La lunga mano violenta del Mossad di Mimmo Candito

La lunga mano violenta del Mossad La lunga mano violenta del Mossad Riandiamo a 15 anni fa, l'aprile.del 73, a Beirut. L'emigrazione palestinese, la prima, dei campi più vecchi, ma poi anche la più recente, disperata, in fuga dal Settembre Nero di Amman, era diventata già una delle componenti fondamentali del mosaico libanese, e la direzione politica dell'Olp si era trasferita quasi integralmente dalla Giordania e dalla Siria in quella capitale brulicante di fedi e di desideri, nel quartiere di Fa.lw.ni, non lontano dall'Università araba e dall'ospedale. . Con i palestinesi, si era naturalmente spostata a Beirut anche una buona parte della rete di informatori e di infiltrati del servizio segreto israeliano. E il loro primo obiettivo fu il palazzone dove s'erano sistemati alcuni dei più importanti uffici dell'Olp: là lavoravano, e ci abitavano anche, il portavoce dell'organizzazione Kamal Nasser, il cosiddetto «ministro degli Esteri- palestinese Muhammad Najar, e il capo delle operazioni militari nei territori occupati, Kamal Adwan. La rete locale del Mossad preparò l'arrivo a Beirut di 5 agenti della squadra speciale chiamata «Fionda di David», tutti con un falso passaporto europeo; e per l'intero mese di marzo e per metà aprile, i 5 falsi turisti badarono soltanto a studiare la logistica serrata del quartiere, gli spostamenti dei loro bersagli, la preparazione dell'attacco. La notte del 13 l'operazione scattò con uno sbarco di commandos lungo la costa a Sud della città, e con un assalto al campo profughi di Sabra, sulla strada dell'aeroporto; ci fu una piccola battaglia che fece più di 30 morti, ma era soltanto un diversivo. Mentre l'attenzione dellet forze palestinesi si concentrava su Sabra, i cinque agenti del Mossad più altri tre uomini arrivati in loro aiuto penetrarono negli uffici dell'Olp mentre una squadra di guastatori eliminava le guardie del corpo, e uccisero nelle loro abitazioni', davanti alle loro stesse famiglie, Nasser, Najar e Adwan. Le similitudini tra i due attentati — quello di 15 anni fa nel Libano nuova sede dell'Olp, e l'uccisione l'altro ieri di Abu Jihad nella Tunisia nuova sede dell'Olp — sono notevoli. E anche se la dinamica di un'operazione dei servizi segreti non è sufficiente a determinare le reponsabilità e i mandanti, quanto si è saputo in questi due giorni dalla morte di Abu Jihad contribuisce a rendere più certo quello che domenica sembrava soltanto verosimile p comunque possibile. Il servizio segreto israeliano è uno degli strumenti essenziali della guerra che il governo di Tel Aviv combatte contro l'Olp; la sua importanza, e il suo ruolo, sono secondi soltanto ai veri e propri interventi militari in forze, come i bombardamenti ripetuti dei campi profughi, l'invasione del Libano, l'assedio di Beirut. Ma mentre i servizi segreti delle democrazie dell'Occidente vengono riportati sempre a un controllo politico, che comporta poi giudizi pubblici e responsabilità dei governi, quello israeliano si è mosso sempre con una spregiudicatezza e una spietatezza che i governi di Tel Aviv hanno ben coperto sempre, Due anni fa Walter Laqueur, che è il maggior esperto americano di spionaggio e di terrorismo, nel suo A World of Secrets pubblicò anche un attento profilo dei servìzi segreti israeliani, riconoscendone due caratteri fondamentali: che «hanno usato molta più violenza di altri servizi occi¬ dentali», e che «per molti anni sono stati una sorta di secondo ministero degli Esteri»; in altre parole, che hanno fatto la politica internazionale del governo, e che è stata sicuramente una politica violenta. Va precisato che Laqueur scrive anche che «Israele è, e si sente, una nazione assediata, e la priorità assoluta concessa ai servizi segreti diventa una questione fondamentale, di sopravvivenza»; ma gli studi compiuti in questi anni sui rìschi di una progressiva •militarizzazione- della società israeliana hanno dimostrato una pericolosa commistione tra uomini delle Forze armate, dei servizi di Intelligence e potere politico. Tanto che Yoran Perry, consigliere di Rabin quando questi era premier, ha contato «un primo ministro, 2 viceprimi ministri, 2 ministri degli Esteri, 2 ministri della Difesa, e innumerevoli ministri che sono diventati uomini di governo direttamente dai loro comandi militari». / servizi di Intelligence israeliana sono formati da tre organismi: Z'Aman, che è il servizio segreto militare ed è il più numeroso, con 7 mila agenti; lo Shin Bet. che è il servizio di controspionaggio e agisce sul territorio nazionale, con un migliaio di agenti; e il Mossad, che controlla tutte le informazioni e le operazioni all'estero, con duemila agenti coordinati da 500 ufficiati. Dal 72, il Mossad ha colpito, a quanto si sa, più di 40 volte, assassinando leader palestinesi quasi dovunque: cominciò a Beirut col poeta Ghassan Kanafani, poi a Roma con Wael Zwaiter, e in seguito Abu Sharar e Kamal Hussein; a Parigi, Mahmud Hamshari e Basu Kubaisi e Mohamed Budya, a Nicosia Abu Samil e Zayad Murchesi, e un lungo elenco di nomi che tocca un po' tutte le capitali europee. Le complicità tra i vari servizi segreti sono estese e praticamente insondabili, e le coperture intrecciate spiegano azioni e impunità: tante che la scoperta del caso della spia Pollard, due anni fa in Usa, si chiuse, almeno per quello che riguardava il Mossad. con la decisione concordata di «sciogliere l'unità dell'Intelligence coinvolta nell'operazione». A Sidi Bou Said, sabato notte, è probabile che si siano ripetuti copioni ormai scontati. Mimmo Candito