Una sconfitta lunga nove anni

Afghanistan anno zero KArmata Rossa se ne va, la pace è ancora una speranza lontana Afghanistan anno zero A Ginevra si sono chiusi solo gli aspetti internazionali del conflitto - Ma il Cremlino è riuscito a sanare una ferita sanguinosa Una sconfitta lunga neve anni DAL NOSTRO CORRISPONDENTE MOSCA — Quando, il 15 maggio, le truppe sovietiche cominceranno a ritirarsi dall'Afghanistan, Mikhail Gorbaciov potrà vantare qualche solido argomento di fronte ai suoi compagni di potere. Potrà vantare, con loro, di aver sanato quella ••ferita sanguinosa- che aveva denunciato fin dal suo arrivo al Cremlino. Potrà vantare uh successo del .nuovo pensiero, in politica internazionale. Ma. soprattutto, di aver eliminato una situazione difficile militarmente, dolorosa umanamente e socialmente, ingombrante politicamente, e imbarazzante economicamente. Dal giorno dell'invasione, il 27 dicembre del 1979, la guerra d'Afghanistan è stata infatti una costosissima avventura, per l'Urss. A cominciare dal terreno militare. In otto anni, sono stati uccisi quasi quindicimila soldati sovietici, secondo stime di diplomatici occidentali a Mosca e a Kabul: pressapoco il dieci per cento del contingente inviato da Breznev; pressapoco trenta-quaranta uomini al giorno. Le perdite di armi e materiali sono state enormi: tre o quattro carri e veicoli blindati per il trasporto truppe distrutti ogni giorno, dallo scoppio di mine o in imboscate dei guerriglieri musulmani; decine e decine di aerei abbattuti. E 1 rovesci sul campo sono stati umilianti. A Salang, per esempio, dove nel 1982 un attentato della resistenza uccise oltre mille soldati, settecento dei quali sovietici. O a Nangarhar, dove nell'87 oltre mille uomini dell'Armata Rossa sarebbero stati uccisi, in quella che la guerriglia musulmana definì «la nostra più grande vittoria*. O, più in generale, nella persistente incapacit*- di vincere: di avere la meglio, nonostante la superiorità dei mezzi. Tutto questo, naturalmente, ha avuto conseguenze economiche molto serie: anche se non sono note le spese militari direttamente legate all'Afghanistan, quasi nove anni dì guerra hanno certo rappresentato un enorme impiego di risorse, che l'avvio della riforma eco¬ nomica reclama verso altri obiettivi. Ma tutto questo ha avuto, anche, un risvolto umano e sociale sempre più visibile e prepotente, nell'Urss di Gorbaciov; sempre meno occultabile, in tempi di glasnost. Il ritorno di migliaia di soldati dall'Afghanistan ha posto all'improvviso la società sovietica di fronte al problema di una guerra lontana, ha rivelato al Paese il dolore di famiglie distrutte, di giovani incapaci di reinserirsl, feriti nel corpo e nella mente. Da qualche tempo, la guerra d'Afghanistan rischiava inoltre di esasperare il problema delle nazionalità. Notizie ricorrenti, anche se non confermate ufficialmente, parlavano di interi reparti di soldati uzbeki o kazakhi, di religione musulmana, sostituiti da altri più «fidati., inviati da Mosca: le infiltrazioni della guerriglia stavano diventando sempre più pericolose. Ma sono stati i costi politici complessivi a orientare, soprattutto, la decisione del Cremlino. Il boicottaggio delle Olimpiadi di Mosca, nel 1980, resterà per sempre 11 simbolo della quarantena politica nella quale l'invasione fece precipitare l'Urss. Poco dopo, venne l'embargo sulle vendite di grano americano. Venne là condanna di un centinaio di Paesi, all'Onu: una condanna ripetuta ogni anno, e sostenuta da una maggioranza sempre più compatta. Venne, soprattutto, la caduta di credito e prestigio tra i Paesi del Terzo Mondo, in primo luogo quelli musulmani: a partire dal gennaio del 1980, la Conferenza islamica ha condannato ogni anno l'Unione Sovietica. Un groviglio, una .ferita, che Gorbaciov ha ereditato e ha voluto subito sanare una volta arrivato al Cremlino, come ha rivelato nei giorni scorsi Willy Brand. La svolta, probabilmente, Gorbaciov ha dovuto imporla, a qualche frangia, del potere poco favorevole alla prospettiva di un ritiro: quello dall'Afghanistan sarà il primo ritiro dell'Armata Rossa da un Paese straniero, dopo la Seconda guerra mondiale. e. n.

Persone citate: Breznev, Gorbaciov, Mikhail Gorbaciov, Willy Brand