«El Cordobés», il mito ritorna

«El Cordobés», il mito ritorna Il leggendario torero si prepara a scendere di nuovo nell'arena «El Cordobés», il mito ritorna Il rientro, previsto in aprile, rinviato pei* un improvviso attacco di appendicite - Manuel Benitez, questo il suo vero nome, ha cinquantanni e non combatte da tredici: dal '65 al '75 è stato il numero uno - Dopo un'infanzia poverissima, grazie alla rapida e sfolgorante carriera ha accumulato un'immensa ricchezza BARCELLONA — Manuel Benltez, «El Cordobes», 53 anni 11 maggio prossimo, torna alla corrida. Non sarà il 30 aprile a Cordoba, con sei 'tori di Nùnez, un famoso allevamento, come aveva progettato, e subito dopo a Nimes, in Francia, ma sarà comunque entro l'estate. Proprio in questi giorni, il famoso matador che si stava allenando nell'arena della sua tenuta sivigliana di Mata-Monroy, (800 ettari, piscina olimpica, areoporto privato) è stato colpito da un attacco di appendicite. L'hanno portato alla clinica della Croce Rossa di Cordoba e l'hanno operato d'urgenza. La convalescenza per un'appendicite è normalmente di un mese, ma non per un torero che dev'essere in perfetta forma quando scende nell'arena. «El Cordobes» poi, che si è ritirato dalla «lidia» (lidiar, lottare con il toro) nel 1975, ha vissuto questi tredici anni in modo pressoché folle: come vuole la leggenda ormai alimentata da pagine e pagine di giornali «rosa» non si è risparmiato nulla per rifarsi dei sacrifici della sua lunga carriera. Cosi si è parlato mille volte della sua passione per le automobili e per gli aerei. Quasi a voler testimoniare un innato amore per 11 rischio Manuel passava dal volante di una Jaguar al comandi del suo aereo Piper Aztec. Era facile vederlo notti intere ballare 11 flamenco nei clubs di Marbella con la gente più sofisticata del jet-set. E non disdegnava certo le «grandi abbuffate» innaffiate più spesso dal whisky che dal vino: quasi una rivalsa per i lunghi anni di fame e miseria dell'infanzia, dell'adolescenza, della prima giovinezza. Se ha ancora spalle larghe e collo taurino e la bella faccia■'■ plastica e zìgomata di contadino andaluso, Manuel ha' i! fisico appesantito e gli occorreranno ora, dopo l'operazione, mesi di dieta e di ginnastica per ritornare in forma. Ma perché «El Cordobes» torna a giocarsi la vita nella corrida? E' ricchissimo, più ricco di quanto lo sia mai stato un torero. Oltre alla tenuta di Mata-Monroy, possiede un'azienda di. costruzioni, un lussuoso albergo di sette piani a Cordoba, un club notturno, una grande autorimessa, un buon numero di immobili nella stessa Cordoba, a Madrid, a Siviglia e a Palma di Maiorca. Il suo patrimonio è valutato prudentemente intorno a cinquecento milioni di pesetas, più di cinque miliardi di lire e non gli mancano certo amici o affetti familiari. E' ancora circondato da un'atmosfera di leggenda tanto che della sua biografia, «... O llevaras luto por mi» (il titolo ricorda la promessa fatta alla sorella Angelita alla vigilia della corrida che doveva renderlo in un colpo famoso: «O sarò un grande torero, o porterai il lutto per me») sono state vendute più di 200 mila copie. In una intervista al settimanale Applausos prima dell'attacco di appendicite, •El Cordobes» spiega: «Mi sto allenando per il mio ritorno. Sono psicologicamente preparato, sono pronto per continuare a essere quello che sono sempre stato: un torero. Non torno certo per denaro, il denaro ce l'ho. Torero sei tori di Nùnez il 30 aprile, toreerò gratis a beneficio della Croce Rossa che è un'opera molto buona che merita di essere aiutata da tutti. Poi, quel che Dio vorrà! Non mi sono stabilito una meta fissa E' una spiegazione, ma Incompleta. La verità è che per un torero che non sia prima ucciso da un toro come'11 grande' 'e ieràtico Maholete a 31 anni, come il leggendàrio Josèìito a 25 anni, i cinquantanni sono un'età critica, sono l'estrema opportunità, il punto di non ritorno. All'avvicinarsi di quell'età si accentua il «disadattamento» di chi ha passato una vita nelle arene e non riesce ad Inserirsi nella vita pur dorata di tutti i giorni. Lo scorso febbraio, Miguel Mateo, «Miguelin», trent'anni di gloriosa carriera, sei orecchie tagliate (con quello della coda, il taglio dell'orecchio del toro abbattuto è il massimo riconoscimento) in un solo pomeriggio a «las Ventas., l'arena di Madrid, si è piantato una forbice nel ventre ed è stato salvato a stento. A cinquantanni, «Miguelin» aveva deciso di tornare alla corrida, di -essere di nuovo qualcuno» ma non ha retto all'emozione, all'incertezza, all'attesa. "■W'W&lbUe ette''.El'«ori dobés» sia prigioniero di un'analoga sindrome :Ta Vo¬ glia di -essere di nuovo qualcuno», di uscire «o dar la cara», ad affrontare il pericolo, come egli dice nell'Intervista citata dianzi, tra gli applausi, nel delirio dell'arena. Perché anche se i puristi della corrida lo definiscono «un fenomeno1 pubblicitario», «El Cordobes» per una decina d'anni, tra il '65 e il '75, è stato il numero uno; nel suo «traje de luces», nel suo vestito di luci.color tabacco e oro, è stato il principe dei toreri. Un principe dalla gloria tardiva, giunto all'arena a 24 anni e non a 17 o 18 come in genere avviene, un principe però dalla carriera rapida e sfolgorante: più di mille tori uccisi in dieci anni, un centinaio di corride ogni anno, nell'agosto del '65, e dunque al suo debutto, 32 corride in 31 giorni, 53 orecchie e 11 code tagliate, '"Nato in una1'poverissima' famiglia di Palma del Rio, rUtt paese in' provincia ''di Cordoba, suo padre e sua madre braccianti agricoli, l'Infanzia di fame, pane, strutto e ceci unico cibo, Manuel Benltez, sul 15 anni, tra un soggiorno e l'altro In carcere per furtarelli di frutta, senza aver mai visto una corrida, decise che sarebbe stato un torero, che quella era l'unica via per uscire dalla miseria. D'inverno, nelle notti di luna, guadava 11 Guadalquivir, e andava ad allenarsi con 1 tori di un grande allevamento che era di là dal fiume. Oli sparavano, se lo prendevano lo picchiavano selvaggiamente. Vagabondo adolescente, manovale a Madrid, frequentava assiduamente le «capeas», le corride dei paesi poveri dove non si uccide il toro perché costa troppo e si torea solo con la «capa» (non con la muleta che è la «suerte», la sorte ultima, quella della morte). Nei suoi vagabondaggi ebbe la fortuna di imbattersi in un avventuroso impresario che in lui vide «qualcosa e riuscì a lanciarlo. Fin dalle prime prove, «El Cordobes». matador scomposto e sommario, inventò lo stile sensazionale che doveva condurlo alla ricchezza e alla gloria. Incurante del rischio, riuscì ad aggiungere ai riti della corrida un tocco di spettacolarità che mandava in visibilio le folle: si inginocchiava, spezzava le «banderillas» fin a ridurle alla dimensione di una matita, le piantava nel toro volgendogli le spalle. Giunse a sedersi per terra dinanzi al toro minacciante, a togliersi le scarpe, a rimettersele, a dare quindi il colpo di spada mortale. Fu il coraggio, straordinario, la determinazione a giocarsi il tutto per tutto, una forza selvaggia, la capacità di rialzarsi e di rialzarsi di nuovo, ad ogni cornata, che lo lian-, no condotto al successe. Giovanni Per ego " El Cordobes mentre prova il suo nuovo costume

Persone citate: Barcellona ? Manuel, Cordoba, Manuel Benitez, Manuel Benltez, Miguel Mateo

Luoghi citati: El Cordobes, Francia, Madrid, Maiorca, Siviglia