Una bancarotta da Terzo Mondo di Mario Deaglio
Una bancarotta da Terzo Mondo Una bancarotta da Terzo Mondo La preoccupazione di non suscitare un clima da guerra fredda ha .sinora impedito ai mezzi di informazione occidentali di descrivere la situazione economica dell'Est europeo c della Polonia in particolare per quello che effettivamente è: le condizioni di vi la non .solo non migliorano con il passare del tempo ma anzi stanno rapidamente deteriorandosi. Oggi sono ormai a livello di Terzo Mondo, un nuovo Terzo Mondo che si affaccia proprio sulla porla di casa dell'Europa. Un rapporto, redatto da economisti polacchi e recentemente pubblicato a Londra, dove è giunto anonimo, afferma che il prodotto per abitante della Polonia sarebbe addirittura sceso del 25 per cento dal 1970 al 1985. Questa caduta e ancora più impressionante se si considera che nello stesso periodo il capitale produttivo (impianti e macchinari) sarebbe aumentato del 25 per cento. Siamo quindi di fronte a un'incapacità crescente, paralizzante di far funzionare le fabbriche, di produrre in maniera moderna. I cantieri navali di Danzica — potenziati con i prestiti occidentali negli stessi anni in cui venivano chiusi nel resto del mondo — prima ancora che simbolo di una libertà negata appaiono come il monumento a una disastrosa politica industriale. Mentre Paesi emergenti come Taiwan o la Corca del Sud si son messi a produrre e a esportare beni avanzati con una forte componente elettronica, la Polonia continua a vendere all'estero soprattutto carbone. Lo stesso carbone, però, deve essere razionato all'interno del Paese, dove del resto c'è scarsità di quasi ogni bene di consumo. Le disponibilità energetiche e alimentari dei polacchi sono oggi probabilmente inferiori a quelle degli abitanti di numerosi Paesi latino-americani e del Sud-Est asiatico. La Polonia mostra fenomeni di «terzomondizzazione» anche per quanto riguarda l'indebitamento con l'estero, per il quale non c'è speranza di rientro, un'emigrazione crescente verso l'Occidente, un'economia «nera» in crescita travolgente. Si comprende come, in una situazione di questo genere, la nuova, forte austerità che il governo è stato costretto a introdurre dalla materiale mancanza di risorse abbia scatenato il risentimento specie delle punte avanzate della classe operaia, le quali reagiscono alla minaccia di un'ulteriore, massiccia riduzione del proprio livello di vita. Una situazione analoga, con gravità maggiore o minore, condiziona ormai gli sviluppi economici e politici di tutta l'Europa Orientale, dalla quasi carestia e mancanza di combustile della Romania alla congiuntura incerta e in progressivo deterioramento, anche se indubbiamente migliore, della Germania Orientale e dell'Ungheria. Senza indulgere in polemiche ideologiche, occorre prendere atto che il «socialismo reale» dell'Europa dell'Est non riesce ad adeguarsi ai nuovi modi di produrre e che il suo fallimento è ben più grave di quanto siamo normalmente abituati a credere. Venuto al Mario Deaglio (Continua a pagina 2 in quinta colonna)
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