Firenze affoga nei rifiuti

Il governo il bottino la decenza Cattivi Pensieri Il governo il bottino la decenza E' regola di ogni sano sistema democratico che il presidente del Consiglio designato scelga da sé i propri ministri e risponda del loro operato. Non si capisce infatti come possa essere coordinato ed efficiente un governo nel quale ogni dicastero tende a decidere per proprio conto, magari nell'interno di un singolo partito, e a garantire promozioni, assunzioni e appalti a senso unico. Anche la Costituzione riconosce questa giusta prerogativa del presidente, ma si tratta di una regola che non potrebbe venire disattesa più clamorosamente. In mancanza d'un partito che detenga la maggioranza assoluta, questa può essere assicurata soltanto da ""dizioni negoziate: ma ra. >ne e decenza vorrebberr la trattativa si concentrasse sulla sostanza delle cose, cioè sul programma e la persona del futuro capo del governo, lasciando poi a lui di designare le persone fidate e competenti con le quali si sente in grado di realizzarlo. Invece, niente di tutto questo. Anzitutto le forze politiche coalizzate si spartiscono i ministeri, non solo numericamente, ma soppesandone col bilancino il prestigio, il riflesso elettorale e l'effettivo potere, in termini di scelte da adottare e di fondi di cui disporre. Poi si passa alla scelta delle candidature, che non avviene in base a competenze specifiche, ma solo in funzione dei gruppi di potere nei partiti, dando luogo a una seconda spartizione fra correnti, capi storici e rampanti emergenti. Il risultato finale assomiglia di più a una spartizione del bottino che a una divisione di compiti tra alleati solleciti solo del bene comune. Tutta questa è storia vecchia e non riuscirebbe più a stupire, se non stesse superando i limiti del comune senso del pudore. La teoria implicita in tale sistema è che chiunque può fare il ministro di qualunque cosa e che il politico non abbisogna della minima competenza. Prendiamo a esempio quest'ultimo ministero, che l'on. De Mita si appresta a dirigere, più rassegnato che convinto. Poche sono le novità, se si tien conto del lun- go travaglio del parto, e pochissime le facce nuove; chi nel ministero è rimasto, ma ha cambiato poltrona, sembra voler ribadire che ciò che conta è il potere e non il sapere: chi dalla vecchia poltrona non s'è mosso assume in certi casi l'aria del recidivo. Aspetto sempre che qualcuno mi spieghi che cosa renda sia pur vagamente plausibile la presenza del calamitoso Carlo in bretelle al ministero della Sanità. Aspetto sempre di capire perché i Lavori Pubblici debbano essere feudo riservato dei socialdemocratici, passando da un maestro di scuola a un magistrato, senza che mai si pensi a un ingegnere, a un geometra o a un capomastro di soda esperienza. Giunto alla segreteria del Sole calante, l'on. Cariglia ha voluto voltare pagina in modo deciso, escludendo non solo i ministri in carica nel passato governo, ma anche tutti i rivali interni recentemente sconfitti. Assistiamo così al ripescaggio dell'ex on. Ferri, già messo in disparte sia dal partito che dagli elettori, e alla promozione al ministero dei Beni Culturali della sen. Vincenza Bono Parrino, già insegnante d'italiano e storia delle medie dalle parti di Trapani e parlamentare da meno di un anno quale «erede» del seggio per l'addietro occupato dal suo scomparso marito. Chiamata a sostituire l'on. Vizzini del suo stesso partito e della stessa isola — terzo consecutivo ministro siciliano ai Beni Culturali, quasi l'avvio di un monopolio — la senatrice ha rilasciato una simpatica intervista. Scrivo «simpatica» pensando alla naturalezza disinvolta e alla garbata modestia, ma dovrei aggiungere agghiacciante. Dopo aver dichiarato di non essere al corrente dei progetti del predecessore e in particolare di quelli di un'ambiziosa «programmazione», enuncia propositi seri: ((Devo studiare, raccogliere elementi, e poi programmare». Par di sentire Luigi Einaudi e il suo: Conoscere per deliberare. Ma subito lo scoramento più nero ci investe: «Per una settimana mi chiuderò nel mio ufficio al ministero, continua la sen. Bono. Sono abituala a lavorare e lavorerò sodo». Dell'intensità di questa severa applicazione non mi permetto di dubitare, ma una settimana, gentile signora, le sembra decente? Se lei è incompetente in materia, come onestamente riconosce, perché non ha rifiutato? Se i suoi programmi sono quelli di «educazione nella scuola», veda di studiarsi in incognito le torme di ragazzini in libera uscita, che scorrazzano per i musei, inquinano l'aria condizionata (quando c'è), giocano o s'annoiano svagati e scontenti. La situazione dei Beni Culturali in Italia è disastrosa, perché ne abbiamo troppi, e pochi soldi per restaurarli ed esporli, e troppe distrazioni per impedire i furti, e una visione museale e turistica dei Beni stessi che impedisce di coglierne il significato più pregnante, che è quello di strumento di cultura e di progresso. Certo, nulla si tralasci per rendere più accoglienti e sicuri luoghi illustri come Brera, gli Uffizi, Capodinionte e cento altri, ma lo strumento primo, il supporto indispensabile per la crescita culturale di un Paese, sono le biblioteche. Qui siamo sotto il livello del Terzo Mondo. Qui veda d'indirizzare il suo primo programma e lo faccia a muso duro e con vista lunga. Per smuovere le indolenze e i privilegi dovrà mostrare, signora, un coraggio virile.

Persone citate: Brera, Cariglia, Cattivi Pensieri, De Mita, Luigi Einaudi, Vincenza Bono Parrino, Vizzini

Luoghi citati: Italia