Retata di picciotti, 100 arresti di Giuseppe Zaccaria

Retata di picciotti, 100 arresti Il giudice Falcone dopo i grandi clan colpisce la «mafia di provincia» Retata di picciotti, 100 arresti Un pentito, fuggito in Francia, confessa: «Ho ucciso 4 ragazzi, li ho gettati in un pozzo» - Poi traccia la radiografia delle piccole cosche e rivela nuovi elementi su casi clamorosi: dal fallito «golpe» Borghese all'assassinio di Dalla Chiesa DAL NOSTRO INVIATO PALERMO — Centosessanta ordini di cattura, un centinaio d'arresti, sessanta comunicazioni giudiziarie, una radiografia aggiornata della «mafia di provincia»: questo è 11 bilancio dell'operazione che, "partita da Palermo, l'altra notte ha investito buona parte d'Italia. Anche questa volta alla base di tutto sono le rivelazioni di un «pentito», Antonino Calderone, 53 anni, fuggito due anni fa da Catania dopo l'assassinio del fratello e riparato a Nizza. Dietro l'aria paciosa nasconde un passato sanguinario: al giudice Falcone, che l'interrogava in Francia, ha confessato ben sette omicidi. Tre giovanotti •qualunquee quattro ragazzini: s), quattro piccoli scippatori fra 1 quattordici e 1 quindici anni eliminati a Catania perché «davano fastìdio-. Si chiamavano Benedetto Zuccaro, Giovanni La Oreeia, Lorenzo Pace e Riccardo Cristaldi, fino all'altro ieri erano noti come «i ragazzi di San Cristoforo; quattro giovani scomparsi da una borgata di Catania. Il pentito. 'Li ho ammazzati io», ha confessato Calderone, scoppiando in pianto. Quei ragazzini, con scippi e piccoli furti, disturbavano 1'«ordine- della borgata: furono strangolati e gettati in un pozzo. Uno forse era ancora vivo. Era di lui, del massacratore di giovani ladri, che Buscetta parlava quando, nella famosa intervista televisiva a Enzo Biagi, si lasciò sfuggire: -C'è una persona che sta raccontando cose più importanti delle mie Ma almeno finora la parte più importante dei racconti di Calderone è rimasta nel cassetto dei giudici: fra i coinvolti nel «blitz» dell'altra notte, infatti, non un personaggio davvero nuovo, non un nome, di autentico rilievo, Tranne quello di un indiziato che in realtà non è nemmeno tale. Parliamo di Carmelo Costanzo, cavaliere del lavoro di Catania, già coinvolto anni fa nell'inchiesta del giudice Palermo ed oggi al centro di un proceso per false fatturazioni. Ieri voci insistenti e notizie d'agenzia lo indicavano fra gli Indiziati di associazione per delinquere di stampo mafioso, mentre in realtà contro l'Imprenditore di Catania non è stato emesso alcun provvedimento. Il nuovo -pentito- — lo vedremo fra poco — parla anche di lui soprattutto quanto a • tangenti, versate a gruppi mafiosi ma se probabilmente anche su Costanzo si dovrà indagare, questa intenzione finora non ha preso alcuna forma concreta.. Fra gli arrestati, un'po' in tutt'ltalia, ci sono esponenti della vecchia come della nuovissima mafia. Ad Agrigente, fra gli altri. Santo Librici, 59 anni, ergastolano appena uscito in semilibertà e coinvolto addirittura nel delitto Tandoj. E poi padre Agostino Coppola, uno dei figli di Vincenzo Rimi, Salvatore Oenco Russo (insegnante, ma figlio di quel Giuseppe che fu l'ultimo grande capomafia siciliano), alcuni piccoli imprenditori: tutti nomi che fuori dalla Sicilia dicono ben poco. Una svolta. Forse questo è stato davvero l'ultimo •blitz», e non solo perché con l'avallo ai mandati di cattura firmati da Giovanni Falcone il consigliere istruttore Antonino Caponnetto cede il passo al dottor Meli, suo successore. L'impressione è che con quest'operazione l'Ufficio istruzione di Palermo abbia inaugurato un nuovo modo di procedere: prima arresti a raffica per reati «minori- (ammesso che l'omicidio di rivali si possa annoverare fra questi ultimi) poi inchieste più mirate, sul singoli, grandi episodi criminali che il «pentito- ricorda. Le prossime mosse riguardano gli altri versanti su cui Calderone ha parlato. E sono numerosi: 11 delitto Dalla Chiesa, anzitutto («Calderone fornisce sili mandanti indicazioni da approfondire-, dicono gli inquirenti), il •mercato delle preferenze(quasi 200 nula voti gestiti a Palermo da dlciotto capi mandamento), e altri delitti ancora. Su su, fino al tentato «golpe» di Valerio Borghese. La confessione. Prima di cominciare il lungo racconto, agli agenti del carcere di Nizza aveva fatto sapere: « Voglio parlare con mia moglie-. Era stato accontentato. Poi un'altra richiesta: «Voglio un prete-, e col cappellano era rimasto a colloquio per ore. L'Interminabile confessione di Antonino Calderone ai giudici s'è iniziata solo quando lo sconfitto «boss» di Catania aveva sistemato la famiglia e la coscienza. Era l'agosto dell'86: adesso, dopo un lavoro di riscontro durato un anno e mezzo, le accuse riempiono 900 pagine. La storia del •pentimentonon è dissimile da molte altre. E' una storia di paura. Palermitani, 1 Calderone si erano trasferiti a Catania nei primi Anni 60 (dicono, come «inviati- dei corleonesi). Gente decisa, se è vero che già a metà degli Anni 70 in un'intercettazione compiuta in Canada «Peppe- — cioè Giuseppe Calderone, fratello maggiore del «pentito» — veniva indicato come uno del capi. Ma il successo, si sa, porta nemici: e di segnali negativi i fratelli mafiosi cominciano a riceverne diversi. Una se¬ ra, a Catania, la «famiglia» era riunita al ristorante «Costa Azzurra» per festeggiare/non in quanto mafioso ma come siciliano, l'attore Franco Franchi. Fra i commensali volarono parole grosse. Pochi mesi dopo, a Napoli, a un'altra riunione In onore di Gerlando Alberti, uno dei mafiosi presenti, Giuseppe Ferrera, tagliò una torta «dimenticando- la porzione di Giuseppe Calderone. Era un segnale. Pochi mesi dopo, nel '78, il «boss» sarebbe stato ucciso. •A quel punto — ha raccontato Antonino Calderone ai giudici — non mi restavano che due vie: tentare un accordo coi "vincenti" o scappare-. E il gruppo vincente era quello dei Santapaola. Con la famiglia di Nitto Santapaola Calderone era in contatto, spesso le mogli si erano scambiate Inviti a cena: per qualche tempo, il nuovo accordo parve funzionare. Ma una sera da casa Santapaola arrivò una strana telefonata: «Jvon posso invitarvi perché ho i muratori in casa...-, diceva la moglie del «boss» rampante. Tre giorni dopo Antonino Calde-one scappava in Francia coi suoi. La foga. A Nizza era rimasto nascosto alcuni anni, poi, nel maggio dell'86, l'aveva raggiunto un mandato di cattura da Catania. Qualche settimana in carcere, poi la notizia che presto l'estradizione sarebba stata concessa. La decisione di parlare è maturata in quel momento: « Voglio vedere il giudice Falcone-. Ed ecco 1 racconti che, partendo dalla mafia di provincia, svelano via via ramificazioni sempre più importanti. Come resistenza di una commissióne interprovinciale («'a reggiuni-, la chiamavano in gergo) che avrebbe via via riunito personaggi sempre più di spicco, quasi come emanazione della famosa «cupola». La prima riunione, racconta Calderone, si tenne in una casa di campagna dalle parti di Enna, ma per le successive la sede prescelta, fu sempre la stessa: Fondo Favarella, la tenuta di Michele Greco. Conferme importanti: •Gaetano Badalamentì mi presentò i cugini Nino ed Ignazio Salvo — si, proprio loro, i grandi esattori — come uomini d'onore-. Accuse che richiederanno approfondimenti: -Il cavaliere del lavoro Carmelo Costanzo pagava tangenti a Pippo Calò e a Giuseppe Gaeta, il capozona di Termini Imerese-, Uno dei figli del cavaliere, Giuseppe, secondo il «pentito» avrebbe assunto come «autista e guardaspalle- un altro personaggio collegato alla mafia, Domenico Condorelli. Il «golpe». E poi, ancora, quell'oscura storia del «polpe» che nelle confessioni del «boss» mafiosi riaffiora con sempre maggiore insistenza, e sempre più nettamente dirìge le indagini verso collegamenti anche più recenti fra terrorismo «nero» e manovalanza criminale. •Si — conferma Antonino Calderone — nell'estate del 70, a Catania, in un appartamento di via Etnea, tenemmo una riunione per decidere se accettare o no quella strana proposta romana...-. C'erano tutti: Tommaso Buscetta, appena tornato dagli Stati Uniti, Salvatore Greco, Gaetano Badalamenti. Giuseppe Zaccaria