Troppa polvere sul 25 aprile di Pier Franco Quaglieni
Troppa polvere sul 25 aprile La Resistènza oggi: la storia di ieri per capire il presente Troppa polvere sul 25 aprile «4nni fa, Arturo Carlo Jernolo mi raccontò la storta detta progressiva e tacita cancellazione dal calendario del XX settembre, anniversario della breccia di Porta Pia e di Roma capitale: il concordato fascista del "29 aveva dato, com'era ovvio, il colpo decisivo a quella storica ricorrenza. Il ricordo di Jemolo mi è tornato atta mente pensando con una certa tristezza al 25 aprile 1945 che, da un po' di tempo, viene visto, da molti soprattutto come una festa da verificare in rapporto a possibili «ponti» che servano ad allungare i weekend. Nella scuola la parola •Resistenza» sembra quasi sconosciuta, i vecchi partigiani stanno scomparendo! i pochi superstiti sono amareggiati e delusi. Le stesse parole Resistenza e antifascismo — di cui, forse, si è fatto in passato un inopportuno uso retorico — appaiono remote. Viviamo nella •civiltà» dell'immagine, detto sviluppo tecnologico, del tramonto dette ideologie, dell'edonismo e dell'arrivismo che hanno messo in crisi certi riferimenti portanti detta Repubblica democratica nata dalla Resistenza; l'appannarsi di tali riferimenti ha insterilito la vita politica, occupata dagli apparati di partito, ed ha allontanato i giovani dall'impegno civile, spingendoli verso la rassegnazione, l'opportunismo, la chiusura autoemarginante nel .privato». La Resistenza — inserita in questo quadro piuttosto desolante — può sembrare lontana e ricordare il 25 aprile può apparire ad alcuni come un rito un po'stantio. Se, tuttavia, si fa uno sforzo inteso ad andare oltre le nebbie che oscurano certi valori, ci si accorge che più che mai la salvezza dette istituzioni repubblicane si può realizzare risalendo attraverso la storia detta Repubblica all'antifascismo e alla Resistenza. Al di là dette etichette e dei camuffamenti, il /asciamo esiste anche oggi: è infatti fascismo tutto ciò che rende vana la vita democratica, mortifica la partecipazione dei cittadini, offende la Costituzione ed i principi che essa esprime. " Solo una visione molto angusta può far pensare ad una Resistenza da- dimenticare. . Leo Valiani nel libro •Dieci anni dopo» si domandava — ed eravamo nel 1955 — se fosse stato possibile dare già allora un giudizio storico sulla Resistenza. Oggi lo è sicuramente, ma ci sembra che l'attuale, ovattato clima politico impedisca persino ili parlare della Resistenza, considerata materia su cui, al massimo, devono discettare accademicamente gli storici di professione. La Resistenza appartiene alla storia d'Italia ed essa si può oggi analizzare con il necessario distacco critico, rifuggendo da alcune mitizzazioni in cui — bisogna riconoscerlo — eravamo caduti anche noi. Ad esempio, va detto con chiarezza che la Resistenza non va interpretata come lotta di classe (anche se il fpscismo fu un regime di classe); ma essa non fu neppure una •Guerra senza bandiere», per dirla con Edgardo Sogno, che ebbe come unico scopo quello di cacciare lo straniero. Il movimento partigiano fu una realtà complessa ed articolata, anche con motivazioni fortemente diverse, alcune dette quali trovarono la possibilità di una sintesi, spesso faticosa, netta Costituzione repubblicana, ha stessa idea, ampiamente accolta e ripetuta in passato, che la Resistenza sia stata un secondo Risorgimento si rivela storicamente inconsistente. Affermare la necessità di storicizzare non significa tuttavia rinchiudere nel museo i valori perenni che la Resistenza ha sostenuto e che restano il fondamento della nostra democrazia. Già molti anni fa Franco Antonicetti affermava: •Nella nostra vita morale, culturale, sociale, politica, c'è la Resistenza. Di li si parte. E' la storia nuova d'Italia. La si può negare, pensare di diminuire o di capovolgere, ma c'è». In presenza di vari tentativi di rivalutazione del fascismo si deve dire con Bobbio che •guardare il fascismo con un certo distacco» non significa affatto dimenticare che esso fu «una Brande catastrofe, la più grande catastrofe della storia italiana». La scorsa estate una guida turistica franco-austriaca si rifiutò di accompagnarmi a visitare il campo nazista di Mauthausen, prima dicendomi che era troppo distante, poi, di fronte alle mie rimostranze, affermò apertamente che «erano cose da dimenticare, ammesso che fossero vere». Non esitai a ribellarmi, fino a sembrare agli occhi dei miei amici scontroso e violento: dimenticare, ignorare, mettere in discussione sembrano le parole d'ordine che sono giunte persino alle guide turistiche... DI fronte a questa mortificante e squallida sottocultu¬ ra, propria di chi vorrebbe disinvoltamente strappare pagine di storia ancora grondanti di sangue e di speranze inappagate, bisogna reagire con fermezza, andando controcorrente. L'antifascismo resta un punto di riferimento etico prima ancora che politico, il fascismo — aldilà dei pennacchi retorici e dette aquile romane — è un virus pericoloso perché la libertà — come ci insegnava Calamandrei — non è una conquista definitiva, ma un bene prezioso su cui bisogna continuamente vigilare. Ogni forma di conformismo e di dialogo innaturale e antistorico con certe forze sempre in agguato, rappresenta già un'anticamera molto pericolosa. Chi pretende di invocare più autorità per risolvere i problemi di una democrazia malata, dimentica — magari in buona fede—che l'aspro sentiero della libertà, per quanto difficile da percorrere, è l'unico che ci preservi dalle solite scorciatoie antidemocratiche che aggravano le situazioni senza risolverle. Questa è la grande, attualissima lezione del 25 aprile che nessun democratico sincero potrà mai dimenticare, se non vuole mutilare quell'albero dalle molte radici di cui parlava Cattaneo: l'Italia democratica e repubblicana. . Il nostro traballante sistema politico, intaccato dalla corruzione, è infatti migliorabile solo se si recuperano i significati profondi di un movimento di popolo e di intellettuali che impugnò le armi per combattere fascisti e nazisti, ma anche e soprattutto per imprimere una svolta rigeneratrice al Paese. Pier Franco Quaglieni
Persone citate: Arturo Carlo Jernolo, Bobbio, Calamandrei, Cattaneo, Edgardo Sogno, Franco Antonicetti, Leo Valiani
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