La tela di Fermi

La tela di Fermi LA SCUOLA DEI FISICI ITALIANI La tela di Fermi Qualche anno fa, tra gì storici della scienza era vivace la polemica tra «internisti» ed «estemisti». Tra coloro, cioè, che interpretano lo sviluppo della ricaca scientifica in chiave degli orientamenti teorici generali di un'epoca e dei problemi tecnici in questa urgenti, e coloro che lo interpretano, invece, nella chiave dei condizionamenti sociali ed economici della situazione storica in cui la ricerca si svolge. Come spesso capita nelle polemiche, entrambi i contendenti avevano qualche ragione, che si tramutava però in torto quando si rendeva esclusiva la chiave d'interpretazione. Sicché si giunse ai paradossi, ad esempio, o di «derivare» la scienza moderna dal sorgere stesso della società mercantile o di «spiegarla» come mero frutto di una cambiata visione filosofica. Oggi quelle polemiche si sono attenuate. E anche tra gli storici della scienza è viva la convinzione che la «totalità» è l'idea regolativa di una ricerca. L'ideale dello storico è di non chiudersi in un unico schema interpretativo e usare piuttosto la variata gamma di schemi «internisti» ed «estemisti», opportunamente intrecciati in rispondenza alla situazione che si tratta di descrivere. L'applicazione di tale ricetta non è certo di per sé garanzia di buoni risultati. L'essere un bravo storico, come l'essere un bravo cuoco, non dipende solo dal ricettario che si usa. L'uso della ricetta, del resto, è assai più difficile quando si tratta di ricostruire ampi periodi di storia, come quello delle «origini della scienza moderna». Non è casuale, infatti, che proprio a proposito di tali «origini» si siano acuite le polemiche unilaterali tra «internisti» ed «csternisti». ★ ★ La ricetta è tuttavia utile r^'Jrìfostruoone rdf *£e#òdi plù'taetf della ricerca scientifica; 'specie di quella contemporanea, in cui l'importanza dèlia componente tecnologica appare sempre più chiara. E significativo il fatto che Enrico Fermi, mentre negli Anni Trenta aveva posto in Italia le basi della fìsica del neutrone, abbia posto nei primi Anni Quaranta, in America, le basi dell'attuale ingegneria nucleare. L'aumento delle proporzioni tecnologiche della ricerca ri spetto a quelle scientifiche di venta pero ancor più palese negli ultimi quarant'anni. Ad esempio, mentre la scoperta del mesone pi-greco, nel '47, fu dovuta al miglioramento ottenuto da Giuseppe Occhialini (mutando la percentuale di argento) nelle lastre foto*<grafichc usate per lo studio della - radiazione cosmica, gli attuali grandi acceleratori di particelle, quali quelli di cui si è valso a Ginevra Carlo Rubbia, richiedono impianti, personale e costi pari a quelli di un centro spaziale. Gli schemi usati per l'interpretazione della storia più lontana della.scienza non diventano certo inutili, perché v*è qualche continuità tra dò che si è chiamato e ciò che si chiama tuttora «scienza»; ma essi vanno rivisti e usati con mag- f'or flessibilità. Lavalo fatto un pregio del volume che Lanfranco Belloni ha.dedicato alla «Storia e politica di un successo mondiale della scienza italiana»: Da Fermi a Subbia (Rizzoli). Belloni non mira a una rivendicazione nazionalistica di «primati», quanto mai fuori posto nel campo scientifico ove è più forte la collaborazione internazionale. Anzi, gli si potrebbe talvolta rimproverare un abuso dcH'«itanglese» anche quando lo schietto italiano andrebbe benissimo. Ma egli ha giustamente ricostruito un capitolo della fisica contemporanea, al quale i nostri fisici, attraverso le loro vicende scientifiche e politiche, hanno dato contributi fondamentali. Si intrecciano così nel libro tre temi storiografici. Accanto alle vicende personali di uomini, che avevano scelto la ricaca e si trovarono coinvolti in eventi che li costrinsero ad opzioni morali e politiche, c'è il tema dei rapporti col potere, intessuti di rivalità e battaglie, per ottenere i finanziamenti sempre più ampi e necessari. E, infine, la «ragnatela teorica» ch'è il motivo ispiratore della ricaca stessa. La ragnatela lungo cui si sono mossi i fisici italiani fu quella tessuta da Fermi e dalla sua scuola romana negli Anni TrcntàV Già nel il"Vendi daéntfe' tòni!? ne^àufeatò H Pisa, Rivelava' il suo' orientamento teorico in un breve scritto per un volume sulla relatività einsteiniana. Più che ai risvolti filosofici della concezione relativistica dei rapporti tra spazio e tempo, egli guardava all'equazione einsteiniana che lega la massa di un corpo con la sua energia. Qui egli scorgeva la chiave che in un prossimo futuro avrebbe pamesso di risolvae il «problema della struttura della material. Era cosi indicata non solo la strada che portò Fermi al Nobel (nel 1938) per i suoi lavori sulla fisica del neutrone, bensì anche la strada che i fisici italiani intrapresero, in grande maggioranza, nel dopo¬ guerra. Edoardo Arnaldi rianimò la ripresa degli studiosi del gruppo romano e fiorentino che non erano emigrati. Se l'equazione einsteiniana è la base teorica della bomba atomica, essa, lata nella direzione inversa, diventa anche la base per ottenere con quantità ingenti di energia piccolissime quantità di materia. E mentre i problemi, anche tecnologici, della fissione nucleare vennero risolti a Chicago da Fermi nel '42, i fisici italiani, già durante la guerra e subito dopo, si concentrarono invece sui problemi «opposti» della fisica delle particelle. In un primo tempo ci si dedicò soprattutto allo stùdio della radiazione cosmica pa poi affrontare i problemi di «struttura» della materia mediante gli acceleratori di particelle. E' significativo che il Nobel assegnato a Rubbia nell'84, pa la scopata sperimentale delle particelle portatrici della fòrza elettronucleare debole, sia stato contemporaneamente conferito anche all'ingegnere Simon Van da Mca pa le modifiche tecniche apportate al supersinaotrone del Con di Ginevra, le quali hanno reso possibile l'esperimento. * * I condizionamenti esterni hanno certo pesato sulla scelta degli studiosi italiani pa la fisica delle particelle. Il divario rispato alla tecnologia nucleare d'oltre Atlantico era così abissale da rendere necessaria l'opzione pa altri campi di ricerca. Ma anche qui la crescente tecnologia rese ben presto evidente la necessità di unire le forze dei Paesi europei pa affrontare i costi delle macchine accelaatrici. Nacque così il Cern, nel '54: e un'ampia parte del libro di Belloni riguarda questa storia «estana» e le vicende scientifico-politiche attraverso cui. l'Italia aderì . all'istituzione ginevrina, che dopo trenr'anni ha «superato» le'istituzioni americane. Ho lato con curiosità le pagine dedicate da Belloni alla misera fine che fece, nel '52, la proposta appoggiata da Polvani e Colonnctti pa suggerire Como come eventuale sede alternativa di Ginevra. Gli amministratori comaschi, dapprima entusiasti, respinsero poi la proposta pa beghe partitiche. E quelle pagine le ho lette su di un treno, fermo a Gvitavecchia, in attesa che gli scioperanti di Montalto di Castro togliessero il blocco della ferrovia. Mi sono reso così conto che tra noi, accanto alla bravura dei fisici, continua anche, ormai ai livelli più alti, la confusa inderisione dei politici. Francesco Barone