Traffico d'armi: indiziato Vittorio Emanuele di Giovanni Bianconi

Traffico d'armi: indiziato Vittorio Emanuele Inchiesta sulla vendita di elicotteri «Agusta» a Paesi in guerra passando attraverso l'Iran Traffico d'armi: indiziato Vittorio Emanuele ROMA — Vittorio Emanuele di Savoia, l'erede al trono che vive esule in Svizzera, sarebbe coinvolto in un traffico illegale di armi tra Italia e Iran, avvenuto nella prima metà degli Anni Settanta. E' scritto nel fascicolo giudiziario trasmesso dall'Ufficio istruzione di Venezia alla Procura della Repubblica di Roma. Mittente il giudice istruttore Carlo Mastelloni, destinatario il pubblico ministero Domenico Sica. Toccherà a quest'ultimo decidere se aprire o meno l'inchiesta sollecitata dalla «denuncia» di Mastelloni. Insieme a Vittorio Emanuele, il magistrato veneziano ha tirato in ballo in questa vicenda altri tre nomi eccellenti: l'ex ministro democristiano Mario Pedini, il conte Corrado Agusta, presidente onorario dalla fabbrica d'elicotteri «Agusta», e il diplomatico Luigi Cotta!avi. ambasciatore dell'Italia a Teheran dal 1972 al '78, oggi in pensione. Secondo l'accusa, i quattro avrebbero trattato diverse forniture di elicotteri da combattimento «Agusta 204», .205» e «206. tra l'Italia e l'Iran, che dopo lo sbarco nel Paese dello Scià avrebbero preso illegalmente la via della Giordania. Attraverso Singapore e la Malaysia, invece, elicotteri e pezzi di ricambio sarebbero finiti in Israele, Sud Africa e Taiwan. Questo nuovo capitolo del commercio illecito delle armi è scaturito dalla maxi-inchiesta sui traffici clandestini col Medio Oriente condotta tra mille difficoltà dal giudice Mastelloni Indagando su alcune forniture finite negli arsenali dell'Olp, il magistrato ha scoperto che licenze e autorizzazioni concesse per armare l'esercito di Reza Palliavi venivano in realtà utilizzate in favore della Giordania. Un simile reato, in violazione della legge che regola il commercio bellico, è però di competenza della magistratura romana. E cosi, dopo gli interrogatori del conte Agusta e dell'ex direttore generale degli armamenti del ministero della Difesa, generale Piovano, Mastelloni ha mandato tutto al giudice Sica che ha già in corso un'inchiesta su traffici più recenti con l'Iran, che stavolta avevano il Golfo Persico come vertice finale della «triangolazione» anziché come sponda. Ma come è finito in questa vicenda Vittorio Emanuele? L'erede dei Savoia era di casa a Teheran prima dell'avvento al potere di Khomelni. Si recava spesso in Iran, era amico personale dello Scià, laggiù s'è sposato con Marina Dona. Per questi suol particolari agganci l'-Agusta» decise di utilizzarlo come intermediario dei suol affari con la Persia. Collegato con Vittorio Emanuele era il generale Tòffanian, capo delle forze logistiche della Persia, che secondo il giudice Mastelloni avrebbe firmato falsi certificati di «destinazione finale» in cambio di tangenti. E che gli elicotteri avrebbero preso una strada diversa da quella scritta sulle autorizzazioni rilasciate in Italia era noto — nella ricostruzione fatta dal magistrato — anche al conte Agusta, all'allora ambasciatore Cottafavi (considerato il tramite dei vari rapporti intessuti a Teheran) e a Mario Pedini, che in quell'epoca era sottosegretario agli Esteri Per quest'ultimo e per Cottafavi, Mastelloni avrebbe ipotizzato l'accusa di «infedeltà in affari di Stato». Vittorio Emanuele non ha mai negato di aver lavorato in Iran per conto dell'«Agusta», ma ha sempre detto che tutto si svolgeva regolarmente. Ancora nel dicembre scorso, nella sua residenza gine¬ vrina, ha dichiarato: «Io ho lavorato nel campo degli elicotteri fino a otto anni fa. Facevo l'intermediario per la vendita di normalissimi apparecchi costruiti dalla "Agusta". Mi sudavo la mia provvigione come ogni altro rappresentante: Già in passato erano circolate voci su un coinvolgimento dell'erede al trono nel traffico clandestino d'armi, ma lui respinse, sdegnato, ogni accusa: •Nessuna magistratura di nessun Paese si è sentita in dovere d'iniziare indagini sul mio conto: Poi è arrivata l'inchiesta di Mastelloni, trasmessa ora a Sica. Ma adesso davanti ai magistrati c'è un grosso rebus: come si può iniziare un processo contro un esule, che per legge non può entrare in Italia e quindi venirsi a difendere? Giovanni Bianconi (Altre servizio a pag. 2)