Siamo proprio sicuri che gli Anni 70 siano stati formidabili? di Enzo Gentile

Siamo proprio sicuri che gli Anni 70 siano stati formidabili? Il ritorno discografico di Plant ed Emerson Siamo proprio sicuri che gli Anni 70 siano stati formidabili? NIENTE da fare: la storia, anche quella del rock, una storia con la esse minuscola, è proprio difficile da dimenticare, da rimuovere. Si porta dietro tutto 11 peso diun immaginario collettivo che'nessuno di noi è disposto a buttare via o quantomeno ad archiviare. Cosi, dopo gli indimenticabili Anni Sessanta siamo adesso alle prese con 11 recupero degli inaffondabili Anni Settanta, rivisitati con tutti gli onori possibili In questi Inevitabili Anni Ottanta. Ma, viene da chiedersi, erano dawe- ro formidabili quegli anni, musicalmente parlando? Buoni, forse, discutibili certamente, senz'altro da non glorificare come si vorrebbe, sguazzando nell'operazione nostalgia che nel rock procede per passi fin troppo prevedìbili. ■Girultimi due dinosauri del rock revanscista, eredita, di una quindicina d'anni fa, sono Robert Plant e Keith Emerson. 1 cui nomi diranno forse poco ai giovanissimi, ma che sicuramente hanno tenuto compagnia ben viva al loro fratelli maggiori. B primo con 1 Led Zeppelin, indimenticati, il secondo con i classicheggiantl Nice e poi con Emerson, Latte t> Palmer, hanno scritto pagine importanti, di peso indubbio. Che vengano rammentati e citati ancora in veste di ex, è insieme tributo al culto della Personalità e documento di condanna. Tra 1 due se la cava meglio Plant che con Naia and zen (bel titolo, complimenti!) giunge al quarto .capitolo solista con una salda coscienza dei propri mezzi e una buona salute artistica. Non vuole spacciarsi come un Improbabile modernista, l'ex cantante degli Zeppelin, e neppure autorizzare da parte dei fans d'un tempo ritorni di fiamma: Plant è oggi un interprete maturo, cho ama schierarsi sul fronte del rock-blues, stemperato però e ammorbidito rispetto al fiammeggianti anni d'ora Nonostante notizie e ipotesi di rifondazione dei Led Zeppelin e la presenza di Jlmmy Page a lanciare messaggi con la sua chl•tarra elettrica, Plant segue Itinerari propri, secondo una linea program¬ matica personale. Fa leva sulla classica vocalità da rocker incallito, le sue tonsille infuocate seminano belle emozioni e in sostanza non tradisce le attese, Robert. Anzi, in Now and zen si ritrovano ballate morbide e intense, accanto a canzoni più vibranti, per un lavoro professionale, impeccabile, solo un po' avaro di quelle sorprese e di quegli imprevisti che a quarant'anni suonati è arduo garantire. Disco un po' macchinoso, grave, gonfio negli arrangiamenti ed elefantiaco nelle intenzioni, è invece To the power of three, attribuito ai 3, sigla per la verità tièpida, dietro cui si celano Keith Emerson e Cari Palmer, suo fedele compagna cui si è aggiunto il pollstrumentlsta e produttore Robert Berry. Nell'album al ritrovano 1 caratteri della musica di Emerson che, tifosi esclusi, già risultavano sgradevoli tanto tempo fa: le otto selezioni rinnovano quel dima di musicalità artificiale, sovrabbondante, un'inaalatona annegata in troppa salsa e condimenti Registrato a Londra per la Geffen americana, To the power of three al inserisce nel solco di quella musica un po' epica, un po' eccessiva, tipica di antichi rituali pop che molte band odierne sembrano aver riscoperto con successo. C'è l'enfasi giusta, c'è 11 gusto della produzione felicemente ricca e compiaciuta e ci sono un pugno di canzoni che paiono staccate da una bacheca del passata scevre di modernismo, in apparenza stagionate anche se freche d'incisione. Unico flirt effettivo con il repertorio storico del rock è la cover, Inattesa, di Eight miles high, maestoso segnale psichedelico del Byrds, qui rimasticata senza impegno né sentimento. Non lascia traccia lo sciroppino di Emerson e compagni e, tutto sommata neppure il lavoro di Plant sarà ricordato nelle cronache future: d'altronde é forse un'Impresa proibitiva evadere dalla prigione degli Anni Settanta per questi eroi d'antico pela carichi di ricordi, più che di speranze. Enzo Gentile »vl' Robert Plant

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