INTERROGATIVI DOPO LA VENDITA DI VILLA SAVOIA

Le mani sul verde di Roma INTERROGATIVI DOPO LA VENDITA DI VILLA SAVOIA Le mani sul verde di Roma La residenza reale in cui Mussolini fu arrestato pagata quasi 19 miliardi da una società anonima - Ma i 56 ettari di parco sono inedificabili - Purtroppo, i giardini patrizi, da Villa Ludovisi a Villa Torlonia, fanno spesso una triste fine: in mano alla speculazione oppure ai vandali ROMA — Maria di Savoia vedova Borbone Forma (benestante), Giovanna di favoto vedova Sassonia Coburgo Gotha (benestante), Ottone d'Assia (archeologo), Pier Francesco Calvi di Bergolo (operatore turistico) sono alcuni del nomi elencati, con le rispettive qualifiche, nell'atto di vendita di Villa Savoia, o Villa Ada, per 18 miliardi e 800 milioni. Acquirente la società 'Villa Ada 87 S.pA.. i cui azionisti hanno pagato quél presso per l'edificio principale, i fabbricati annessi e 56 ettari di parco. Un folto di pini romani, palme, lecci, querce, cipressi, qualche sughera, con ampi respiri di prati verdi, destinato a parco pubblico dal piano regolatore della capitale, con l'aggiunta di un vincolo approvato nei giorni scorsi dal Consiglio comunale. La curiosità immediata va a quell'elenco di venditori di gran nome. Giovanna di Savoia, 81 anni, è l'ex regina di Bulgaria. Sua sorella Maria, 73 anni, é l'ultimogenita di Vittorio Emanuele III. Avevano ereditato, insieme con i figli e nipoti di Mafalda e di Jolanda, la villa acquistata dal piccolo re nel 1904 per farne la sua residenza preferita. Immancabile richiamo storico: il 25 luglio 1943 Mussolini entra a Villa Savoia, viene arrestato, ne esce in autoambulanza. Ma storia e curiosità dinastiche cedono a un interrogativo più assillante: per quali fini una società che si dice appartenga a noti finanzieri ha comprato una villa presumibilmente Intoccabile, unita a 56 ettari inedificabili perché destinati a parco? O si tratta di nuovi principi del Rinascimento per ricchezza e gusto del bello, o si tratta di qualche manovra resa probabile da quanto è accaduto finora in altre aree romane destinate a parco. Vedi i dintorni dell'Appia antica, il Parco di Velo, l'ansa del Tevere a Tor di Quinto liberata in extremis dalla minaccia del Centro telecomunicazioni Bai ma già manomessa largamente da insediamenti dei carabinieri. Renato Bocchi, uomo d'affari romano, ha smentito più volte di essere tra gli acqui renti di Villa Savoia ma ha anche detto: «Con me proprietario la villa e il parco non si toccano. Non intendo farvi alcuna speculazione» E si è scagliato contro la «demagogia» di quei Verdi che vorrebbero tutti i parchi aperti al pubblico. Ha ricordato che proprio la parte pubblica dei verde di Villa Savoia (66 ettari erano già passati allo Stato nel 1957 in quanto proprietà personale di Umberto II) è in condizio- ni di abbandono. Si è riaperta cosi la polemica su una questione trascinata penosamente da decenni: la gestione delle ville storiche e dei loro parchi nella capitale, patrimonio prezioso in una città che ha 2,82 metri qua-' drati di verde per abitante. Salgono a poco più di 8 metri quadrati tenendo conto di giardini in abbandono e di parchi rimasti sulla carta. Lottizzato La gestione pubblica è stata sinora pessima e deludente, tanto da offrire buoni pretesti-a chi preferisce la scelta, del privato,' dimenticando perà che investimenti così grandi raramente hanno il fine di pura conservazione ed escludono l'ipotesi di apertura agli abitanti di quartieri vicini, poverissimi di spazi verdi. La storia e le cronache di Roma insegnano qualcosa, a partire dalla distruzione del parco di Villa Ludovisi, lottizzato dal principe Ludovisi stesso con la Società generale immobiliare. Altre ville con giardini storici subirono sorte analoga, contro le prescrizioni del pur pessimo piano regolatore del 1883. L'aristocrazia alleata a grandi imprese ebbe una grossa parte nel «sacco di Roma, che seguì il trasferimento della capitale da Firenze, protraendosl fino ai primi anni del "900. I Torlonia e i Borghese disponevano di oltre 40 mila ettari verdi. cui si aggiunsero i 2000 della famiglia Savoia. Villa Borghese si salvò perché passata al Comune. Ai nostri giorni il «terzo sacco di Roma» è avvenuto a spese del verde residuo dei Parioli e del Nomentano, delle fasce ai lati dell'Appia antica e dell'Aurelia antica, dei colli, del Tevere. Si può ribattere che il passaggio alla proprietà pubblica ha evitato la speculazione edilizia ma ha causato la decadenza di ville e giardini. E' questo un tìpico male italiano con punte estreme a Roma, però non senza eccezioni. In altre città grandi giardini storici e parchi .sono aperti àì pubblico'con risultati eccellenti. A Genova i parchi di Nervi sono un modello di gestione (lo straordinario roseto). I visitatori sono molti ma non causano danni: quando un parco è ben tenuto e chiuso di notte assolve una funzione educativa e incute rispetto, anche senza rigorosa sorveglianza. A Roma l'incuria causa ulteriori rovine. Villa Torlonia è il primo esempio. Il palazzetto già abitato da Mussolini è in abbandono, avvolto da un recinto con cartelli che indicano pericolo. Qualche aiuola, come quelle situate all'ingresso (l'obelisco sfregiato con pennarelli) è fiorita e ben curata. Ma il parco è degradato a dispetto dei pochi giardinieri. I ragazzi che non hanno sfogo altrove vengono a giocare al pallone e i prati un tempo verdi sono spellati, n laghetto è asciutto come le fontane monumentali. La limonaia è deserta e sigillata, ha un aspetto cadente come la 'Casina delle civétte: Non si vedono più statue fatte a pezzi: i sacclieggi sono esauriti o frenati da quando il Comune ha assunto un guardiano di notte. Se Villa Torlonia sta male, Villa Daria Pamphili non è in condizioni brillanti. Acquisita nel 1970 col più grande parco privato della capitale (147 ettari) aspetta ancor oggi di rappresentare concretamente una affermazione della 'Cultura verde' che sembrava entrata in. Campi' doglio. R Comune aveva studiato col contributo di.Italia Nostra un piano organico: recupero degir edifici sùll'Aurelia antica, restauro del verde, esclusione di spettacoli e attività collettive che potessero danneggiare alberi, siepi, prati. Tutto o quasi tutto rimase sulla carta, mentre le statue del giardino all'italiana, sotto il palazzetto dell'Algardi, venivano spezzate per facilitare il trasporto agli autocarri di mercanti clandestini. Otto miliardi Da Villa Daria Pamphili scomparvero persino le piante di agrumi del 'parterre*. Segno di negazione della cultura del verde condivisa a parole fu l'impianto di salici, abeti, cipressi dell'Arizona, tutti estranei all'ambiente, mentre non si sostituivano i pini romani avviati al tramonto essendo stati messi a dimora nel 1600. Oggi la situazione del parco sta migliorando, mi dicono, per merito, dell'assessore all'Ambiente Gabriele Alciatì. Ma lìiso del palazzetto restaurato rimane incerto, essendo di proprietà dello Stato , che , l'adibisce . a sede di rappresentanza della presidenza del Consiglio (la divisione di proprietà fra Stato e Comune si ripete in altre ville storiche, con effetti paralizzanti). Gli spazi verdi, privi di adeguata sorveglianza, continuano ad assolvere funzioni improprie come sfogo dei quartieri periferici, contro i dettami della Caria dei giardini storici che raccomanda una frequentazione moderata, ovvero un numero chiuso in rapporto alla capacità e alla fragilità dei luoghi. L'amministrazione comunale ha stanziato 8 miliardi per le ville storiche e i loro parchi. Vedremo se sarà capace di spenderli e come. Nel 1984 erano stati stanziati 4 miliardi ma rimasero in cassa. L'incapacità del Comune a conservare e gestire civilmente il verde acquisito da privati sembra cronica e proprio Villa Savoia, oggi al centro del dibattito, richiama alla memoria promesse mai mantenute. Nel lontano 1957, sindaco Cioccetti, ci fu una gran festa con distribuzione di porchetta al forno per celebrare il passaggio al demanio di 66 ettari che rappresentavano la quota di Umberto II. Quella parte di Villa Savoia o Villa Ada non è un vero parco dopo trentanni. «Se questi sono i precedenti, meglio lasciare la villa, e la parte di parco annessa, a chi l'ha comprata», dicono i fautori del privato. , ,£'.pccQ.c&dlbile.che la so-^ cietàr « Villa Ada S.pA.; pre-: siderite Agostina. Guarnieri ■di Brenzone, albergatore, nipote" di 7óUm3à~'dl Savoia, contemporaneamente venditore e acquirente, abbia speso 18 miliardi per colmare il deficit di verde del pubblico del quartiere oppure per dare sede sontuosa a una fondazione culturale, a un museo, a qualcosa che non abbia fini di lucro. Se non esistono mire occulte, le finalità dell'acquisto vengano dichiarate con impegni precisi, accettando i dovuti vincoli sull'edificio e sul parco e sottoponendo la destinazione d'uso al giudizio competente. Fra tante parole sui progetti di 'Roma capitale' e di 'Roma 2000' se ne aspettano poche ma chiare sulla sorte di Villa Savoia e dei parchi urbani troppo a lungo trascurati. Mario Fazio Roma. Uno scorcio di Villa Savoia, immersa in 56 ettari di verde. Il parco è già in parte pubblico