Jimmy Blanton, il quarto uomo che creò i ritmi del nuovo jazz

Jimmy Blanton, il quarto uomo che creò i ritmi del nuovo jazz I dischi e l'opera del contrabbassista scoperto da Ellington Jimmy Blanton, il quarto uomo che creò i ritmi del nuovo jazz SI nota da qualche tempo un interesse crescente per il periodo, tuttora non privo di Bone oscure, nel quale germogliò e nacque il jazz moderno. Gli anni compresi fra il 1935 e il 1945 sono oggetto di riflessioni e di articoli; Kegii stati Uniti è ancora fresco l'inchiostro del libro Swing to Bop di Ira Gitler; in Italia il Black Saint Shop di Milano ha licenziato da' poco un monumento discografico di 22 long playing dedicato al sassofonista tester Young, mentre la rivista mensile Musica Jazz allega al suo numero di feTabraio un disco antologico e un inserto sul chitarrista Charlie Christian, e per marzo annuncia un'analoga iniziativa riguardante il trombettista Roy Eldrìdge. Sono tre dei «quattro uomini che crearono il nuovo jazz», secondo una celebre definizione del critico americano Barry Ulanov. n quarto (non certo in ordine d'importanza) è il contrabbassista Jimmy Blanton, rimasto un po' ai margini dell'attuale rivisi¬ tazione: forse per caso o perché ebbe—ancor più di Christian — la sfortuna di morire giovanissimo, oppure perché il suo strumento interessa meno degli altri. Comunque sia, conviene correr subito ai ripari. Di James 'Jimmy* Blanton è ancora incerta la data di nascita, ed è sbalorditivo che nessuno studioso degli Stati Uniti si sia data la pena di controllare a dovere documenti e registri. Si sa soltanto che vide la luce nel 1921 nella capitale del Missouri, St. Louis; e del tutto sconosciuti sono i suoi studi, forse in parte autodidattici, che purè lo portarono a und maturazione tecnicoespressiva assolutamente precoce e priva, a quei tempi, di termini di paragone nel mondo del jazz. • Era poco più che un ra-~ gazzo quando debutto in una formazione locale; poi ebbe la fortuna di essere notato e scritturato dal leggendario Fate Marable, direttore di una delle orchestre che lavoravano a bordo dei battelli che risa¬ livano il corso dei Mississippi, contribuendo con le loro focose esibizioni alla diffusione del jazz. Qui, all'inizio d'autunno del 1939, viene ascoltato da Duke Ellington che intuisce subito le straordinarie doti del giovane e lo porta con sé. Blanton ha una preparazione formale impeccabile, un tocco superbo, e quan¬ do suona con l'arco ha una cavata degna di un grande concertista. Sollecitato dalle sue mani agilissime, il contrabbasso non è più lo strumento ritmico del jazz tradizionale e classico, che segna il tempo e solo qualche volta si azzarda a uscire dai binari per un break, ma acquista un ruolo dintegrazione del discorso del solista ed esegue a sua volta brillanti assoli, contrappunti e dialoghi su un piano di parità con gli strumenti melodici. Queste innovazioni, unite all'inedita funzione solistica della chitarra imposta da Charlie Christian, spostano il baricentro dell'intera sezione ritmica e costringono la batteria alla ricerca di spazi e di moduli espressivi prima mal esplorati. Si ascolti per esempio lo stupendo Sepia panorama, inciso il 24 luglio 1940 e contenuto nel long playing n. 11 delle opere complete di Ellington pubblicate dalla Rea francese: si tratta oltretuttd di una delle opere ellingtoniane maggiormente innovatrici, nella quale si fondono e si sviluppano temi diversi. Llctus del contrabbasso, potente e morbido insieme, appare come sospeso a mezza strada fra le parti ritmiche e melodiche e partecipa dell'uno e dell'altro ruolo. All'inizio e alla fine Balnton introduce e conclude lo svolgimento del brano con due perentori assoli; durante la sortita del pianoforte, il suo pizzicato completa armonicamente il suono di Ellington e si salda con esso in un tutto unico. Questi molteplici impieghi del contrabbasso jazz saranno presenti a tutti i virtuosi moderni dello strumento. Nel frattempo Ellington, quasi presagendo che il contrabbassista lavorerà con lui soltanto per due anni, assegna a Blanton una posizione di privilegio e fa risaltare al massimo le sue qualità. La nuova recluta incide per la prima volta con l'orchestra il 14 ottobre 1939 (appena un mese dopo la scoperta, quindi) e nel novembre successivo il maestro la riconduce in sala di registrazione per registrare, in duo con lui, due titoli, seguiti da altri quattro nell'ottobre 1940. Sono — nell'ordine — Blues, Plucked again, Pitter panther patter, Sophisticated Lady, Body and soul e Mr. J.B. blues, tutti d'inestimabile valore storico e artistico. Ci sono poi le opere orchestrali, più di cento, con Blanton in sezione. Per queste il jazzofilo ha oggi a disposizione due album doppi della Cbs (The complete Duke Ellington, voi. 14 e 15) e i volumi della Rea dal 9 al 17. Dalle note di copertina si apprende che Blanton esce di scena a fine settembre 1941, già minato dalla tubercolosi. Non rientra più e si spegne a Monrovia, in California, il 30 luglio 1942. Nessuno ha mai dato, in cosi poco tempo, un cosi grande contributo al jazz. Franco Fayenx . . :.' •>! '»> > :'■

Luoghi citati: California, Italia, Milano, Missouri, Monrovia, Stati Uniti