Lo Stato è forte (ma non lo sa)

Lo Stato è forte (ma non lo sa) Troppi cuochi, pessima cucina Lo Stato è forte (ma non lo sa) Lo Stato italiano governa l'economia? Se si leggono le leggi, certamente si. Pochi Paesi dispongono, come quello italiano, di una panoplia cosi ricca di strumenti di intervento. Dal finanziamento sul mercato alla forza lavoro, alla localizzazione degli impianti, ai tipi di molti prodotti, ai prezzi, all'immissione sul mercato, al commercio interno e internazionale delle merci, il governo può controllare, disporre, sanzionare. Ad esempio, ogni bene o servizio, a discrezione del governo, potrebbe vedere a prezzo imposto dall'autorità pubblica. Insomma, l'Italia è un Paese socialista e non lo sa. Il quadro cambia se si guarda la realtà. Le indagini promosse dall'ufficio studi della Confindusuia, ed efficacemente sintetizzate da Luigi Abete, in vista del convegno napoletano di oggi e domani, mostrano che i poteri enormi di cui dispone la pubblica amministrazione sono distribuiti in una miriade di uffici e che attività di indirizzo e attività di gestione sono spesso confuse, per cui vi sono sempre troppi responsabili. E troppi cuochi fanno una pessima cucina. Si potrebbe — è l'opinione di alcuni — essere contenti di questo stato di cose. Uno Stato cresciuto in fretta, dotato di troppi poteri, è pericoloso. E' utile che trovi un contrappeso nella diffusione dei poteri. Ma non era questo il disegno di Montesquieu. Egli pensava a poteri divisi, non a poteri confusi. Il disegno proposto con molta intelligenza da Abete è un altro: ricomporre l'autonomia gestionale, istituendo centri di spesa con effettiva potestà di decisione, che possano, cioè, impegnare la spe; sa e assumere piena responsabilità. Resta, però, aperto il problema del sovraccarico di poteri, che chiama in ballo il Parlamento. Due esempi bastano per illustrare la situazione. Durante gli anni del¬ l'autarchia e subito dopo della guerra, ih Italia, come in altri Paesi, furono introdotti i controlli pubblici sui prezzi e quelli sul commercio delle merci con restero. Si tratta di controlli molto pesanti. Se il prezzo di un prodotto viene fissato dal Comitato interministeriale prezzi, i prezzi diversi eventualmente stabiliti da privati vengono automaticamente sostituiti da quelli determinati dall'autorità pubblica. Nonostante la parziale liberalizzazione di La Malfa del dopoguerra, se un bene è escluso dalla importazione o se è fissato un contingente, non potrà essere introdotto sul mercato italiano. C'è, però, una differenza tra Italia ed altri Paesi europei. In questi, ad esempio in Gran Bretagna, controlli di questo tipo, in termini generali, sono stati abbandonati. Contemporaneamente all'abolizione delle leggi che li prevedevano, sono state adottate altre leggi, quelle dirette ad assi' .are la concorrenza. In Italia, non solo sono tuttora vive queste leggi belliche, ma ci si accinge a introdurre una disciplina nazionale della concorrenza. Ciò non è certo un male. Ma a condizione che le vecchie leggi vengano abrogate. Questo non solo per evitare di procedere sempre per addizione. Ma anche per una ragione più pratica. La disciplina autoritativa dei prezzi non può coesistere con le norme sulla concorrenza. Un'impresa i cui prodotti sono sottoposti a controllo dei prezzi, rifiuterebbe ogni intervento dell'autorità della concorrenza, perché non può essere sottoposta a due controlli, di due autorità diverse, eventualmente contraddittori. i Accanto all'attribuzione,di responsabilità piena a pochi centri di decisione, occorre., dunque, anche razionalizzare la produzione legislativa, abolendo tutte le leggi obsolete. Sabino Cassese

Persone citate: Abete, La Malfa, Luigi Abete, Sabino Cassese

Luoghi citati: Gran Bretagna, Italia