Dolore cronico, difficile sfida

Dolore cronico, difficile sfida Le nuove ipotesi di cura puntano sulla collaborazione di diversi specialisti Dolore cronico, difficile sfida IL dolore acuto è un segnale di pericolo che spinge all'azione, un incentivo a eliminare lo stimolo nocivo. Il suo trattamento non pone particolari problemi e segue tradizionali modelli medici. L'inquadramento diagnostico e la terapia del dolore cronico (convenzionalmente, un dolore che dura per almeno tre mesi) sono invece una vera e propria sfida per la scienza. Secondo recenti indagini epidemiologiche condotte in Nord America, una percentuale che oscilla fra 1*11 e il 5 per cento della popolazione adulta ne è sofferente. Le localizzazioni più frequenti sono alla schiena e alla testa. Anche i bambini ne sono colpiti con discreta frequenza: le forme più diffuse sono la cefalea e il dolore addominale ricorrente. In Italia non esistono dati epidemiologici precisi sulle dimensioni del problema, tuttavia dati indiretti indicano che il 15 per cento .della popolazione (quasi 9 milioni di persone) usa abitualmente antinevralgici e antidolorifici, che sono 1 farmaci di gran lunga più utilizzati. Spesso nel caso di dolore cronico la sensazione dolorosa e le sue conseguenze sulla vita del paziente non sono proporzionate all'entità e alla natura oggettiva delle lesioni. Anzi, in certi casi ai sintomi non corrisponde nessuna causa organica. I meccanismi di tipo psicologico sono importanti in quanto a volte producono direttamente l'insorgenza del dolore o rappresentano una reazione secondaria al protrarsi di una al già organica cronica. In questo secondo caso la componente emozionale tende a peggiorare la sintomatologia dolo- rosa e spesso a divenire una ulteriore fonte di sofferenza per il paziente. La maggior parte dei dolori cronici che si ritiene siano prodotti da problemi e malattie psichiche si associa a disturbi nevrotici, di personalità e depressivi. L'algia può essere il risultato di una aumentata tensione muscolare legata a situazioni di ansia o a meccanismi di «conversione», analogamente a quanto avviene in alcuni disturbi di tipo isterico, nei quali si osservano parestesie o paralisi motorie, assenze senza una causa organica. Infine il dolore potrebbe dipendere da alterazioni funzionali del Sistema Nervoso Centrale, in particolare di alcuni sistemi neuro- trasmettitoriali analogamente a quanto accade in certe forme di depressione. Altre ricerche, all'interno di una prospettiva di tipo; comportamentale, hanno sottolineato l'importanza di particolari modelli di apprendimento e hanno enfar Uzzato il ruolo delle Interazioni familiari e sociali' nell'influenzare l'esperienza del dolore. Secondo questo modello, 11 dolore potrebbe essére determinato da cause organiche come un trauma o un'infezione, ma persisterebbe poi oltre il normale periodo di guarigione del disturbo che lo ha causato, poiché vi sono meccanismi di «ricompensa» che in qualche maniera ne determinano la continuazione. L'attenzione va quindi focalizzata sui mezzi usati dal paziente (lamenti e ricerche di aiuto) per sollecitare l'interessamento da parte dell'ambiente e sulle circostanze che contribuiscono a produrre quello che diventa un vero e proprio «comportamento di malattia». Questo significa prendere in considerazione i rinforzi positivi diretti (la sollecitudine dei familiari, la pronta somministrazione di farmaci) o indiretti (la possibilità di evitare responsabilità o particolari ruoli perché sofferenti. Queste diverse ipotesi portano allo sviluppo di trattamenti del dolore cronico alternativi a quelli classici che si basavano esclusivamente sulla terapia antalgica: tecniche di rilassamento, biofeedback, psicoterapie individuali e di gruppo, farmaci antide- B pressivi a basso dosaggio. I In questi nuovi trattamenti si prende in considerazione non soltanto il sintomo, ma più globalmente il paziente e a volte il suo stesso ambiente. Ciò richiede inevitabilmente lo sforzo comune di diversi specialisti. Per questo sono cosi sorte un po' in tutto il mondo occidentale le cosiddette «Cliniche del Dolore» dove anestesisti, neurochirurghi, psichiatri, psicologi e assistenti sociali lavorano in stretta collaborazione. Allo stato attuale delle conoscenze si deve purtroppo riconoscere che molto ancora resta da capire nella patogenesi del dolore cronico, tuttavia è confortante constatare che questo sforzo congiunto ha permesso un miglioramento delle cure con una significativa diminuzione della sofferenza per chi ne è affetto. Giuseppe Borgherlnl Guido Magni I .'espressione del dolore (L'Encyclopédie Diderot-D'Alembert)

Persone citate: Diderot, Giuseppe Borgherlnl, Magni I

Luoghi citati: Italia, Nord America