Dopo il ritorno in Italia parlano i tre tecnici rapiti dai curdi

«Abbiamo patito il freddo» Dopo il ritorno in Italia parlano i tre tecnici rapiti dai curdi «Abbiamo patito il freddo» E' stato l'aspetto peggiore di cinque mesi di prigionia- Commetti: «Ci hanno trattati bene. Erano brave persone» -Diotalìevi, ferito a un occhio durante il sequestro: «Mi hanno curato con la penicillina» BERGAMO — Sono atterrati Ieri mattina, alle 5,42, su un apparecchio militare all'aeroporto di Bergamo: per Giacomo Commetti, Roberto Diotalìevi e Giuseppe Carrara — 1 tecnici italiani da cinque mesi nelle mani del guerriglieri curdi — é la fine delle angosce, il ritorno a casa. Tutti e tre furono sequestrati nell'interno dell'Iraq: Carrara e Diotalìevi il 2 ottobre. Commetti il 14 settembre. Poi, sabato scorso, la liberazione in un villaggio della zona montuosa dell'Iraq nord-orientale. Sono stati subito condotti alla nostra ambasciata di Baghdad, e di 11 hanno' potuto telefonare alle famiglie. E' giunto subito in Iraq anche il sottosegretario agli Esteri Bonaluml, il quale ha però escluso che ci sia stata una trattativa diretta del governo italiano con 1 guerriglieri. . Su un punto, comunque, sono tutti d'accordo:' i tre sono stati •trattati umanamente» e «non hanno mai temuto per la propria vita». Lo ripete Giacomo Commetti, 47 anni, di Bianzone (Sondrio), il primo ad essere rapito: 'Maltrattato? Non diciamo sciocchezze: ho avuto ■empre a che fare con brave persone. Quando mi hanno preso abbiamo viaggiato in auto tutta la notte e cosi per tre notti. Di giorno stavamo nascosti per paura degli elicotteri. Finalmente siamo arrivati in una vallata boscosa e li è cominciata la mia prigionia. Per modo di dire perché potevo muovermi, andare dove volevo. E' chiaro che i "pusmerga", l partigiani, mi tenevano discretamente d'occhio». Fu rapito la sera del 14 settembre, verso le 23,30 nella baracca del cantiere, a Mosul, nel Nord del Paese. •Mi ero alzato per andare a bere, mi sono trovato tre tipi davanti. Erano armati, un quarto stava mettendo in moto l'automobile. Mi hanno preso come un salame». C&muletti sorride e ricorda che nella baracca c'erano altri tre suoi compagni di lavoro: •Che però s'erano accorti dei partigiani e si erano nascosti sotto i letti». C'erano altri prigionieri con lei? «51, c'erano sei cinesi e un paio di... No, non dico la nazionalità. Sono ancora nelle loro mani e non vorrei causare dei problemi». E' mai stato minacciato di morte? Commetti sorride: «Un paio di volte, ma per colpa mia. Dicevo che volevo andarmene via e loro esasperati mi hanno risposto: "Se lo fai e ti acchiappiamo, potremmo anche ucciderti". Ma scherzavano, sapesse conche brave persone ho avuto a che fare. Tra quei partigiani, solo in quella zona saranno stati un miglialo, c'erano dei medici, degli ingegneri, dei giornalisti, dei professori di scuola. A mezzogiorno mangiavo con loro, due sullo stesso piatto, seduti a terra sulla tovaglia di plastica, alla curda. E alla notte si dormiva in terra, su uno stuoino». Tornerà in Iraq? •No, perché mi è scaduto il permesso dei cinque anni. Adesso penso di stare vicino a casa, con la mia bambina Eileen, che ha 7 anni. Ne ha passate di brutte anche lei». Nemmeno l'ingegner Roberto Diotalìevi, 47 anni, di Gallarate (Varese), intende tornare in Iraq. •Probabilmente — dice — non mi succederebbe più nulla, ma preferisco cosi per non correre il rischio di rivangare un'esperienza che per me è stata drammatica». Il tecnico della Gie forse ha perso irrimediabilmente un occhio: -Siamo stati sequestrati nel pomeriggio del 2 ottobre io e Carrara. Un gruppo di curdi ci aspettava su una strada secondaria. Abbiamo tentato di scappare ma ci siamo domiti'arrendere di fronte ad una sventagliata di mitra e proprio in questo frangente una scheggia di vetro del parabrezza dell'auto mi ha colpito all'occhio destro». •Ho chiesto subito di essere medicato per la ferita all'occhio — prosegue — e hanno provveduto con mezzi di fortuna. Poi da qualche villaggio vicino hanno fatto arrivare un medico, che mi ha curato un paio di volte con penicillina per bloccare l'infezione». Brutti momenti? «Oltre a periodi di non conoscenza di notizie — risponde Diotalìevi — non abbiamo avuto altri motivi particolari di disagio. Se vogliamo, non è stato piacevole sopportare il freddo intenso provocato dalle nevicate abbattutesi nella zona tra fine gennaio e i primi di febbraio». Una situazione che ha spossato anche Giuseppe Carrara. 32 anni, di Cene (Bergamo), dipendente — come Diotalìevi — dell'azienda milanese Gie. »Non ci hanno trattati male — dice —. Ma questi cinque mesi hanno messo a dura prova la mia resistenza fisica e quella dei miei due amici in mano ai guerriglieri curdi», a. p. Orio al Serio. L'arrivo in Italia di Giuseppe Carrara, a sili., Roberto Diotalìevi e Giacomo Commetti

Persone citate: Giacomo Commetti, Giuseppe Carrara, Roberto Diotalìevi