La rivoluzione di Deng abolisce il calmiere di Renata Pisu

La rivoluzione di Deng abolisce il calmiere Liberalizzati in Cina i prezzi degli alimentari La rivoluzione di Deng abolisce il calmiere Una strategia per stimolare il mercato, ma si temono drastici rincari Il governo cinese ha deciso di abolire completamente il controllo dei prezzi di tutti i generi alimentari di largo consumo. La misura, che costituisce la più drastica tra tutte le riforme economiche del nuovo corso inaugurato nove anni fa, dovrebbe entrare in vigore entro il mese di maggio. La notizia è stata data nell'edizione per l'estero del Quotidiano del popolo e non si sa se in Cina sia già stata resa ufficialmente nota tramite altri canali — giornali locali, bollettini interni di azienda, riunioni di comitati di quartiere e di fabbrica — che in genere vengono preferiti quando si tratta di mettere l'opinione pubblica a conoscenza di fatti che potrebbero creare turbamento. L'abolizione del calmiere, provvedimento che era stato più volte annunciato e sempre rimandato per la forte opposizione degli economisti conservatori, è infatti destinata a provocare aumenti dei prezzi sino al 50 per cento e oltre, come è accaduto a Shanghai dove la misura è già entrata in vigore sperimentalmente suscitando un forte malcontento. Più dell'80 per cento della popolazione urbana si è infatti dichiarata insoddisfatta per i nuovi prezzi che hanno ulteriormente eroso il potere d'acquisto dei salariati, già compromesso dal galoppare dell'inflazione che nel 1987 era stata del 4 per cento, mentre nei primi tre mesi di quest'anno è già salita all'll per cento. Per controbilanciare in qualche modo gli aspetti negativi di questa riforma, il governo ha deciso di erogare un sussidio di 10 yuan al mese — circa 4 mila lire — a 200 milioni di lavoratori delle aree urbane, operai e impiegati. Di aumenti salariali invece non si parla, almeno per il momento, nel timore che la spirale inflazionistica possa ancor più aggravarsi. Per questo si è fatto ricorso al «sussidio speciale», un compromesso che dimostra quanto accanita sia ancora la lotta tra partigiani delle riforme a tutto spiano e conservatori che vorrebbero si procedesse con maggiori cautele per evitare il pericolo dell'instabilità sociale. Già l'anno scorso, in varie città, vi erano state manifestazioni di protesta e scioperi contro l'aumento del costo della vita e i riformatori liberali erano stati costretti a optare per un piano di sviluppo che lasciasse meno briglie sciolte alle forze del mercato: quanto alla riforma dei prezzi al consumo, sembrava che l'idea fosse stata accantonata. D'altronde i prezzi dei prodotti alimentari già da tempo viaggiavano per conto loro nei mercati liberi, oltre 70 mila, che forniscono più del 60 per cento dei prodotti alimentari consumati nelle aree urbane. L'abolizione del calmiere, giudicata indispensabile per dare slancio all'economia di mercato, non sarebbe quindi una drastica innovazione, ma piuttosto — cosi sostengono gli economisti liberali — un riconoscimento di uno stato di cose già operante. E se una classe, o categoria sociale, ne soffrirà, dicono i liberali, è un rischio che vale la pena di correre per modernizzare il Paese che riconosce come suoi figli prediletti i circa 18 milioni di piccoli imprenditori che si arricchiscono producendo beni e servizi e che hanno portato in pochi anni il reddito medio nelle città da 316 a 828 yuan. Ma si sa come si calcolano le medie e. anche se il nuovo corso di Deng prevede la necessità di uno sviluppo non omogeneo e combatte l'ideologia egualitaria tanto radicata nella mentalità cinese — le diseguaglianze in Cina rischiano di diventare più offensive che altrove: a Pechino, pochi mesi fa. ero in coda per un taxi dopo aver preso al chiosco delle prenotazioni il regolare ticket bianco con il numero. Ho però notato che passava davanti chi mostrava all'autista un ticket rosso che significa «corsa a tariffa maggiorata del 200 per cento». _ , ■ Renata Pisu

Luoghi citati: Cina, Pechino, Shanghai