Bombe: Iraq sotto accusa di Giovanni Bianconi

Bombe: Iraq sotto accusa Il governo e l'ambasciata a Roma coinvolti nel traffico di armi Bombe: Iraq sotto accusa Un credito di 10 miliardi per pagare le 27 ditte italiane incaricate di costruire le parti degli ordigni Il titolare di un'azienda: «Ci avevano detto che si trattava di ricambi per elettrodomestici» ROMA — L'ambasciata irachena in Italia è direttamente coinvolta nel traffico clandestino di armi tra Roma e Baghdad che avveniva spacciando le parti necessarie alla costruzione di bombe per utensili e ricambi meccanici apparentemente innocui. I carabinieri hanno rivelato che la rappresentanza diplomatica aveva aperto una linea di credito del valore di 10 miliardi di lire per pagare le ventisette ditte italiane incaricate di costruire i pezzi di bombe. Inoltre la società, di Importexport «Faimpex», delegata a coordinare il traffico e titolare del credito, svolgeva a Roma le funzioni consolari per conto dell'ambasciata. Alla dogana di Fiumicino arrivavano da mesi migliaia di cartoni destinati a Baghdad. Le bolle di accompagnamento parlavano di filtri per lavatrici, piedini di plastica da montare sotto 1 tavoli, rubinetti per il gas. Ma le spropositate quantità di •utensili» hanno finito per insospettire carabinieri e guardia di finanza. Aperti i pacchi e messi insieme 1 singoli pezzi, gli esperti si sono accorti che ne veniva fuori la micidiale bomba Cluster pronta per l'uso. Mancava solo l'esplosivo e il detonatore. L'ultimo carico di bombe, novantuno colli, doveva partire il 27 marzo scorso col volo speciale 264 della .iraqi Airways», un Jumbo-combi che trasporta sia merci che passeggeri. Ma tre giorni prima, 11 24, i carabinieri hanno portato via da un hangar di Fiumicino 26 tonnellate di finti utensili destinati ad essere impiegati nella guerra tra Iraq c Iran. Nel frattempo, a Roma, veniviv no arrestati 1 due iracheni che tiravano le fila del traffico. Un terzo è tuttora latitante La responsabilità del governo iracheno in questa vicenda sarebbe provata anche dal ritrovamento, nell'auto di uno del due arrestati, dei disegni originali delle varie parti di bomba ordinate alle imprese italiane, curati dal ministero della Pianificazione di Baghdad. Le stesse autorità irachene erano destinatarie delle spedizioni. Ora del caso sarà investito il nostro ministero degli Esteri. Non è escluso infatti che dalle indagini emerga il coinvolgimento diretto di qualche diplomatico coperto dall'immunità. Per adesso i personaggi implicati nel commercio clandestino di bombe restano tre. I due arrestati sono Hamoudl Jaffar Kassin, 31 anni, di Baghdad, e Ahmad Al Kodsi, 30, iracheno di nascita ma naturalizzato italiano dpj 1985. Entrambi sono impiegati della «Faimpex», e si trovano in Italia dal 1977. .Ti latitante è Al Baiati Falsai, iracheno anche lui, titolare della società incrimiiiata: «Faimpex» altro non voleva dire che la sigla di Falsai import-export. Di Falsai i carabinieri si erano già interessati nel corso di alcune indagini sul terrorismo medio-orientale. Ora l'hanno già localizzato all'estero, forse negli Usa. Per tutti e tre l'ordine di cattura firmato dal giudico Sica parla di fabbricazione, detenzione ed esportazione di armi da guerra. La bomba Cluster, di fabbricazione statunitense, viene utilizzata come ordigno antl-carro e anti-uomo, ma con l'introduzione di un par- ticolare congegno elettronico (che non è stato trovato tra il materiale in partenza dall'Italia), può essere fatta esplodere in un secondo momento, e quindi funzionare da mina. Sui caccia iracheni ne vengono montate insieme circa 140, per essere lanciate sui territori di guerra. Per aggirare i vari embarghi verso l'Iraq, uno del quali è stato decretato anche a Washington, i responsabili delle forze armate Irachene hanno escogitato l'ingegnoso sistema di smontare un esemplare della Cluster ed ordinare alle ditte italiane la costruzione dei singoli pezzi attraverso la «Faimpex», senza dire nulla dell'uso finale che ne avrebbero fatto. Questa almeno è la versione fornita dalle ditte della Lombardia, della Toscana e del Lazio che sono entrate nel traffico. Versione accreditata per il momento anche dagli Inquirenti. I responsabili della «Falmpex» si presentavano alle ditte col progetto del pezzo da costruire, mandavano gli spedizionieri a ritirare la merce e pagavano a commessa esaurita. I nomi delle Imprese Italiane non sono stati resi noti. OH Inquirenti assicurano che non c'è per ora nessun collegamento con fabbriche d'armi vere e proprie. Una delle ditte coinvolte è il consorzio «La Ferriera» che ha vari stabilimenti a San Marcello Pistoiese, in Toscana. L'ordinazione per questa ditta ammontava ad un valore di due miliardi. 'Dai disegni non potevamo sapere di cosa si trattasse — ha detto ieri un rappresentante del consorzio — e del resto ordinazioni di componenti di questo genere ne riceviamo in continuazione. A noi hanno detto ette si trattava di ricambi per elettrodomestici'. Alla «Ferriera» la «Falmpex» doveva ancora pagare 500 milioni, e adesso 1 titolari del consorzio dicono che per le loro aziende c'è il rischio della chiusura. Un'altra difta «ingannata» dagli Iracheni è la «Talt», in provincia di Milano. Secondo gU inquirenti sono molte le imprese che saranno costrette a chiudere i battenti dopo la scoperta di questo traffico. Oltre al materiale sequestrato a Fiumicino, 16 tonnellate di pezzi di bombe sono stati trovati presso uno spedizioniere alla periferia di Roma, 7 tonnellate nel magazzini delle sei ditte milanesi coinvolte nella vicenda, 3 tonnellate e mezzo nel Varesino, 8 in provincia di Pistoia. Giovanni Bianconi

Persone citate: Ahmad Al Kodsi, Cluster, Jaffar, Sica