Pittore poeta del più intimo '800 di Angelo Dragone

Pittore poeta del più intimo '800 MILANO: RISCOPRIRE IN 140 DIPINTI LAWENTURA DI SILVESTRO LEGA Pittore poeta del più intimo '800 MILANO — Più d'uno, terminata la visita alla mostra di Silvestro Lega alla «Permanente»' di Milano (dove rimarrà aperta fino al 1° maggio, per trasferirsi subito a Firenze), sentirà il bisogno di ridare almeno uno sguardo all'incantevole Ritratto del fratello Ettore fanciullo: la piccola tela che dà sostanzialmente avvio all'esposizione. Con un'aura quasi di magia, e un qualcosa che sa d'un vago presagio metafisico, quest'immagine, cosi solida pur nell'affettuosa sua tenera luce, è di quelle che conquistano subito il visitatore e rimangono impresse nella memòria: come punto di poetico riferimento per l'intera rassegna. Frutto di vent'anni di ricerche e approfondimenti critici (comprese due notevoli mostre monografiche a Bologna, nel 1973, e & liane, nell'81, preziose per i possibili confronti) questa è stata curata da Landò Landini, Giuliano Matteucci, Raffaele Monti, e organizzata anche col patrocinio della Artificio, editrice del catalogo, e di •Glovannozzi», industriale di abbigliamento femminile. Con i suol centoquaranta dipinti, circa, costituisce intanto una dèlie più ampie antologie di Lega fin qui riunite, in grado di documentare l'intera vicenda del pittore che, pur nella continuità di una visione dettata da un temperamento estremamente sensibile e introverso, malinconico e scontroso, e spesso insoddisfatto, appare sostenuto da un indubbio talento e da un'intima vocazione al racconto declinabile in una serie di momenti diversi a cominciare dall'intimismo purista delle iniziali esperienze legate alla sua formazione fiorentina (e non priva di riflessi romani). Nato nel dicembre del 1826 a Modigliana, in Romagna, Silvestro — quartogenito della seconda moglie di Antonio Lega che, tra 11 1802 e il '45, aveva avuto ventitré figli — aveva ben presto dimostrato un'evidente inclinazione per il disegno. Lasciati cosi gli studi classici, cui s'era avviato presso i padri Scolopl aveva preso dimora a Firenze presso il fratellastro Giovanni che aveva vent'anni di più e faceva il pittore di mestiere campando anche bene, pur limitandosi a far copie di opere dei grandi maestri del passato. A differenza di lui il giovane aveva Invece inteso la pittura in senso creativo, esordendo nel 1851 — come allora s'usava in ambito accademico — con un dipinto di Ispirazione letteraria, Velleda, da / Martiri di Chateaubriand. Nella sua formazione purista Silvestro Lega aveva naturalmente risentito degli insegnamenti del Mussinl (in contatto, a Roma nel '44, con Ingres) e di Antonio Ciseri, ma subito dopo i primi ritratti la mostra documenta il sofferto passaggio al realismo con uria delle quattro lunette dipinte per il Santuario della Madonna del Cantone di Modigliana, e più ancora, con un paio di animati bozzetti militari, dovuti al Concorso ministeriale indetto dal Ricasoli in ricordo della seconda guerra d'Indipendenza cui il pittore aveva partecipato. Di li in avariti si sviluppa la figura del Lega più notò, ma non sempre inteso come avrebbe meritato: tacciato di illustratore borghese, vittima semmai d'un ricatto dei sentimenti e di quella chiusura provinciale che grava su tanto Ottocento italiano; colpevole, si vorrebbe, di aver scambiato per grandi troppe piccole cose. E tuttavia in linea con gli stupendi ritratti Iniziali, ecco il naturalismo ispiratogli dalla campagna di Plagentina — appena fuori delle mura, a Sud della città — con i quadri di cui divennero protagoniste le donne delle famiglie Battelli è Cecchini (quelle stesse che gli saranno d'appoggio materiale e morale) ammirati per il respiro pomeridiano degli angoli di giardino (La lettura, Una vi¬ sita, Un dopo pranzo) come del più vasti Motivi dal vero con gli Interni animati da quella educata presenza femminile che trova nella pittura le ragioni che hanno fatto di un gruppo di dipinti degli Anni 60, quali La curiosità e Il canto dello stornello, alcuni del più soavi capolavori dell'Intera pittura ottocentesca italiana. Da quell'intimismo Lega passò poi, non senza un periodo di crisi, ai realismo degli anni di Bellarlva (1870-85), nei quali son tuttavia ancora dei ritratti (da Francesco Gioii e da Lo scultore De Vico, a Don Giovanni Verità, e ai più tardi di Titta Elisa Guidacci, Plinio Nomellini e Francesco Bois, e di certe Cabbrigiane) a distinguersi, per potenza formale e interpretazione psicologica: con una compostezza persino materica nella quale si trova difficoltà a vedere, come vorrebbe una certa esegesi toscana, un riflesso e tanto meno l'assimilazione di una cultura impressionistica, cui l'opera di Lega sembra rimasta sostanzialmente estranea. Né è questo un male (come non Io sarà, più tardi, per Morandi, fieramente privo, tolto ciò ch'era nell'aria, di Parigi): salvandosi sempre, quell'.eterno viatore- che Lega era stato per Telemaco Signorini, anche nel tratto estremo della sua vicenda, là dove, stemperando l'ormai lontana •macchia» toscana nel fervido suo tonalismo, 1 migliori suoi dipinti (da Pagliai al sole a Giovane donna a mezzo busto e a Signora in attesa) hanno sino all'ultimo conservato l'equilibrio che, anche a causa dei crescenti disturbi alla vista, pareva esser stato sul punto di spezzarsi. Lo aveva ben riconosciuto Diego Martelli che recensendo l'esposizione fiorentina del '95, pochi mesi prima della scomparsa dell'artista, 1121 settembre, non aveva esitato a scrivere: *Di Silvestro Lega ci sono due messe figure... Passerà del tempo purtroppo, e le ossa di tutti noi saranno da un pezzo marcite in camposanto, quando il rispettabile pubblico e l'inclita guarnì alone sapranno, dalle opere di lui conservate nei regi Musei, che egli fu uno dei più robusti, onesti e vigorosi pittori del suo tempo, nel quale visse incompreso'. Ne ha quindi oggi il giusto risarcimento. Angelo Dragone