima fila Cossiga con accanto il presidente della Corte Costituzionale Saja e l'ex presidente della Repubblica Giovanni Leone. Molto folte le rappresentanze democristiana (Fanfani, Galloni, Mancino, Martinazzoli, Scotti, Gava, Piccoli, Colombo, Russo Jervolino, Mattarella) e comunista (Occhetto, Lama, Napolitano, Bufalini, Angius). Per 1 liberali c'erano Biondi e Battistuzzi, per i repubblicani il segretario La Malfa e il ministro Battaglia, per i socialdemocratici il segretario Cariglia. Rappresentanza solo istituzionale per 1 socialisti con il vicepresidente del Consiglio De Michelis, il ministro Vassalli, i capi dei gruppi parlamentari Fabbri e Capila. Non si sono visti né il segretario del partito Bettino Craxl, né il suo vice Claudio Martelli. In seconda fila vi erano anche le vedove di Oreste Leonardi e Domenico Ricci, i due carabinieri della scorta di Moro uccisi in via Fani. Più in là, un po' impacciati, anche i parenti degli altri tre poliziotti. Rivera, Iozzino e zizzi, assassinati anch'essi nell'agguato brigatista. La signora Leonardi ha affidato al mensile della Polizia Ordine Pubblico un nuovo sfogo contro il "perdonismo" al brigatisti: •Io non mi sento di perdonare, non credo che si possa pretendere ciò. Il punto essenziale è che a noi mai nessuno ci ha chiesto perdono. I preti, le monache, tutti fanno a gara ad andare in carcere a trovare i brigatisti: ma da noi non è mai venuto nessuno-. Nella commemorazione il presidente della Camera Nilde lotti ha definito Moro un politico che «non pensò mai la politica separata dalla storia e dalla società, dai suoi movimenti e dai suoi fermenti-. E ricordando due celebri discorsi del leader assassinato (quello del '77 a Benevento e del '78 ai gruppi parlamentari democristiani) Nilde lotti ha suggerito un'ori¬ ginale interpretazione di quegli interventi: -E' stata una riflessione che apre la ricerca a un tema in gran parte inedito nel pensiero politico: quale possa essere la fisionomia di una democrazia moderna che abbia in sé caratteri ed elementi di socialismo. Una riflessione appena avviata che non ebbe seguito-. Il presidente del Senato Spadolini ha detto invece che a dieci anni dalla tragedia di via Caetani «dobbiamo essere concordi nella difesa e nel rinnovamento delle istituzioni, senza che questo significhi venire meno alla normale dialettica di un regime democratico parlamentare-. Riferendosi all'attualità del dibattito sulle riforme istituzionali, Spadolini ha aggiunto che -potranno attuarsi solo attraverso il consenso delle componenti politiche ideali della vita nazionale. Su questo tema la lezione di Moro resta un punto fermo di equilibrio e di saggezza. Chi lo ha rapito sapeva di non colpire solo il leader di un partito o un uomo di governo, ma il rappresentante di una certa idea dell'Italia, fondata sul dialogo e sulla collaborazione tra la tradizione cattolica e quella laica-. Cesare Martinetti
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