Giustizia

Giustizia no agli immensi guadagni realizzati con questa ed altre attività illecite) li paga l'intera collettività. ' Della Sicilia si sa abbastanza. Molto meno della Calabria. Eppure, basterebbe ricordare i dati ufficiali per far emergere ^~ con l'eloquenza concreta dei fatti — i connotati della nuova mafia Nel 1987 sono stati consumati, nel distretto di Regio Calabria,' 204 omicidi volontari, 214 omicidi tentati, 633 rapine, 374 estorsioni e 319 reati di droga; con un aumento nell'anno — rispettivamente — del 47,8, 88,5, 72, 141 e 58,7*. Un capitolo a parte andrebbe poi riservato ai sequestri di persona, spesso realizzati (e le dolenti vicissitudini di Marco Fiora sono li a ricordarcelo) ben oltre i confini della Calabria. Questo drammatico contesto (che non comprende la rnicrocriminalità, le cui im perniate quasi sfuggono — or mai — alle statistiche) esige prima-di tutto risposte di carattere economico e sociale. La criminalità organizzata prospera anche grazie agli spazi liberi e alle disperate masse di manovra che l'assenza dello Stato le lascia. Quasi tutto, invece, viene delegato o piuttosto relegato alla risposta giudiziaria. Nello stesso tempo, per altro, non si fa nulla per sostenerla. Pochi dati basteranno a. dare il quadro della situazione: davanti all'Assise d'Appello di Catanzaro pendono circa 100 processi penali; 2890 al Tribunale di Crotone, 1745 a Cosenza, 994 a Paola, 752 a Palmi. Davanti all'Ufficio Istruzione di Catanzaro pendono 1030 processi, 1237 a Cosenza, 1457 a Crotone, 1754 a Paola, 621 a Palmi, 597 a Locri. E spesso l'Ufficio Istruzione — con questi carichi — è composto da un solo giudice, magari di prima nomina. Mentre per formare i collegi è prassi abituale dover ricorrere ai Vice Pretori Onorari,, perché l'organico dei giudici è ovunque insufficiente anche per il metabolismo basale. Queste — on. De Mita — sono le reali dimensioni della crisi, della giustizia La casa, la casa di tutti, brucia Sono assolutamente indispensabili — ormai — interventi di natura eccezionale e straordinaria. Non è più tempo di palliativi. Gian Carlo Caselli CONTINUA DALLA PRIMA PAGINA