Tangenti, Inquirente spaccata di Cesare Martinetti
Tangenti, Inquirente spaccata Pei, msi e dp chiedono la messa in stato d'accusa dei tre ex ministri Tangenti, Inquirente spaccata De e psi vogliono un supplemento d'inchiesta • lì presidente Sterpa: subito gli atti al Parlamento Nella notte voto decisivo - In ogni caso l'indagine sulle «carceri d'oro» non sarà archiviata ROMA — Si spacca l'Inquirente sull'inchiesta De Mico. I comunisti, con msi e dp, chiedono la messa in stato di accusa per concussione di Franco Nlcolazzi e Clelio Darida; stralcio e ulteriori indagini su Vittorino Colombo. De e psi propongono un supplemento di inchiesta da affidare alla stessa commissione, pur privata dei poteri inquisitori per effetto del referendum. □ presidente Sterpa è per una terza via: mandare tutti gli atti al Parlamento oRnza indicare una soluzione al caso, in modo che siano le Camere a decidere la valutazione delle prove a carico dei tre ex ministri accusati di aver preso tangenti dal costruttore milanese. Su queste tre posizioni ieri sera alle 20 1 commissari hanno sospeso la riunione dandosi appuntamento a più tardi. E' possibile che nella notte si arrivi ad un voto definitivo sull'ultimo grande scandalo. Un voto dal valore più politico che sostanziale, dal momento che oramai, con il consenso di tutti e a differenza di quanto l'Inquirente ha fatto molte altre volte, si è deciso di non archiviare il caso. Se si deciderà che le accuse dell'archi¬ tetto milanese Bruno De Mico contro gli ex ministri Nlcolazzi, Darida e Colombo, sono infondate, dovrà essere 11 Parlamento in seduta comune a dirlo. La battaglia tra dc-psi, da un lato, comunisti, demoproletari e missini dall'altro, è sui tempi. Arrivare subito al Parlamento, o rinviare? Oppure: attendere l'approvazione della leggina proposta (in diverse formulazioni) da pei e sinistra indipendente, oltre che dai cinque del pentapartito, per consentire cosi alle Camere di affidare ai giudici ordinari il completamento dell'istruttoria? Il voto di questa notte risponderà a queste domande. La sospensione decisa dalla commissione servirà forse a scomporre gli schieramenti e a formare una maggioranza. Pare che il commissario repubblicano sia disponibile a votare con il pei se l'accusa venisse modificata da concussione a corruzióne. I membri della commissione sono venti, de (7) e psi (3) ne hanno la metà. In caso di parità nei voti, quello del presidente conta doppio. Di qui la delicatezza della posizione del liberale Egidio Sterpa che nei giorni scorsi e ancora ieri nell'ultima se¬ duta ha ribadito la sua scelta per xm:^onorevole morte' della commissione con un rinvio alle Camere di tutti gli atti e senza imbarazzanti archiviazioni. Le divisioni politiche hanno ieri avuto l'avvento sulle notizie. E questo mentre dp annunciava a Milano la richiesta di dimissioni nel confronti del comunista Epifanio Li Calzi, assessore ai Lavori pubblici della giunta rosso-verde presieduta dal socialista Pillitteri. Li Calzi, già entrato nel giorni scorsi nelle voci sull'inchiesta per consulenze professionali fornite a De Mico, secondo dp avrebbe avuto con l'architetto frequentazioni continue e non episodiche, tali dunque da farlo entrare nell'area del sospetto. Una richiesta formalizzata con una lettera dal capogruppo di dp a Palazzo Marino, Basilio Rizzo, che farà entrare la discussione sullo scandalo nella sala del Consiglio comunale milanese. Qualche altro spicciolo di notizia sulle deposizioni dell'altro Ieri è comunque uscita. Egle Oltolina, segretaria di Bruno De Mico, ha raccontato di una continua richiesta delle segretarie di Nicolazzi per prenotare voli sull'aereo del costruttore per conto del ministro. «Mi sembrava di essere diventata una centralinista di tassì. Telefonavano anche a casa: una cosa odiosa perché allora io abitavo con una sorella malata'. E le dichiarazioni di Giancarlo Via, ex provveditore alle opere pubbliche della Lombardia, accusato di aver accettato con un collega 260 milioni dal costruttore dicendo che erano per il ministro Nicolazzi. «Sono stato io — ha detto Via — a proporre a De Mico di fargli da consulente, perché avevo notato che la struttura della sua azienda era debolissima: aveva uno o due geometri, neanche un operaio dipendente: Un struttura tanto debole per un'azienda che in due anni aveva ottenuto ben 500 miliardi di appalti pubblici. Tredici agende della Codemi sono state Inviate alla commissione dai giudici di Genova. Nessuna appartiene a De Mico ('Non tenevo agende'), ma alla sua segretaria e alla moglie, unica socia nell'azienda di famiglia. Cesare Martinetti (Continua a pagina 2 In quinta colonna)
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