Il cortile di casa degli Usa di Paolo Patrono
Il cortile di casa degli Usa Il cortile di casa degli Usa ROMA — Considerati da largire come il «cortile di casa» degli Usa, Nicaragua e Honduras, Panama e Salvador, quattro Poeti del bollente Centro America, incrociano perìcolsamente in questi giorni il proprio destino con il difficile tramonto della presidenza Reagan. Pur te l'invio del marines lungo la frontiera honduregna-nicaraguense, per una plateale esibizione di muscoli, non ita avuto per ora le conseguenze temute. Ma non per questo s'attenuano i motivi di inquietudine determinata dall'escalation delle crisi che infiammano il Centro America. Anzitutto perché bombardamenti dell'aviazione dell'Honduras, che Ortega afferma estere avvenuti in Nicaragua, potrebbero spingere Managua ad una ritorsione capace a tua volta di scatenare l'intervento dei marines. Poi, perché il dittatore panamense Noriega, accusato dagli Usa di traffico di droga, continua a patteggiare sprezzantemente la tua uscita di scena ponendo condizioni che la Casa Bianca non può accettare senza perdere la faccia. Con II rischio che anche in questo Paese Reagan scorga, come una soluzione obbligata, il ricorso alla forza militare per ristabilire l'ordine e l'ombra di un regime benaccetto alla popolazione e pretentabile all'esterno. Infine perché il contagio della guerriglia filomarxista ha investito appieno anche il Salvador, dove ieri, nelle votazioni per il rinnovo del Parlamento, il presidente democristiano Duarte ha messo in gioco il suo prestigio. Con il pericolo di una nuova isola di instabilità in Centrp^mehm, ; .., « moltiplicare del •fuochi» di crisi e di guerri¬ glia ti ha infatti la dimostrazione che nemmeno.la doppia presidenza Reagan sia riuscita a superare la storica impasse sulla quale già erano inciampati sia l'accattivante Kennedy dell'Alleanza per il progretto che tutti i suoi successori alla Casa Bianca, democratici o repubblicani. Alternando fati di •buon vicinato» a periodici interventi militari (dal Guatemala a Cuba, da San Domingo fino allo sbarco a Qrenada nell'83), spetto il rapporto ' degli Stati Uniti con i suoi piccoli vicini è stato viziato da pesanti interessi economici e da ripetuti errori politici. La politica di esportazione della guerriglia da parte di Cuba è stata appoggiata, fin negli anni della •distensione» brezneviana, dall'Urss e ha trovato in Nicaragua terreno fertile. Washington non è stata in grado di trovare una soluzione per neutralizzare il regime sandinista, malgrado la guerriglia dei «contras», a cauta dell'opposizione del Congretto. E adesso cerca soltanto di circoscrivere l'incendio. Ma perdurano le tentazioni interventiste, come dimostra un rapporto al Congretto di Reagan, destinato a rimaner segreto e finito invece sulla stampa. Il documento ammonisce che •l'uso della forza militare in America centrale deve estere considerato con realismo come una possibilità, se dovessero fallire le soluzioni politicfie». Non sembra ancora questo il caso del marines al confine tra Honduras e Nicaragua. La Casa Bianca ha spiegato che si tratta solo di «un segnale ai governi dell'America centrale che dimostrala ter rietA,cop.v*i gli Stati Uniti, seguono l'attuale situazione nella regione». I commenta¬ tori americani sospettano anche una manovra a fini interni: il tentativo di stornare l'attenzione dal .caso» dèi fondi Iran-Contras giunto all'epilogo in piena campagna elettorale, la voglia di Reagan di dimostrare al Congretto che aveva ragione lui, che il Nicaragua vuole esportare la sua rivoluzione marxista in Centro America, minare la tradizionale egemonia regionale Usa. Problemi ad uso interno, quindi, che non risolverebbero, una ■volta di più, le questioni di fondo. Paolo Patrono
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