Poesia vuol dir gelosia

Poesia vuol dir gelosia La prima rivista di versi, 20 mila copie in edicola: successo e polemiche Poesia vuol dir gelosia MILANO — I poeti, si sa, sono persone ombrose. Chiusi nelle edizioni da mille o poco più copte si lamentano di non contare nulla. Ma se gli si offre il mezzo per farsi conoscere da un pubblico più vasto, eccoli storcere il naso, fare i diffidenti. Sta succedendo nei confronti di una rivista corag- ' giosa, sbarazzina, la rivista si chiama Poesia, un mensile da edicola stampato dall'editore Crocetti, diretto da Patrizia Valduga: uscito ai primi di gennaio in 15.000 copie, ha dovuto, dopo pochi giorni, ristamparne altre 5000, subito esaurite. Nicola Crocetti è un giovane editore milanese, conosciuto per le sue accurate edizioni di Costantino Kavafis, Giovanni Rabonl, Ghiannis Ritsos, Vivian Lamarque, Patrizia Valduga e molti altri. La Valduga è autrice di eleganza formale e forza poetica, personaggio anticonformista, bizzarro nel mondo della poesia italiana delle nuove generazioni. La sua impronta dissacratoria si riflette sulla rivista: c'è una sezione «plagi» che vede Montale 'rubacchiare» versi a Rebora, c'è una intervista della stessa Valduga a Pier Vincenzo Mengaldo sulla inconsistenza dell'ultima poesia, c'è molta attenzione ai poeti dialettali, e soprattutto alla «linea lombarda». Ma la rivista è ricca di interventi: lo scienziato Matte-Bianco che discute cosa sia la poesia, proposte per gli editori, recuperi lontani, anniversari... Come l'hanno preso, questa rivista i poeti? Patrizia Valduga sospira: •Ho una tale depressione... Il primo numero è uscito nel silenzio più ostile dei poeti a me più cari...-. E non ci sarà una ragione, o più d'una? Valduga ci pensa un po' su: « Forse l'intervista a Mengaldo sulla poesia di oggi — dice — è stata dura. Ma se gli dò la parola mica posso censurarlo... Ho concluso che i poeti laureati, non si sa poi da chi, amino solo la loro poesia». Soddisfatto Nicola Crocetti che ha deciso per il secondo numero di portare la tiratura a 25.000 copie e passare da 70 a 90 pagine. Qualcosa da modificare? •Nulla — dice —, la rivista va bene così. E' la prima votlache si tenta di fare un periodico a cosi larga diffusione per far conoscere la poesia. Vorrei che si pensasse a uno spazio da dedicare ai poeti sconosciuti, ma la Valduga è contraria, dice che è ghettizzante-. Certo avrà inciso la curiosità del primo numero, il suo prezzo contenuto, 5000 lire, ma la tiratura è davvero alta, se si pensa al mercato e all'editoria di poesia in Italia. Einaudi pubblica otto titoli l'anno con una tiratura media di duemila copie, la «Fenice» di Guanda cinque titoli con tiratura di millecinquecentojo «Specchio» di Mondadori è sui sei titoli che oscillano fra le duemila-tremila copie, Garzanti tira dalle 6 alle 8 mila copie del suoi autori Bertolucci, Caproni, Luzi, e fa non più di 4 titoli l'anno. Nella collana tascabile, che probabilmente chiuderà, non supera invece le 1000 copie. Lo stesso Cro¬ cetti non supera i sei titoli, limitandosi alle mille copie. La tiratura di Poesia è dunque la somma dei lettori dei libri di poesia che si pubblicano in Italia? Dalle indicazioni di Crocetti e Valduga il suo lettore è in larga misura diverso, nuovo. L'opinione dei poeti è un po' diversa. Luciano Erba, recente premio Bagutta con la raccolta II tranviere metafisico (Scheiwiller), dice: •Temo che tutto ciò che è essoterico finisca per confondere, abbassare i livelli. Nel primo numero la cosa che mi è parsa più interessante è stata l'intervista a Mengaldo. Mi è parsa un po', come dire, concertata. Certo lui è onesto, ma sono operazioni pericolose. Divulgare la poesia? Non so, forse può accadere in Unione Sovietica dove fa freddo e la sera si sta in casa; ma altrove, prendiamo la Francia, che è sempre un punto di riferimento, non si va oltre le 1500 copie. Poesia punta sull'immagine, saranno i tempi, c'è comunque il rischio che confonda le acque-. Più possibilista Marco Forti, critico, direttore di Lo Specchio mondadoriano. •Poesia può avere un senso — suggerisce — se trova il tono giusto, se riesce a essere fatta molto bene. Loro si indirizzano ad un pubblico non specialistico. Questo primo numero è interessante, ma deve trovare una sua reale oggettività, non cadere introppi soggettivismi. Può essere una esperienza utile, far capire agli editori che uno spazio per la poesia più largo esiste, t che bisogna crederci-. Giuseppe Conte, uno dei poeti e teorici più seguiti delle nuove generazioni,dice: «Per me Poesia esprime degli umori e non una linea culturale. Nella intervista "La poesia e la critica", poi, il sopravvalutato Mengaldo mostra di essere più un chiacchierone che uno studioso. D'altronde ho l'impressione che sulla cultura attuale ci vorrebbe un "vacuometro" per misurare l'intensità del vuoto. E' inutile parlare di audience per la poesia, bisognerebbe parlare di forza spirituale-. Più morbido Valentino Zeichen: «Giudichiamola col tempo questa rivista, quando avrà preso in esame tutte le componenti, gruppi, tendenze della poesia italiana. Io sono un poeta che vende 1300 copie. La rivista aiuterà a vendere qualche copia in più, non solo dei miei libri, o ci sottrarrà dei lettori? Forse può essere utile come veicolo documentario •Sono convinto — spiega Maurizio Cucchi — che oggi una rivista deve adeguarsi al mutato mondo dell'informazione. Direi che la scelta fatta da Poesia di andare in edicola e di non essere accademica è buona. Però ci vuole unforte intervento di carattere critico che nella rivista non c'è-. Maria Luisa Spazlani enumera le cose che di Poesia le vanno e quelle che no. Dice: -Miepiaciuto Matte Bianco perché coincide in molti punti con quanto Luzi e io abbiamo detto per la Cattedra di Poesia al Centro Montale e perché, essendo straniero in Italia, poteva ripronunciare senza paura parole proibite da tempo come musica-emozione-ispirazione. • Quanto ai plagi, dati i risultati qui presenti in un duello non voluto dai contendenti e che sarebbe sommamente dispiaciuto tanto a Rebora, direttamente, quanto indirettamente a Montale, e dato che si va a caccia non solo delle parole ma anche delle sillabe, propongo all'editore Crocetti un pubblico gioco con ricchi premi: la ricerca di versi eh i non abbiano precedenti. Povero Leopardi con tutto il suo "ermo colle" e il resto. Ricordo le liti fra Sinisgalli e Gatto che si accusavano del furto dell'aggettivo "azzurro". E' molto bello, comunque, che una rivista di poesia sia riuscita a nascere in Italia, un benvenuto ai molti stranieri, un consiglio e un augurio: ricordarsi che l'Italia è lunga e che non bisogna dimenticare la rsversibill'à dell'apologo di Menenio Agrippa. La "capitale morale" non è tutto, e nemmeno certe amicizie e parentele troppo ribadite-. Bisogna, forse, toccare la poesia per misurare le passioni in una società letteraria abbastanza addormentata? Nico Orengc Maurice Henry, «Quel che tu vorrai», 1933

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