Perché il Papa tace sulla Polonia di Marco Tosatti
Perché il Papa tace sulla Polonia La Santa Sede teme che un intervento possa esasperare la situazione Perché il Papa tace sulla Polonia A un appello degli operai di Nowa Huta il pontefice ha risposto con una esortazione di carattere generale - Il Vaticano tenderebbe a privilegiare l'azione dell'episcopato nazionale: accresciuto il ruolo del primate Glemp CITTA DEL VATICANO — Gli operai di Nowa Huta hanno scritto al Papa, ricordando che la loro -lotta per un salario onesto' è illuminata dalla luce delle sue parole «sulla superiorità dell'uomo sul lavoro, e sulla dignità della persona umana». E' un appello neanche tanto indiretto alla solidarietà, ma per ora la risposta è stata il silenzio. Il Papa si è limitato a ricordare che «ciò che si chiama Vangelo del lavoro è la strada per risolvere i problemi sociali. In modo particolare — ha detto il 1" maggio durante la messa celebrata davanti a un gruppo di pellegrini polacchi nella sua cappella — mi rivolgo ai lavoratori polacchi, a tutta la società, a tutti quelli che sono responsabili della sorte della società e del mondo del lavoro, affinchè il lavoro in Polonia sia per l'uomo, affinchè lo faccia progredire in ogni senso. Avendo sotto gli occhi la situazione degli ultimi giorni, ricordo i pensieri sul lavoro e sulla responsabilità del lavoro, responsabilità che è di tutta la nazione e di quanti sono responsabili di essa, e prego con tutta la Chiesa die il vangelo del lavoro resti compreso e realizzato, perchè questa è la strada della salvezza-. E' un'esortazione piuttosto generica, ispirata a prudenza, e dal timore che prese di posizione diverse abbiano un effetto negativo sulla situazione contribuendo ad esasperarla, invece di disinnescarne i potenziali pericoli. E di sicuro un appoggio incondizionato del Papa alle rivendicazioni verrebbe negativamente interpretato dal governo, interferendo sui rapporti fra regime e Chiesa. E' dall'epoca del terzo viaggio di Giovanni Paolo II in patria che i suoi interventi in campo «polacco», prima molto diretti e specifici, sono divenuti più generici. C'è anche un problema di rispetto nei confronti dell'episcopato del Paese. Il -principio di sussidiarietà-, seguito costantemente dalla Santa Sede, anche in occasione di crisi di portata maggiore (le Filippine della cacciata di Marcos, o il Nicaragua) vuole che siano i vescovi, o le Conferenze Episcopali direttamente interessate a cercare di risolvere i problemi, specialmente di carattere politico o sociale, che riguardano il loro Paese. E solo successivamente, constatata la loro impotenza, o preso atto della necessità di un intervento diplomatico più pesante, si muove la Santa Sede, o il Papa. Il Papa non interviene più come prima sugli avvenimenti della sua patria anche perchè dall'81 ad oggi è cresciuto il ruolo del primate di Polonia, Glemp. Sono stati Glemp e i vescovi polacchi, con l'aiuto della Santa Sede, a trattare negli anni bui del -dopo-golpe- con Jaruzelski i nuovi equilibri fra Stato e Chiesa. E' un'assunzione di responsabilità che richiede una delicatezza, per non togliere credibilità e forza contrattuale alla Chiesa locale, impegnata in un compito difficile: chiedere più libertà al regime da un lato, e dall'altro moderare le spinte, anche interne alla Chiesa stessa, verso prese di posizione decisamente antigovernative. Marco Tosatti
Persone citate: Giovanni Paolo Ii, Glemp, Jaruzelski
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