Tapies: il quadro è solo un trucco conta ciò che sta dietro

Tapies: il quadro è solo un trucco conta ciò che sta dietro L'artista catalano ci parla di arte, materia., religiosità Tapies: il quadro è solo un trucco conta ciò che sta dietro ASessantacinque anni Taples regna sovrano sull'arte del suo paese. Una fondazione gli sarà presto intitolata a Barcellona. La giovane generazione degli artisti si richiama volentieri a lui, «maestro di pittura» dall'aspetto a tutta prima austero e dalle idee che nulla concedono alla moda. Catalano, fiero delle origini, Tapies appartiene alla piccola aristocrazia degli artisti europei universalmente riconosciuti. Soggetto df retrospettive e di omaggi, egli resta fedele ad un'arte sconcertante di segni, di montaggi, di colori cupi: un'estetica che intende portare la pittura nel più profondo della realtà. — Le sue opere più recenti sembrano caratterizzarsi per una più forte presenza degli oggetti. Significa che Tapies torna anche lui al figurativo? «E' forse vero per certi quadri... E' curioso, ma si guarda spesso ai miei dipinti in rapporto all'attualità artistica. A dire il vero mi sono sempre considerato un artista che respinge l'arte astratta; mi situo piuttosto in una linea che viene dal surrealismo. E' accaduto che le mie opere negli Anni Cinquanta sono state interpretate .n rapporto alla pittura stratta, informale, che allora trionfava. Ma ad esaminarla con attenzione vi si scopre sempre qualche figura, un'immagine.. — Si tratta di figure sempre più spesso funebri, di crani e di croci. «SI, me ne accorgo dopo. E' questione senza dubbio dì età: si pensa alla morte sempre di più. Credo che debba essere una meditazione sempre presente. Nella vita culturale d'oggi si vive distratti, storditi... Quanto alle croci, esse non hanno un unico significato. La croce è un contrassegno nello spazio, fatto per attirare l'attenzione dello sguardo, è un segno che cancella, un ricordo del nome, della firma. Ha inoltre un senso religioso, è un'allusione al cristianesimo e dunque ancora alla morte». — Si è detto a volte che lei è un artista religioso. Lei stesso ha appena alluso all'arte religiosa. Condivide la definizione? «Si, a patto di apportarvi qualche precisazione e di distinguere religione e sentimento religioso. Le religioni istituzionali non hanno l'esclusiva del sentimento religioso. Non è necessario essere legati a un culto determinato per provare emozioni religiose. Qualche anno fa ogni intenzione religiosa, ogni allusione al misticismo erano ritenute reazionarie. Non è più cosi ormai. Si sono visti uomini di scienza fare appello alla conoscenza mistica, Oppenheimer ricordare i Veda, Niels Bohr citare il taoismo nel suo stemma. Addentrandosi sempre più avanti nell'analisi della materia sembra che si debba pervenire a una sorta di esperienza mistica. «Credo che il mio lavoro si sia fortemente ispirato a queste pratiche scientifiche, che conducevano i loro autori verso le saggezze estremo-orientali. Si può parlare di un materialismo spirituale, un materialismo vicino alle abitudini mentali dei pòpoli primitivi.. — Anche le sue opere, evocando l'arte rupestre, hanno assimilato questi riferimenti ai primitivi. • Certo. Tutti i movimenti di avanguardia del nostro secolo si sono liberati dal bisogno di praticare una pittura documentaria e hanno cosi ritrovato i veri motivi artistici, che sono strettamente legati alla magia, ai poteri ipnotici e taumaturgici. Vorrei che i miei quadri" fossero carichi di una tale potenza che se applicati al corpo o alla testa fossero capaci di far guarire dai mali... che curassero per davvero. «Gli effetti dell'opera d'arte sono molto slmili a quelli che ottiene lo stregone o il mago. L'artista non lavora semplicemente per decorare i muri degli appartamenti, ma per agire sulla gente, sulla società, deve poter influenzare 11 cofpo' e lo spirito. Si può dire anche che l'artista lavora per comunicare alla gente una realtà al di sotto di quella che la gente vede.. — Gli espressionisti astratti americani avevano convinzioni molto vicine alle sue. •Ma le hanno espresse in altro modo, con altri procedimenti. E' però vero che provo il sentimento di una grande prossimità di fronte alle opere di Motherwell o di Rothko». — Rothko è un colorista, mentre lei mette al bando molti colori, ad eccezione delle terre, dei rossi e del neri. Perché questo rifiuto del colore? •Non le pare che ci sia già troppo colore dovunque, i rotocalchi, le fotografie, la televisione? Se impiego pochi colori è perché non voglio fartmi distrarre. Per andare all'essenziale.. — Da un punto di vista tecnico, come ottiene le superaci granulose o terrose che si vedono nella maggior parte dei suoi quadri? •Sono partito dall'idea che la pittura a olio era una pratica anacronistica, legata alla volontà di rappresentare il mondo nei dettagli e in prospettiva.'Allora ho voluto mescolare alla pittura delle polveri, specialmente la polvere di marmo. Ma polche non funzionava, ho cercato resine chimiche. Ora va bene e domino la consistenza, la densità e il movimento dei disegni che posso tracciare dentro un materiale, a volte più patetico a volte più lirico. •Ho appreso più avanti che non avevo Inventato l'uso della polvere di marmo e che i pittori a fresco l'avevano praticato molti secoli prima. Utilizzo anche altri elementi, legno, tessuti, terra che faccio cadere da un setaccio sulla superficie spalmata con una resina. Per fare questo devo naturalmente lavorare orizzontalmente. — Da qualche tempo la sua attività di scultore ha avuto un notevole incremento. E' un modo per continuare la pittura con altri mezzi? •E' accaduto cosi, con naturalezza. Ho cominciato a gonfiare un po' i miei quadri con del collages, dei montaggi di oggetti e a poco a poco il quadro è diventato un oggetto tridimensionale, ossia una scultura*. — E perché la terracotta e non il ferro o il bronzo? «Con la terracotta trovo il senso tellurico che risale all'origine delle arti. Bisogna ricordare che la ceramica è una delle tecniche più antiche e una delle più durature. Per l'aneddotica è stato uno scultore, Eduardo Chillida, a consigliarmi di utilizzare la terra con chamottée.. — Nelle sue sculture e nel suoi quadri un oggetto appare molto spesso: Il piede. Perché una cosi strana ossessione? «Non saprei con esattezza. Non lavoro con un dizionario dei simboli, ma do vita a simboli che mi escono dalle viscere. I simboli del piede e dell'orma sono molto ricchi di senso. A me poi piace valorizzare temi e oggetti disprezzati. Ora, che cosa di più vile dei piedi e delle scarpe? Non m'interessa magnificare i grandi temi della filosofia e i grandi personaggi; preferisco le cose triviali e quotidiane. Sarebbe facile passare da questo gusto alla meditazione su ciò che è insignificante, sul fatto che siamo tutti impastati nella stessa polvere senza privilegi, né differenze. — Ecco di nuovo un'idea di carattere molto religioso... «Di una religione laica se si può dire, religione nel senso etimologico del termine, legame dell'uomo con tutto ciò che esiste, all'universale, a una grande cosmologia. In fondo, un quadro in non ha nessun valore, non è che un artificio, un trucco, un gioco di prestigio che eseguiamo per sorprendere la gente e attirare l'attenzione. Conta veramente ciò che è dietro 11 quadro. Philippe Dagen Copyright «Le Monde» e per l'Italia uLa Stampa» Tapies: «Pi i xifres» Tapies: «Autoritratto» (1950) pari. ii iii

Luoghi citati: Barcellona, Italia