Il debito italiano della dinastia James di Claudio Gorlier

Il debito italiano della dinastia James NEW YORK: CONGRESSO SU HENRY, I SUOI FRATELLI E LA NOSTRA CULTURA Il debito italiano della dinastia James NEW YORK — Le potenti dinastie degli affari e dell'industria, terreno di caccia della televisione, trovano qualche riscontro negli Stati Uniti anche nell'ambito più disinteressatamente culturale. Un esempio vistoso lo offrono i James: Henry senior, il padre, filosofo e moralista, seguace e commentatore di Emanuel Swedenborg; Henry figlio, uno dei maggiori scrittori e teorici del romanzo moderno; William, l'altro figlio, filosofo, caposcuola del pragmatismo, psicologo, a cui si deve tra l'altro la definizione di un meccanismo psicologico fondamentale in tutta la storia della narrativa contemporanea, il -flusso di coscienza'. Infine, Alice, sorella di Henry e di William, rimasta nell'ombra a causa della sua condizione di donna e per una precoce malattia, ma autrice di un diario che ha ricevuto particolare attenzione negli ultimi anni, meritandole un posto tutt'altro che secondario, per originalità, risolutezza e intensità di scrittura. Per i James, l'Italia costituì un referente notevole, e in alcuni casi decisivo. Di qui il significato tutt'altro che occasionale assunto dal simposio The James Family and Italy, la famiglia James e l'Italia, tenutosi a New York il 29 e 30 aprile, organizzato congiuntamente dalla New York University e dall'Istituto dell'Enciclopedia Italiana, quest'ultima nelle persone del dinamico e raffinato direttore Vincenzo Cappelletti e del responsabile delle attività culturali, Eugenio Viola, mentre un jamesiano di fama internazionale come Agostino Lombardo. dell'Università di Roma, ha prestato la sua sottile competenza per mettere a punto il programma. James padre era nato nel 1811 e mori nel 1882: in un rapporto talora antagonistico ma insopprimibile i figli guardarono a lui come a un modello. In quanto a Henry James, nato nel 1843 e morto nel 1916 in Inghilterra poco dopo averne preso la cittadinanza, il suo •pellegrinaggio appassionato' in Europa lo portò a privilegiare l'Italia e a nutrire le sue opere di ambienti e di personaggi italiani. Nei loro interventi, lo stesso Lombardo, insieme con Sergio Perosa, egli pure jamesiano di riconosciuta autorità, e sul versante americano e inglese Leon Edel, autore di un'opera monumentale sullo scrittore, Denis Donoghue, James Tuttleton, Daniel Fogel e altri studiosi hanno affrontato il problema in diverse prospettive, sviluppate poi nel dibattito con il pubblico. In¬ somma: l'Italia di Henry James costituisce un elemento portante, un tributo al pittoresco, un territorio della mente, un paesaggio naturale e urbano? Tutto questo, è stato risposto con ricchezza di documentazione e ampiezza di indagine, estesa anche alla conoscenza, limitata ma indicativa, che lo scrittore ebbe della letteratura italiana: due nomi, in sostanza, Matilde Serao — inevitabile omaggio al «tipico» — e Gabriele d'Annunzio, con notevole spessore critico, da tenere a mente oggi che il dibattito dannunziano si riaccende, e che la presenza americana di d'Annunzio andrebbe approfon¬ dita, su una linea di forza che da Henry James, appunto, arriva all'insospettabile Ezra Pound. Quanto, poi. Henry James fosse curioso della realtà sociale e politica dell'Italia del suo tempo è un'altra questione, vivacemente dibattuta nel simposio e alla quale personalmente risponderei con un originale paragone suggerito da W. H. Auden: se nei paraggi di una rissa per strada fosse passato Dostoevski. si sarebbe fermato, avrebbe osservato, raccolto informazioni, magari parteggiato; Henry James, invece, non si sarebbe degnato, tirando via come se nulla accadesse. In altre parole. l'Italia di James si riflette nelle sue bellezze naturali, artistiche, oltre che nello sguardo insieme attento e distaccato per gli ambienti aristocratici; nel confronto tra gli americani «nuovi» e il mondo antico o persino sfatto della nobiltà italiana. Sta essenzialmente qui. pur nella sua complessità, il tracciato «italiano», da Daisy Miller al Ritratto di signora e oltre. Diverso il caso di William, nato nel 1842, morto nel 1910. viaggiatore abbastanza disincantato oltre che nevrotico, il quale scopri, venuto a Roma nel 1905 per un congresso, che esisteva in Italia una «banda di pragmatisti», Giovanni Papini, Giuseppe Prezzolini, Giovanni Vailati. Mario Calderoni. Sull'impatto del pragmatismo jamesiano sul dibattito culturale dell'inizio del secolo in Italia, da Leonardo alla Voce (le riviste furono il veicolo principale di questa operazione anti-positivistica e ami-idealistica) ha parlato chi ora ve ne scrive, per mettere a fuoco le ambiguità ma anche l'incidenza fondamentale in chiave letteraria di una simile frequentazione, testimoniata anche da un singolare epistolario, in parte inedito, tra Papini e William James, in cui il venticinquenne italiano esprime la sua irrefrenabile ammirazione e il suo corrispondente, tra il compiaciuto e il sorpreso, non lesina espressioni per lui insolite (.ilei è un genio, un vero genio»). Il versante filosofico di questo problema tuttora aperto è stato trattato efficacemente da Gerald Myers. con riferimento particolare a Vailati, una figura che ha acquistato un giusto rilievo soltanto nel secondo dopoguerra. Alice James, schiacciata dalla figura dei fratelli, si prese la sua rivincita nel diario, e la curatrice dell'edi zione italiana. Maria Antonietta Saracino, ha posto in luce puntualmente questo rovesciamento delle parti, esempio davvero memorabi le di scrittura femminile, che anticipa la ricerca di una 'Stanza propria* rivendicata poi da Virginia Woolf. Per Alice, l'Italia diviene una dimensione immagina ria ma di singolare pervasi vita. Da angoli visuali diffe renti. il debito italiano della dinastia James rimane dun que tanto incancellabile quanto complessamente vis suto. al punto che. specie per il «supersottile» (un suo aggettivo prediletto) Henry figlio, potè diventare un'emozione e una sofferenza. Proprio in virtù di quest'ultima, in una proverbiale annotazione, egli sollecitò di liberarsi della sua insostenibile bellezza. Claudio Gorlier Henry James accanto al padre in una fotografia del 1854