Israele, solo il governo nega di Guido Rampoldi

Israele, solo il governo nega Fonti militari confermano: il vice di Arafat assassinato dai servizi segreti Israele, solo il governo nega In Tunisia un commando di sommozzatori e unità scelte fuggito via mare - Per Sharon «giustizia è fatta» - Neppure Peres si sarebbe opposto Il Ramadan comincia con 2 morti DAL NOSTRO INVIATO GERUSALEMME — Il trasparente velo dei «no commento è caduto definitivamente ieri, quando Ariel Sharon, il «falco» più estremista del governo israeliano, ha salutato l'omicidio di Abu Jihad con una dichiarazione di vittoria: -Giustizia è fatta-. Più tardi le forze armate, attraverso il «nulla osta» della censura militare, hanno confermato implicitamente — e in forma anonima — ciò che ormai era abbozzato su tutti i giornali di Israele: è stato il Mossad, su delega del governo di Gerusalemme, a organizzare l'eliminazione del numero due dell'Olp, ucciso venerdì notte nella sua villetta in Tunisia da un commando di sommozzatori d'assalto e unità scelte dell'esercito poi prelevato sulla costa da unita militari. La cauta smentita di un portavoce militare, e quella del primo ministro Shamir all'analoga versione fatta propria dalla rete televisiva americana Nbc, vengono considerate nient'altro che formalità. Ariel Merari, l'esperto del Centro di studi strategici di Tel Aviv, che aveva interpretato l'attentato nella chiave di un regolamento di conti interno all'Olp, adesso ammette che c'è mun'eco domestica* nei fatti di Tunisi. Se quest'operazione in perfetto stile israeliano ha suscitato perplessità nel governo, esse non trapelano. Il ministro degli Esteri, Peres, si è limitato a esprimere la speranza che l'assassinio non congeli un processo di pace peraltro agonizzante; ma anche Peres, secondo la ricostruzione della Nbc, avrebbe votato pollice verso quando si è decisa la condanna a morte di Abu Jihad. Si voleva colpire l'uomo che aveva organizzato il raìd terrorista nel Neghev; ma soprattutto dare una dimostrazione di onnipotenza militare alla rivolta araba, scoraggiare ed esasperare, per far precipitare il conflitto e affrettare il momento di un definitivo e drammatico confronto finale: più eloquenti dei silenzi seguiti alla morte di Abu Jihad, i fucili dei soldati israeliani hanno confermato ai palestinesi l'impressione che il disegno sia quello. •Hanno fretta di chiudere la partita-, dice un giornalista arabo enumerando gli uccisi in quarantott'ore, saliti a 22 con i due di ieri — nove anni il più piccolo —, secondo un bilancio che potrebbe peccare per difetto o per eccesso, dato che ormai è diventato quasi impossibile tener dietro a tante sparatorie L'esercito ha imprigionato l'ira palestinese in un reticolo di coprifuochi steso sul territori occupati, su tutti i principali campi di rifugiati, su quartieri e città. Ma la calma che regnava ieri mattina a Gaza era soprattutto l'effetto del Ramadan e del periodo di lutto — tre giorni che scadono stasera — decretato dai filo-Olp e dai fondamentalisti, di nuovo uniti. Isolate colonne di fumo nero che si levavano dal campo di Jebalia dicevano quanto fosse apparente quella quiete; e bastava che un gruppetto di cinque ragazzi — il più piccolo avrà avuto sei anni, il più grande venti, con un passamontagna sul viso — incendiasse un copertone nella via principale, che subito su quella strada vuota comparissero altri giovani: incerti, guardinghi. E poi l'esercito. In un attimo la strada è tornata deserta. I soldati hanno fermato una macchina e imposto ai tre a bordo di togliere i sassi e i resti di copertone seminati sull'asfalto. Per essersi rifiutata a quella corvée ormai applicata abitualmente, una ragazza di 18 anni ieri sarebbe stata mitragliata nella schiena, afferma la radio giordana; l'esercito smentisce: Gli scontri veri e propri arrivano con la notte, ed è allora che, trasportati in macchina o sui carretti trainati dagli asini, i feriti arrivano in ospedale. Nessuno si illude che questa sera sarà diverso: si concludono i tre giorni di lutto, e à Damasco l'Ólp seppellisce Abu Jihad, con esequie che sono anche un importante atto politico, il suggello al riawicinamento tra Arafat — che sarà presente, fa sapere un suo portavoce — e la Siria. Dopo • anni di guerra senza esclusione di colpi, prima in Siria e poi in Libano, i due grandi nemici sembrano tornare a collaborare. Cosi l'assassinio di Abu Jihad sembra mettere in luce il grande rischio implicito in quell'opzione militare di cui è prigioniera Israele. Lentamente, segmenti di un fronte arabo che sembrava definitivamente dissolto vanno ricompattandosi. Nella stessa rivolta palestinese l'anima fondamentalista e Al Fatali hanno trovato in queste ore un'improvvisa unità, come dimostrano i volantini dei primi, che hanno indetto il «lutto nazionale- per la morte del braccio destro di Arafat. Riusciranno i Gentili, cioè gli occidentali, a salvare Israele dagli israeliani?, ha chiesto provocatoriamente all'uditorio di un teatro di Tel Aviv il professore Leibowitz, uno dei più noti filosofi del Paese. Guido Rampoldi