Mancini: eravamo molto uniti al pci ma fummo ingannati nelle preferenze

Mancini: eravamo molto uniti al pci ma fummo ingannati nelle preferenze Mancini: eravamo molto uniti al pci ma fummo ingannati nelle preferenze «In Calabria il Fronte conquistò 8 deputati: 6 ai comunisti 2 al psi, e scoprimmo che i nostri alleati non votarono i candidati socialisti» - «La lotta fu durissima, gli avversari più accaniti erano i parroci» ROMA — 'Avevo 32 anni, un giovanotto. E anche se ero già stato eletto consigliere comunale a Cosenza, partecipavo per la prima volta ad una grande campagna elettorale». Giacomo Mancini sorride al ricordo, ma aggiunge subito che nel Mezzogiorno la campagna, elettorale del '48 t/udi grande «contro politico.. Nonostante la sconfitta'" del Fronte,- e nonostante la - forte penalizzazione subita dai socialisti. Mancini entrò allora per la prima volta in Parlamento. Gli giovò l'esser figlio del grande e più famoso Pietro Mar.cini. lo riconosce, ma aveva fatto la lotta clandestina a Roma ed era già segretario dei socialisti cosentini Avevate avuto problemi a far lista unica coi comunisti? -A quell'epoca c'era una stretta unità. Anzi, io ero nella direzione del partito e stavo con l'ala fusionista, ero tra quei pochi ad aver votato la mozione "Compiti nuovi" con Lizzadri e Lussato. Nel Sud calabrese quella linea la rappresentavo io, e dunque l'unità era molto forte. Una unità molto concreta però, legata alla riforma agraria e all'occupazione delle terre. Certamente erano più forti i comunisti, perché nelle zone tradizionalmente socialiste prima del fascismo, dopo la Liberazione c'era stato un passaggio di non pochi dirigenti socialisti al pei; e la forza socialista, in gran parte, si legava al nome di mio padre». Cosa caratterizzò maggiormente al Sud il '48? «La violentissima presenza della Chiesa, vescovi e parroci, che forse non è stata ancora descritta netta sua corposità e capacità organizzativa: non c'era paese dove ogni nostro comizio non finisse nello scontro non tanto con la gerarchia democristiana, ma con i parroci che scendevano direttamente in piazza. Poi ci fu Inter¬ vento degli emigrati, anch'esso massiccio e pesante. La nostra è una zona di tradizionale emigrazione verso il Nord America, e quell'anno giunsero montagne di lettere ad ogni famiglia, terribilmente a favore della croce, come si diceva allora». , E la forai- della de, l'avversario diretto? ■ •Un altro elemento di cui forse non si è tenuto conto è che la de nel Sud, e in Calabria in modo particolare, aveva trovato elementi di continuità con il mondo politico precedente: nei 150 Comuni della mia provincia e nei 450 detta Calabria, la de era fatta quasi sempre da personale politico del fascismo, i vecchi podestà, i vecchi segretari». Uno scontro tra vecchio e nuovo? •Da una parte contadini poveri e braccianti con un sottile strato di intellettuali e professionisti; dall'altra il vecchio blocco degli agrari e dei notabili legati al fascismo, poi la Chiesa, quindi gli emigrati. Tenga presente che il 18 aprile la de ebbe in Calabria il 49,50 per cento del voti, ma il resto non andò al Fronte; vi si deve aggiungere un 18 circa per cento andato alla estrema destra: c'era l'uomo qualunque, liste agrarie, il partito liberale, una lista monarchica». Se queste furono le cause della sconfitta, quali furono gli errori del Fronte? •Debbo dire che gli errori del Fronte, visti dalla Calabria e dalla situazione in cui mi muovevo, non saprei davvero trovarli. Perché la lotta si svolgeva aspra e dura, di assoluta intolleranza; e la necessità di restare uniti a chi voleva contestare il dominio del blocco agrario era certamente un atto di legittima difesa. Forse c'è del semplicismo nel voler sganciare questa regione del Sud dal contesto nazionale, ma per noi la realtà era quel- Ia>. Fu deluso il giorno dei risultati? •Debbo dire che l'entusiasmo e l'euforia dei vertici nazionali da noi c'era molto di meno. In molte zone della regione eravamo numericamente e visibilmente perdenti, anche se nelle città, in occasione dei grandi comizi con Nenni o Togliatti, riuscivamo a portare grandi masse. Ma i comizi che più mi avevano impressionato erano quelli dell'Uomo qualunque, di quei rumorosi ma forti movimenti di destra». Cosa c'è di vero nella tesi che con l'esperienza frontista I socialisti fintarono soffocati dall'abbraccio comunista? ; «Certo i dati numerici sono quelli. In Calabria prendemmo 8 deputati, 6 comunisti e 2socialistt, ma quel risultato'non rispecchiava la realtà: non sarebbe stato giusto 4 e 4, ma 5 e 3 sarebbe stato più esatto. Sperimentammo con certezza che il pei dava le preferenze bloccate, cosa che nel psi non era assolutamente pensabile nemmeno allora. Dopo le elezioni, nel mio partito ci fu subito una crisi interna, e ricordo che Lussato venne aspramente criticato, anche con molta ironia, per il famoso accordo che aveva fatto con Longo secondo cui sarebbe stata matematica la distribuzione dei deputati; ma lo stesso Lussato figurò tra i non eletti». Una lezione a quaront'anni di distanza? •Che i miti non contano, conta di più la ragione. E per un socialista conta quel che nel corso degli anni si è poi acquisito, cioè la linea dell'autonomia del partito, l'autonomia dette-nostre elaborazioni e delle nostre sceltefer me è stata un'acquisizione ''^immediata, dal '50 in acanti ho avuto una linea diversa, anche se resta sempre una linea di sinistra, legata al problemi sociali. C'è un'altra lezione però, che no» sempre forse ha accompagnato il mio partito: quella di n uere, pur nel momento delle alleanze con la de, la capacità di analisi critica nei confronti della cultura politica e dei comportamenti detta de; e nel Sud, proprio oggi, questa esigenza dovrebbe essere fortemente sentita dai socialisti». già. pen. Giacomo Mancini

Persone citate: Giacomo Mancini, Lizzadri, Longo, Mancini, Nenni, Togliatti

Luoghi citati: Calabria, Cosenza, Nord America, Roma