Marsiglia il cocktail Le Pen di Enrico Singer

Marsiglia, il cocktail Le Pen Uimmigrazione araba, la crisi, il bisogno di un leader sono la miscela esplosiva che ha alimentato la vittoria del Fronte Marsiglia, il cocktail Le Pen Esultano i sostenitori: «Il segnale è lanciato, Parigi dovrà capire» - Ma la città rifiuta l'etichetta di razzista L'immensa Casbah del centro ospita almeno centomila nordafricani - Il risentimento contro «les arabes» DAL NOSTRO INVIATO MARSIGLIA — «Noi dei razzisti? E' facile risolvere tutto con questo marchio d'infamia. Venga a vivere qui e forse capirà che cosa sta succedendo a Marsiglia'. Nel Bar des Yachts, sul molo del Vecchio Porto, proprio di fronte al Municipio, bisogna stare attenti con le parole. Il proprietario del locale, Dédé Lambert, lepenista della prima ora, offre il caffè ma non è disposto a troppe concessipni dialettiche. Da due anni, da quando il Fronte Nazionale ha avuto diritto di cittadinanza nel Consiglio Regionale, fa parte della -Commissione affari sociali*. Adesso che il 28,3 per cento dèi marsigliesi ha votato per Jean-Marie Le Pen nel primo turno delle elezioni presidenziali, dice che «il segnale è lanciato* e che se non sarà capito -da quelli di Parigi', tanto peggio. Fuori, nella grande piazza, anche chi non è d'accordo con Dédé — «io in quel bar non ci metterò mai piede-, dice un marinaio — vuole subito precisare una cosa: «Le Pen, lui, si è razzista e, adesso, Marsiglia questa etichetta non se la toglie più. Ma la realtà è un'altra. E' difficile da spiegare. Qui la gente si sente abbandonata e ascolta chi strilla più forte*. Capire che cosa è successo a Marsiglia, in verità, non è poi cosi facile come potrebbe sembrare. I risultati del 24 aprile sono diventati un caso nazionale: Le Pen ha conquistato 102.541 voti, ha battuto Mitterrand (97.380), ha surclassato Chirac (53.110) e Barre (47.789), ha ridotto il comunista Lajoinie a 39.597 voti, quando il pcf, qui, era un partito forte che. nelle presidenziali dell'81, ottenne il.25 per cento dei suffragi. -E questi dati, da una settimana, sono al centro di polemiche, di autocritiche, di timori. Con una sola parola che domina su tutto: razzismo. Le Pen ha vinto a Marsiglia perché la città è «invasa- dagli arabi* e i francesi «non ne possono più*? Certo, per il capo del Fronte Nazionale, che ha centrato tutta la~ sua campagna elettorale sul rifiuto degli immigrati che «vengono a mangiare nel piatto dei francesi*, la realtà di questa metropoli mediterranea, da secoli porta d'Oriente della Francia, è quasi esemplare. Le contraddizioni balzano agli occhi. La Canebière non è più la «strada che ti fare il giro del mondo*, come dice una vecchia canzone che i marsigliesi cantano ancora. E' una frontiera, 6 la terra di nessuno tra due città. Da una parte ci sono gli uffici, i bei palazzi, gli alberghi, la passeggiata.a mare. Dall'altra c'è l'intreccio delle viuzze del centro storico trasformate in un'immensa Casbah. Da una parte ci sono i francesi, dall'altra ci sono les immigrés che qui sono algerini, prima di tutto, poi tunisini, marocchini e, in parte, anche africani arrivati da altre ex colonie. Sono centomila. Forse di più. Nemmeno l'Ufficio per l'immigrazione, installato in una bella palazzina moderna a due passi dalla stazione centrale, lo sa con esattezza. «Ci sono i clandestini. E' impossibile fare conti precisi*. Quello che risulta dalle statistiche è che gli abitanti di Marsiglia — una città che, per estensione, è il doppio di Parigi — sfiorano il milione. E sono già un crogiuolo di comunità. Ci sono 80 mila armeni, centomila còrsi (più di quanti vivono a Bastia ed Ajaccio messe insieme), 70 mila pieds-noirs, i coloni d'Algeria sbarcati qui nel '62, oltre centomila italiani e anche 20 mila spagnoli. Ma tutti questi sono «veri francesi* per cittadinanza e anche per Le Pen. Anzi, se si guardano i risultati del voto del 24 aprile quartiere per quartiere, sono il grosso dei suoi eletto¬ ri. I più esasperati dall'ultima ondata d'immigrazione che è esplosa vent'anni fa, incoraggiata da un boom economico che oggi sembra un miraggio lontano. Ma tra la Porte d'Alt e il corso Belsunce, in quello che qui chiamano il «Panier*, 1 primi Immigrati nordafricani erano arrivati già al tempo dell'impero coloniale. Allora erano stati portati a forza, come manovali, ed erano stati relegati nelle case basse del centro, disertate dalla nuova borghesia che si allontanava verso le colline e lungo la Comiche che costeggia il mare. « Vuole vedere l'Algeria, la Tunisia, il Marocco? Ecco la me des Chapeliers: non parli alle donne e ceda il passaggio. E' meglio: qui siamo in territorio arabo*. Questa descrizione di una delle strade del «Panier. è vecchia di sessantanni: è l'inizio di un reportage di Albert Londres che un dinamico editore marsigliese ha ristampato l'anno scorso. Ed è la prova che il problema-immigrati non è di ieri, che non basta da solo a spiegare il fenomeno Le Pen. O almeno, che potrebbe spiegarne il fondo razzista, ma non l'ampiezza che ha raggiunto. Alla fine degli Anni Trenta anche contro gli italiani — i Babis, come erano chiamati — ci fu un violento rigurgito xenofobo guidato dal movimento della Croce di Ferro. Ma fu un fuoco di paglia. Negli ultimi cinque anni, invece, Le Pen è diventato un incendio perché ha trovato un terreno pronto a bruciare. E anche questo si avverte girando per Marsiglia, città che è stata ricca, centro di traffici, di industrie, di cantieri navali e che, ormai, sopravvive. Il porto, quello nuovo verso la Ciotad, il più grande del Mediterraneo, è in crisi. I «poli industriali* costati miliardi di franchi a Berre (chimica), a Fos (siderurgia) e a Marignane (aeronautica) sono stati un mezzo fallimento. Soltanto a Fos che. nelle previsioni, doveva creare 160 mila posti di lavoro entro il 1985, ci sono appena 10 mila addetti. E, per di più, molti sono arrivati dalle acciaierie della Lorena spazzate da una crisi ancora più grave. La costruzione navale è bloccata. Sono scomparse anche le industrie del sapone, quel sapone di Marsiglia che ora viene persino dall'Italia. E Paul Ricard, il «re del pastis* (il liquore all'anice), mantiene la sua sede sociale vicino al Vieux Port per nostalgia, ma investe a Parigi o negli Stati Uniti. La disoccupazione, che è del 10,6 per cento nella media nazionale, qui è del 13,8 per cento. Un record. L'unico rifugio è il terziario che oggi occupa 234 mila persone su un totale di 323 mila salariati. Ma anche il terziario annaspa. Il turismo è scompar¬ so, nonostante il fascino della baia con l'isola del Castello d'If e le sue scogliere. La media dei depositi bancari è di 17 mila franchi (poco più di 3 milioni di lire) contro i 20.500 franchi del resto della provincia francese. E al Comune calcolano che soltanto un nucleo familiare su quattro paga le tasse. Prima ancora che esplodesse il casoimmigrati, Marsiglia viveva con l'incubo del caso-Liverpool. dice Alain Fourest che, per la «Commissione sviluppo* era andato anni fa nella città inglese per studiarne il declino economico e sociale. E questo è il secondo elemento della miscela esplosiva che alimenta l'incendio Le Pen. La crisi è l'altro grande cavallo di battaglia del leader del Fronte Nazionale: quello che gli ha permesso di raccogliere più del 22 per cento dei voti in Alsazia, in una Francia lontanissima da Marsiglia e non soltanto in chilometri. Ma è a Marsiglia che l'effetto si è combinato, che la facile equazione «più immigrati, più disoccupati* ha fatto breccia innestandosi sulle paure irrazionali e su quelle razionali: trovare un capro espiatorio sul quale rovesciare le colpe del declino è più semplice che proporre delle soluzioni in profondità. E, anche in questo amalagama ci sono delle ragioni accessorie, specifiche della realtà marsigliese. Nel risentimento contro les arabes c'è una componente economica particolare: una parte degli immigrati algerini ha monopolizzato un vasto tessuto di piccoli commerci. Se il «Panier* somiglia ad una Casbah è perché i negozi si susseguono ai negozi, formano un unico, enorme, mercato che adesso fa anche invidia. I cinema della Canebière sono diventati magazzini dove si trova di tutto: dai ventilatori da poco prezzo ai tv-color stereofonici. Anche VAlcazar, che era il teatro di corso Belsunce dove, da Parigi, scendevano Yves Montand e Sardou, oggi è un negozio: è rimasto soltanto il portale di legno lungo il marciapiede, dentro ci sono mobili di tutti i tipi. E a mano a mano che il vecchio centro si è trasformato in souk, i commercianti francesi hanno perso ter¬ reno. Anche perché i prezzi dei loro concorrenti arabes sono più bassi. Certo, la percentuale degli immigrati che hanno fatto fortuna è minima: i loro negozi sono in tutto 720. Ma le eccezioni sono, poi, quelle che impressionano e che deformano l'immagine. E' il caso di Rabah Sabeur, che era arrivato a Marsiglia nel '74 «con un paio di sandali ai piedi*, e che oggi, a trent'anni, ha montato la catena dei negozi «Papi*: otto magazzini che fruttano miliardi. E con un commercio quasi esclusivamente mirato sui clienti arabi, perché il tempo in cui i francesi andavano a fare i loro acquisti nella Casbah è finito da un pezzo. Ma i nuovi clienti non mancano. Ci sono gli immigrati — che a loro volta non entrano nei negozi dell'aera Marsiglia — e ci sono i «turisti* che arrivano direttamente dall'Algeria e dagli altri Paesi del Maghreb. Al ritmo di un milione l'anno. E' un'economia parallela che passa sotto gli occhi dei «veri marsigliesi* e che fa entrare — il calcolo è quello ufficiale della Dogana — trecento miliardi di lire nella Casbah. I «turisti* nordafricani si fermano esclusivamente negli oltre cento alberghetti del «Panier*. anche questi gestiti dagli immigrati. E comprano di tutto. Anche automobili: nell'84 a Marsiglia sono sbarcate 37 mila auto in provenienza dei porti del Mediterraneo meridionale e ne sono ripartite 78 mila. Ma c'è una terza componente nel cocktail Le Pen. Marsiglia è una città «speciale», da sempre. E' la più antica di Francia, come avverte anche la targa d'otione sul molo del porto: qui. 600 anni avanti Cristo. sbarcò Fcc*?o, re-marinaio greco dell'Asia Minore (anche la storia comincia con l'immigrazione) e fondò la città dopo avere sposato la figlia del capo tribù locale. Ma per secoli Marsiglia ha vissuto dando le spalle alla Francia. Sentimento reciproco: perché il resto della Francia l'ha sempre considerata una specie di appendice. E' quello che i marsigliesi chiamano il «complesso del portachiavi*: Marsiglia è una chiave, ma deve restare appesa in basso, il più lontano possibile. E questo doppio sentimento alimenta l'orgoglio della città. La sua voglia di fare da sé e di avere un capo, un locai hero che la capisca e la rappresenti. Per 35 anni questo eroe è stato Gaston Defferre, il leone socialista, l'uomo che sapeva parlare tanto ai pescatori del Vecchio Porto, quanto a «quelli di Parigi*. Che era sindaco e ministro, che si faceva rispettare da tutti. Defferre è morto nell'86. E. da allora, Marsiglia cerca il suo nuovo locai hero. Sia il successore socialista di Defierre, l'attuale sindaco Robert Vigoroux. neurochirurgo di fama mondiale, sia Jean-Claude Gaudin. paladino centrista dell'opposizione e presidente del Consiglio regionale, hanno cercato di fare molto per Marsiglia. Hanno investito in piani di risanamento, hanno anche stretto i rubinetti dell'immigrazione clandestina. Ma Vigoroux e Gaudin hanno rifiutato, e rifiutano, di gettare tutte le colpe del declino su les arabes. E' la loro forza », paradossalmente, la loro debolezza. Tra un anno a Marsiglia ci saranno le elezioni municipali. Dal suo bastione sul Vecchio Porto. Dédé Lambert già vede Le Pen sulla poltrona di sindaco. «Adesso il Fronte Nazionale qui è il primo partito. Metteremo noi le cose a posto*. Come, nemmeno lui lo sa bene: «Ci penserà JeanMarie*. E il cocktail marsigliese potrebbe diventare una vera bomba. Enrico Singer Marsiglia. Il leader del Fronte Nazionale Jean-Marie Le Pen fotografalo sul molo del Vecchio Porto. Il 28,3 per cento dei marsigliesi ha votato per lui nel primo turno delle elezioni presidenziali: ha conquistato più preferenze di Mitterrand, Chirac e Barre (Afp)