«Stalin profanò l'economia»
«Stalin profanò l'economia» Sulla «Pravda» un altro duro articolo di condanna del dittatore «Stalin profanò l'economia» «Questa materia, dopo la genetica e la filologia, fu l'ultima sua vittima» - «In modo autoritario cancellava la teoria elaborata da Karl Marx» - Il mito del «piano» NOSTRO SERVIZIO MOSCA — Stalin si dichiarava il supremo esperto in diverse materie scientifiche: nella genetica, nella filologia. L'ultima vittima caduta tra le mani dell'usurpatore del pensiero fu la teoria dell'economia del socialismo, battezzata 'economia politica', che dopo il suo intervento diventò materia scolastica» e ridotta a schema astratto staccato dalla realtà. In questi termini la Pravda, quotidiano del Comitato centrale del pcus, ha introdotto ieri un ampio pezzo firmato dalla studiosa di economia Tina Dsokaeva, articolo contenente un appello senza precedenti ad ••abbandonare i concetti economici elaborati da Stalin». «La sorte dell'economia politica in Urss — scrive la 'Pravda' — fin dall'inizio fu influenzata dall'umore generale ette regnava nel Paese dopo la Rivoluzione d'Ottobre. Era una specie di euforia, di convinzione che la storia si iniziava da una pagina bianca ancora tutta da riempire (...) In un'atmosfera di totale nichilismo, in modo autoritario spacciato per lotta per i principi del partito, si cancellava un capitolo do¬ po l'altro della teoria economica elaborata da Marx». Lo scopo principale delle manipolazioni di Stalin era quello di «presentare il socialismo come un sistema economico senza conflitti», una società dove al posto di «intrecciati destini umani» c'erano i «rapporti semplici, trasparenti e facili da guidare*. Ma queste frasi non concordavano con la «feroce realtà delle rappresaglie» e lo scoprirono dopo poco anche gli uomini che «avevano predicato l'idea della 'trasparenza', cioè Bucharin. Voznesenskij e Ordzonikidze*. E ancora. A quel tempo «non si parlava più di regolatori naturali come domanda e offerta i quali fatino muovere l'economia di qualsiasi sistema sociale. La pubblicità o ì crediti si annunciavano 'necessità della società borghese'. Allo stesso tempo si gonfiava il concetto delle 'leggi specifiche del socialismo', l'alfa e l'omega del metodo diventò il Piano». Scrive la Dzakoeva: «Quotidianamente, tutti constatano che il piano è costantemente violato». Queste dichiarazioni, sulle pagine del portavoce del Comitato centrale sembrano sottolineare un'altra direttiva della «riforma economica» di Gorbaciov, il cui scopo è quello di rendere le imprese sovietiche più autonome. Secondo il quotidiano del pcus «l'economia politica ha perso la capacità di reagire alla vita reale e non possiede un meccanismo in grado di studiare le contraddizioni concrete dell'economia d'oggi», perché si basa sulle «leggi non dedotte dalla pratica socialista, ma costruite in maniera speculativa» da Stalin al quale — a 35 anni dalla morte — gli economisti sovietici continuano a servire come «schiavi». «Per lunghi anni alle lezioni dell'economia politica regnava un silenzio di morte», ma con l'arrivo della glasnost nelle aule delle università sovietiche si possono sentire domande come: « Che cosa succede con i prezzi?*, -Perché ci sono le code?*, domande che — come riconosce la studiosa Tina Dzokaeva — «imbarazzano i professori che rifiutano di intervenire di fronte agli studenti, che preferiscono leggere, al posto della lezione sull'economia del socialismo, quella sull'economia del capitalismo», v. s.
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