Iran cento ostaggi su un jet di Furio Colombo

Il segreto di Jackson Lancia all'America un messaggio morale Il segreto di Jackson I neri non si sono uniti ai bianchi, secondo il sogno di Martin Luther King. Vent'anni dopo la morte del leader nero, una massa di poveri vive separata nei ghetti, una solida classe media nera in espansione si mantiene appartata, toccando il mondo bianco quasi solo attraverso gli impegni di lavoro e i rapporti con le istituzioni. Ma i bianchi stanno andando con i neri, o almeno con uno di essi, e questa è la straordinaria sorpresa delle elezioni primarie americane. Jesse Jackson, pastore, predicatore, organizzatore di folle e arringatore appassionato che sembra più il protagonista di un film sul populismo religioso che il capo di un moderno partito politico, raccoglie voti. Ne raccoglie sempre di più, elezione dopo elezione. Aveva cominciato dimostrando che la sua immagine era chiara nella mente degli elettori neri. Il primo fatto, a suo favore, era che tutti i neri votavano per lui, benché molti prudenti leader neri locali si fossero già schierati con candidati più promettenti. Il secondo fatto è stato che molti più neri che in passato si sono presentati a votare. Raramente le «primarie», che sono più un esercizio interno alla vita dei partiti che un grande evento popolare, avevano richiamato, tanta gente di solito lontana dalla politicali terzo fatto ha colto tutti di sorpresa. Una volta contati i voti, è apparso chiaro che tutti i neri stanno votando per Jesse Jackson, ma i suoi voti sono molti di più, più del doppio, più del triplo, e in certe votazioni fino a dieci a uno, rispetto ai voti neri disponibili in ciascun territorio elettorale. Jackson si è fatto strada fra la folla degli altri contendenti e adesso il suo posto è alternativamente al numero due di ciascuna elezione primaria, subito prima o subito dopo Michael Dukakis, il governatore del Massachusetts di origine greca. Le domande che circolano fra i politici e nel pubblico americano sono due: come mai, e che cosa accadrà. Se leggiamo le cronache di questa affermazione non annunciata, di questo improvviso emergere di una personalità politica ne ra alla fine di un decennio che non è stato particolarmente aperto al problema delle minoranze, troviamo molta incertezza. I lettori conoscono i molti punti di debolezza che anche i commentatori amichevoli identificano nel reverendo Jackson. Il suo programma è generico e populista, fatto di tuoni appassionati più che di fatti. Il suo rapporto con la spesa pubblica è di disagio e di scarsa confidenza con i numeri. Da predicatore, dicono i suoi avversari, chiede miracoli. La sua visione del mondo è generosa e non realistica, come dimostra il suo appello al generale Noriega. Ha creduto, dicono gli avversari, che bastasse la sua parola per persuadere il generale della droga a lasciare il potere a Panama. Ma per Jackson votano bianchi della classe media, professionisti della provincia, famiglie di contadini e operai delle zone meno privilegiate del Paese, ma anche una bella fetta di classe media urbana che ha avuto le sue spinte e i suoi vantaggi durante l'era di Reagan. Non c'era nessuna organizzazione di partito intomo a Jesse Jackson e non c'erano neppure assistenti e consiglieri bianchi, secondo la regola a cui si era sempre attenuto Martin Luther King, secondo la formula «mista» che usa tuttora, nel suo buon governo cittadino, l'altro collaboratore di King, Andrew Young, sindaco di Atlanta. «Non importa», è sembrata la posizione di Jackson, o almeno il suo modo di giustificare lo stato di necessità (nessun bianco si era arruolato con lui). «La gente sia attenta alle case che dico e non farà caso al colore del mio gruppo». Amici e nemici, per ragioni opposte, erano sicuri del con¬ trario., Questo-è un tempo di divisione, un tempo in cui ciascuno tende a raccogliersi intorno alle radici del gruppo di origine. Ma Jackson contraddice e confonde qualcosa che i sociologi credevano di. avere accertato con sicurezza. Accanto à lui, si Verifica uno di quegli strani prodigi del mondo americano: succedono cose «giuste» che tecnicamente non dovrebbero accadere. D problema è perché. Ormai stanno scoprendo tutti il segreto, e a tutti sembra strano scoprirlo così tardi. Jackson; nella sua campagna elettorale, ha trascurato tutti i temi tecnici e gli aspetti pratici e lancia un messaggio esclusivamente morale. Alza, la tensione del discorso e fa provare alla gente l'intensità di un appello che non ascoltava da tempo. «E' come il ritomo di'■un alimento che una volta era famigliare e gradito, dopo una lunga dieta», ha scritto il columnist Russel Baker. In un mondo gremito di numeri, curve, bilanci, verifiche, proiezioni, statistiche, Jackson parla solo di ciò che dovrebbe essere giusto fare, del bene e del male, della sofferenza di alcuni e del diritto di essere felici di tutti. A uno sguardo pacato, tutto ciò è poco per formare un programma elettorale, poco per guidare la più grande potenza del mondo. Ma a quanto pare non è poco per molti elettori. Bianchi e neri si distraggono dai discorsi «con i piedi per ter¬ ra» e decidono di votare per il sogno. Nessuno sa dire se è un sintomo di' disperazione o un dato di speranza, ma ormai l'immagine di Jesse Jackson, predicatore nero di quarantadue anni, senza grandi scuole e grande esperienza politica alle spalle, è al centro dell'attenzione e dell'opinione pubblica. Non sarà il prossimo presidente degli Stati- Uniti perché troppi altri.fatti dividono l'America di adesso da quella che voterà in novembre. Ma già adesso Jackson ha lasciato un segno che altri presidenti non hanno lasciato in tutto il loro governo. Per esempio ha messo al centro dèlia sua appassionata predicazione politica il tema della droga, lo sta indicando come il pericolo più grande di un potente Paese moderno, un pericolo contro il quale non bastano guerre stellari e perfetti eserciti. La gente che sosta accanto alla vita rischiosa dei figli, ai bordi dell'avventura che scardina continuamente le vite di tanti, specialmente fra i giovani, capisce il messaggio e tende a dare fiducia. Sarà difficile ad altri non seguire questa strada, il mondo visto a partire dal senso morale delle cose. Abbiamo detto tutti qualche mese fa che questa sarebbe stata una campagna elettorale un po' noiosa e di piccolo cabotaggio. Ci sono casi in cui è confortante trovarsi di fronte a un errore. Furio Colombo

Luoghi citati: America, Atlanta, Jackson, Massachusetts, Panama