Boss prosciolto da 33 delitti
Boss prosciolto da 33 delitti A Palermo un pentito fa cancellare le accuse contro il latitante Motisi Boss prosciolto da 33 delitti DAL NOSTRO CORRISPONDENTE PALERMO — Assolto per non aver commesso il fatto al maxi-processo e in attesa di essere giudicato a partire da martedì prossimo nel maxi-processo-ter, il boss Ignazio Motisi è stato prosciolto dall'accusa di complicità in ben 33 omicidi. Latitante da anni. Motisi fra l'altro è stato scagionato dall'imputazione di concorso nei delitti del presidente della Regione, Piersanti Mattarella (1980), e de! segretario regionale del pei. Pio La Torre (1982). Era stato anche sospettato di avir svolto un ruolo non secondarlo negli assassinii di alcuni investigatori che sul conto delle cosche l'avevano vista lunga e avevano saputo troppe cose, venendo per questo eliminati: il colonnello e il capitano dei carabinieri Giuseppe Russo e Mario D'Aleo, il vicequestore Antonino Cassarà, il commissario capo Giuseppe Montana e l'agente di soli 20 anni Roberto Antiochia. E' stato il giudice istruttore Giovanni Falcone, il grande accusatore delle cosche, a revocare gli otto mandati di cattura a suo tempo firmati contro Motisi quale corresponsabile di 33 delitti. La decisione di scagionare il boss, indicato da numerosi «pentiti» quale membro attivo della «fami¬ glia» della borgata Pagliarelli, è stata presa dopo un nuovo lungo interrogatorio di Tommaso Buscetta che continua ad essere superprotetto negli Stati Uniti. Ascoltato un'altra volta il 2 febbraio, don Masino a quanto pare ha sfumato la sua posizione accusatoria nei confronti del boss agricoltore e proprietario di numerosi appartamenti co¬ struiti su terreni di sua proprietà ed espropriati nella periferia di Palermo dall'Anas sul finire degli Anni 60. Non si può comunque dire che Ignazio Motisi, che ha 54 anni, se la sia cavata definitivamente. Non sono stati infatti chiusi tutti i suoi conti aperti con la giustizia, il più pesante dei quali riguarda la strage del Natale 1981 a Bagherìa (4 morti) della quale, secondo l'accusa, egli fu il mandante. Il caso di Ignazio Motisi non è da record, almeno per le cronache palermitane. Nelle sanguinose vicende di «Cosa Nostra» altri sono stati accusati di un numero ancora maggiore di delitti come Pino Greco detto «Scartuzzedda» latitante, condannato all'ergastolo, che è stato chiamato a rispondere di 64 omicidi o come Michele Greco, soprannominato il «Papa», che al maxi-processo 1 fu rinviato a giudizio per l'assassinio di 52 persone, e anche lui è stato condannato all'ergastolo. Buscetta aveva parlato di Motisi come di un membro della «cupola», la commissione al vertice della mafia che avrebbe deciso l'eliminazione di decine di avversari tra la fine degli Anni 70 e gli inizi degli Anni 80. Anche Salvatore Contorno e più recentemente Antonino Calderone avevano riferito ai magistrati del ruolo «importante» che sarebbe stato svolto da Motisi che per primo era stato chiamato in causa tanti anni fa da Leonardo Vitale, il «Valachi» di Palermo, assassinato poi a rivoltellate quando fu accertato che non era un visionario. Ma la stessa testimonianza di Calderone era stata sostanzialmente favorevole al boss. Antonio Ravidà
Luoghi citati: Bagherìa, Palermo, Stati Uniti
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