Le Hawaii isola per isola

Le Hawaii isola per isola Le Hawaii isola per isola SI può dire che, almeno di vista, le conoscono tutti piuttosto bene. Hollywood le ha proposte migliaia di volte, e continua a farlo, come simbolo di Paradiso naturale, luogo di avventure fatalmente destinate al lieto fine, vista la cornice, tutta cieli azzurri e palme verdi ondeggianti sotto il sole. Da un vecchissimo film muto del 1917, «The Bottle Imp., tratto da un racconto di Stevenson, fino al recente telefilm «Magnum P. I.» che si svolge tra i grattacieli di Honolulu e le spiagge più remote, passando per i vari «Blu Hawaii» e «Paradise Hawaiian style» con Elvis Presley, queste otto isole del Pacifico sono il luogo fisico in cui l'immaginario americano ha maggiormente esercitato la sua voglia di esotismo. Come sono le Hawaii dal vivo? Cos'è rimasto delle terre «graziose e selvagge» esplorate dal giornalista Samuel Langhorne Clemens (Mark Twain) nella seconda metà dell'Ottocento e da Jack London ai primi del secolo? E se Robert Louis Stevenson potesse tornare oggi nella sua amata Honolulu, dove frequentava la nobiltà locale presso lo Iolani Palace, cosa troverebbe? Il palazzo, tanto per cominciare, c'è ancora. Ma è un museo visitato ad orari fissi dai turisti e reclamizzato come: «L'unico palazzo reale del territorio americano». La regina Liliokalani, nipote di una cara amica di Stevenson, ultima sovrana dell'arcipelago, è stata deposta nel 1893 e da allora nessuno ha più occupato il suo trono. Le Hawaii sono dal 1959 il cinquantesimo Stato dell'Unione. E degli Stati Uniti hanno assorbito molte caratteristiche. Honolulu è tutta shopping center e fast-food e l'intero arcipelago vive soprattutto di turismo, in particolare di quello proveniente dal continente americano. Arrivano a orde (cinque milioni di persone all'anno), scaricata da charter che promettono un'ubriacatura di esotismo tutto compreso. A partire dall'ac- coglienza in aeroporto che vede schierate belle ragazze in sarong (per i turisti di sesso maschile) e giovanotti in pareo (per le signore) addetti a ornare il collo dei nuovi arrivati con il tradi¬ zionale «lei», la collana di fiori. Per tutti, comunque, il primo imoatto con la capitale (palazzoni, grandi hotel, negozi di souvenir di plastica a centinaia) è deludente e fa pensare che queste super-reclamizzate «isole del Paradiso» non siano altro che un prolungamento esotico di Dlsneyland o, nella migliore delle ipotesi, la caricatura di ciò che furono nel passato. Ma, fortunatamente, ci si rende conto in fretta che le Hawaii non si fermano alla capitale. Scoperte da James Cook SCOPERTE dall'inglese James Cook nel 1778 e allora battezzate Sandwich, dal nome del Lord sponsor della spedizione, occupano in totale 2500 chilometri nella fascia mediana dell'Oceano Pacifico e comprendono tre gruppi di isole: le Mldway, dal 1903 sotto la giurisdizione della Marina militare degli Stati Uniti, le Sottovento (Leeward Islands), un gruppo di atolli disabitati, e infine le Hawaii vere e proprie, otto isole di diversa grandezza a testimonianza della loro età biologica. L'arcipelago si è formato tra settecento e sedici milioni d'anni fa: ogni punto della terra emersa altro non è che un vulcano esploso in superficie. Da Oriente verso Occidente, la prima ad apparire è Niihau, un'isola molto piccola, di proprietà privata della famiglia Robertson: impossibile visitarla, accostarvisi e persino fotografarla. Ha circa duecento abitanti, tutti dipendenti della famiglia Robertson, che la acquistò dai regnanti hawallanl. E' l'unico luogo al mondo In cui si parla ancora la lingua degù avi e in cui le tradizioni hawaiiane non sono andate perdute. Poco distante da quest'isola «proibita», c'è la splendida Kauai, verde come uno smeraldo. Sebbene sia già stata moderatamente scoperta dal turismo, è ancora intatta. Dopo Niihau, è l'isola geologicamente più antica dell'arcipelago. Per capire cosa significa bisogna visitare il Wairasa Canyon, enorme spaccatura vulcanica erosa dal vento e dal mare. Ci si può entrare con l'elicottero, sorvolando il monte WaOeale, 11 punto più piovoso del mondo, dove, secondo una leggenda, nascerebbero tutti gli arcobaleni della Terra. Lo spettacolo è emozionante: il rosso del Canyon, il bianco della frastagliata costa Na Pali, il blu del Pacifico, il verde della natura che cresce rigogliosa sulle montagne. E poi, come per magia, appena si incontra una delle numerose cascate naturali che si nascondono nel verde, tutti i colori si fondono in arcobaleni prodigiosi. Lasciata Kauai (le distanze tra un'isola e l'altra sono sempre di circa quindiciventi minuti d'aereo), si trova l'isola di Oahu, quella che ospita la capitale. Se si può, anzi si deve, evitare di fermarsi troppo a lungo a Honolulu, non si può assolutamente trascurare di visitare le spiagge che costeggiano il Nord dell'isola, dove l'Oceano offre i suoi spettacoli migliori in una violenta battaglia contro 11 vento. Non a caso è la zona al mondo preferita dai re della tavola da surf: qui c'è anche la scuola di un grande campione di questo sport, Hobby Nash. La giungla di Molokai DOPO Oahu sulla carta geografica si stagliano parallele le silhouettes delle lunghe e strette Molokai e della piccola Lanai, entrambe difficili da raggiungere e poco frequentate. Molokai è ancora in gran parte incontaminata e offre paesaggi sorprendenti: un lato dell'isola è tipicamente hawaliano, verde e tropicale fino all'Halawa Valley, una valle che è come un pezzetto di autentica giungla messo a picco sull'Oceano. Tutto il lato Est dell'isola, invece, è brullo, secco, quasi inquietante, soprattutto se ci si addentra nell'aspra penisola Kalaupapa, un tempo sede di un lebbrosario, oggi prossima a diventare parco naturale. La piccola Lanai, ancora più povera di Molokai quanto a confort turistici, (non a caso le due isole sono per lo più mete di gite da fare in giornata, anziché di soggiorni veri e propri), è completamente coltivata ad ananas. Anzi, si può dire che non offra altro. La «capitale» Lanai City, non è nemmeno una città, ma un piccolo agglomerato di case, con un solo albergo. Niente strade asfaltate, solo sentieri percorribili in jeep, sia per raggiungere le spiagge che per inerpicarsi nella parte centrale, montuosa e altrettanto affascinante di questo luogo che sembra dimenticato da tutti. Con venti minuti d'aereo o d'elicottero (1 trasporti non sono davvero un problema alle Hawaii), si arriva a Mani. L'aeroporto è al centro dell'isola, a Kahului, una piccola città che fa ormai tutt'uno con Wailuku: palazzoni, uffici, negozi. Oli alberghi sono verso il mare, Il cratere dell'Haleakala LAHAINA è la cittadina più bella di tutta l'isola, forse una delle più suggestive dell'arcipelago. Era il porto dei cacciatori di balene. Al «Pioneer Inn», l'albergo-taverna della piazza principale del paese, visse Herman Melville e l'orgoglio di campanile afferma che fu proprio qui che lo scrittore meditò «Moby Dick». Oggi il «Pioneer Inn», la piazza del porto di Lahaina con al centro il suo ficus gigantesco non attirano più gli avventurieri della risma del capitano Achab ma, oltre ai molti turisti, fotoreporters di tutto il mondo che si radunano qui tra gennaio e maggio per documentare gli spettacolari accoppiamenti di una rara specie di balene (Megaptera novaengliaes). Lontana dai rumori dei ristorantini di Lahaina e dagli hotel dal lusso esagerato di Kaanapali, ecco Rana. Silenziosa e isolata, anche grazie ad un'autostrada di appena cento chilometri ma cosi piena di curve che si vendono magliette con la scritta «I survived the road to Hana» (Sono sopravvissuto alla strada per Hana). Chi ce la fa ha il privilegio di trovarsi su una spiaggia di sabbia nera e di passeggiare in un piccolo paese che sembra rimasto fermo ai tempi di Jack London. Non vi circolano automobili, ma solo calessi e le donne si aggirano vestite con i «muumus», lunghi camicioni a fiori colorati, versione aggiornata della veste imposta alle nude hawaiane dai missionari. Più che nel fascino antico di Lahaina, più che nelle spiagge mozzafiato di Kihel o nella quiete sonnacchiosa di Hana, la vera bellezza di Maui è racchiusa nei mille metri di profondità del cratere dell'Haleakala. L'ultima eruzione di questo vulcano, che gli esperti classificano come «dormiente» (diverso da «spento») risale alla fine del Settecento: non è detto dunque che non si risvegli nei prossimi due o tre secoli. Intanto, però, il luogo è meta di pellegrinaggi turistici, trekking e scampagnate in bicicletta o a cavallo all'interno del cratere. Per arrivare all'osservatorio da cui si domina tutta la vallata ci vogliono un paio d'ore in auto su una strada tutta curve. Ne vale la pena. L'aspetto desertico del luogo è suggestivo e ricorda il Mare della Tranquillità su cui allunarono gli astronauti. Ma intorno all'Haleakala c'è vita. Una vita a dir poco insolita. Sulle pendici brulle del vulcano, per esempio, cresce una pianta unica al mondo: la «silversword» (spada d'argento), longeva e molto resistente. Nella zona, la temperatura è torrida di giorno e gelida di notte, eppure la spada d'argento riesce a viversi benissimo per oltre vent'anni, raggiungendo l'altezza di ben due metri. Quando arriva a generare il fiore, un piccolo punto rosso in cima alle foglie di un colore molto simile all'argento, muore. Vulcanici show del Kilauea MA questa pianta non è l'unica stranezza che si può incontrare durante una visita all'Haleakala. Passeggiano indisturbate, si lasciano corteggiare dalle macchine fotografiche dei passanti e accarezzare dai bambini, le «nene», una specie di oche che vive esclusivamente qui. Sono belle, dalle piume striate di marrone e deliziosamente socievoli Mentre Maui offre ai visitatori lo spettacolo del placido Haleakala, Hawaii, l'ultima isola (ce n'è un'ottava, Kahooiawe, ma è disabitata perché viene usata come bersaglio per le esercitazioni della Marina americana) fa di più. Presenta gli straordinari «show» del Kilauea e del Manna Lo a, due vulcani attivissimi. «Più i vulcani si danno da fare, più turisti arrivano, anziché fuggire», si dice da queste parti. Alle eruzioni si può assistere comodamente seduti nella veranda della Volcano House, un hotel che sta proprio all'interno del Parco Nazionale dei Vulcani, a pochi chilometri da Hllo, capoluogo dell'isola, la più grande dell'arcipelago. Hawaii, detta appunto Big Island, occupa i due terzi della superficie dell'intero Stato. Le dimensioni sono la sua carta d'identità. E' la meno erosa da vento e mare, dunque è la più giovane: ecco perché vi è ancora tanta attività vulcanica. Lo spettacolo di un'eruzione del Kilauea o della corsa della lava nelle acque dell'Oceano (evento questo unico al mondo, possibile solo perché la vicinanza tra la cima del vulcano e il mare è molto ridotta), il parco che circonda i vulcani, in un paesaggio che alterna boscaglia rigogliosa a pianure composte di materiale nero che luccica sotto il sole come metallo: le Hawaii si capiscono meglio quando si arriva qui, faccia a faccia con la forza poderosa delle montagne di fuoco scoppiate sotto l'Oceano migliaia di anni fa. Finalmente lontano dai clamori di Honolulu, dalle serate a base di mai-tai, il cocktail locale, dove impazzano pensionati dell'Oklaoma e single di mezza età del Nebraska in delirio per spettacoli con ballerini d'aerobica riciclati in danzatori di hula e tamuré. Alle pendici del Kilauea l'esotismo di plastica non ha diritto di cittadinanza. Questo grande spazio selvaggio è il regno dei ranger, che lo curano con amore ossessivo, dei geologi attenti a spiare ogni minimo sussulto dei vulcani, di botanici e biologi intenti a svelare tutti i segreti degli abitanti silenziosi di questi luoghi. Neanche un fast-food da queste parti. E persino 11 negozietto di souvenir è rivestito di un aspetto discreto. Il vulcano incute timore. Anzi è «Pele», la dea del fuoco, a scoraggiare i «sacrilegi». Trasformista, vendicativa, iraconda. Anche gli scienziati più illuminati non amano scherzare su questo personaggio mitologico, capace di azioni terribili. La dea Pele incute timore SI dice che il gestore del Volcano House Hotel riceva ogni settimana pacchetti provenienti da tutto il mondo contenenti pezzi di lava. Li mandano quei turisti che hanno «disobbedito»: non si possono portare via come souvenir i pezzi di lava, pena le ire di Pele, che lancia maledizioni e fa succedere un sacco di guai a chi si comporta male. Cosi, non resta altra scelta che rendere la lava alla sua «padrona». Gli hawaiani raccontano decine di leggende su Pele. E' uno del pochi legami rimasti tra l'antica cultura hawaiana dei primi navigatori polinesiani, provenienti dalle Marchesi, e gli abitanti delle isole di oggi. Gli hawaiani puri sono ormai ridotti a meno di ottomila individui. I loro antenati furono decimati dalle malattie portate dagli europei prima, dagli americani poi. Cosi oggi la popolazione è un coloratissimo crogiuolo di razze, vero cocktail tra Oriente e Occidente. Giapponesi e italiani, coreani e samoant, filippini e americani, che a loro volta discendono da inglesi, tedeschi, polacchi... L'identità del popolo di belle donne che incantarono i marinai di Cook è andata perduta. Resta però qualcosa dell'antico spirito «aloha». Il termine, usato sia come salve che come arrivederci, ha sempre significato, nella lingua primitiva, amicizia, rispetto, amore, fratellanza, cordialità. Oggi «aloha» non è solo il nome di centinaia di ristoranti, migliaia di bar, decine di agenzie turistiche, uffici, imprese, linee aeree. «Aloha» oggi è anche la deliziosa ospitalità, da antichi greci, che accoglie chiunque arrivi su queste isole. Il vostro ospite può essere nato a New York, a Londra, a Tokyo o a Cantori, ma vi accoglierà sempre con un sorriso e la porta di casa sempre aperta. E non vi resterà che godere di tutto questo, rispondendo con un semplice «menalo», grazie. Paola Jacobbi pLA STAMPA NIIHAU