Concretezza di Scroppo di Francesco Poli

Concretezza di Scroppo Alla Sant'Agostino Concretezza di Scroppo LA pittura di Filippo Scroppo, in tutto il suo ormai molto lungo percorso di ricerca dagli Anni 40 ad oggi, è ben nota a Torino grazie in particolare alle antologiche del 1979 al Foyer del Piccolo Regio e del 1985 al Palazzo della Regi rae e a varie esposizioni nell'ambito della tradizionale rassegna di Torre Pellice, di cui l'artista è stato fin dall'inizio organizzatore. L'accurata selezione di ventun ope- re che si possono ora vedere in questa mostra alla Galleria Sant'Agostino appare soprattutto come un invito a approfondire la conoscenza di un periodo ben definito della sua produzione, quello che va dal 1948 al 1954. Si tratta del periodo «concretista», quello dell'adesione al Movimento Arte Concreta, che rappresenta, come ha giustamente scritto Marco Rosei nella presentazione in catalogo, «lo snodo fondamentale della sua vicenda pittorica, lo spartiacque fra la giovanile deformazione espressionistica e drammaticamente cromatica del dato di natura, di figura, di natura morta e la definitiva scelta non figurativa». Guardando questi quadri, si resta colpiti oggi, dopo oltre trentacinque anni, dalla limpida freschezza dei colori, dall'articolato gioco della chiara sintassi compositiva, dalla geometrica vitalità degli incastri di linee e di campi cromatici e, nel complesso, dalla coerenza interna di un linguaggio figurativo che dà vita a un microuniverso autonomo che arriva a essere rigorosamente astratto, lontano da tentazioni referenziali Anche se il concretismo di Scroppo fa capo a ben precisi riferimenti linguistici nell'ambito dell'astrattismo (in particolare Magnelli e Soldati) è bene precisare che l'invenzione individuale nell'esecuzione dell'opera prevale sempre, in modo esteticamente efficace, sulla fredda e impersonale logica che forma lo scheletro oggetti- vo di partenza. Siamo ben lontani insomma da una pedante applicazione di formule dell'accademia astrattista. La scelta (operata a cavallo degli Anni 40-50) da artisti torinesi come Scroppo, Galvano, Levi Montalcini Parisot, Biglione, Carol Rama e anche Davico (che non aderì però mai al Mac), in direzione più rigorosamente astratto-geometrica e più precisamente concretista, è da vedersi come un tentativo di soluzione chiara e coerente per uscire dalla confusione stilistica degli espressionismi e dei postcubismi Non è qui il caso di ricordare la storia del movimento, al quale parteciparono numerosi artisti di grande rilievo quali Prampolini Soldati Magnelli Munari, Veronesi Radice, Nlgro. E' sufficiente citare qualche riga del testo che viene considerato come il manifesto di adesione del torinesi al Mac (firmato da Biglione, Galvano, Parisot, Scroppo): «...Il nome stesso di "arte concreta" — sorto dall'esigenza di definire un nuovo atteggiamento dello spirito in ordine non soltanto ad una negazione polemica o ad un processo di "astrazione" dal dato ottico o mnemonico — sta a significare il desiderio di rigore di chi ha rotto ogni ponte con tradizioni storicamente esaurite (...) per sostituire loro la ricerca di una diretta «presentazione» di oggetti in cui si vengano obicttivando i bisogni spirituali dell'uomo, come negli strumenti del suo lavoro quotidiano si proiettano i suoi bisogni materiali...». Francesco Poli «Filippo Scroppo. Periodo M.A.C. 1948-1954», galleria Sant'Agostino (corso Siccardi 15), fino al 27 febbraio. Orario: 10-12,30; 16-19,30. Chiuso: domenica e lunedi. S Scroppo, «Senza titolo»

Luoghi citati: Torino, Torre Pellice