Rimpianto del diavolo
Rimpianto del diavolo Rimpianto del diavolo SERGIO QUINZIO Nelle sue corrispondenze dagli Stati Uniti Furio Colombo ci ha fatto conoscere qualcosa del nuovo fondamentalismo religioso americano. Un fenomeno che assume forme diverse, difficile perciò da ridurre a unità, ma che si manifesta oggi in molti luoghi del mondo. Qua e là, per esempio, ciascuno ha il suo diavolo: gli ayatollah hanno il «grande diavolo americano», e dalle parti di Pincrolo c'è qualcuno che il diavolo lo vede annidato dappertutto, specialmente nelle proprie mogli e nei propri figli, e di 11 cerca di scacciarlo con ogni mezzo, senza badare troppo al codice penale. Notizie di cronaca come queste fanno apparire eccezionali fatti che, in realtà, eccezionali non lo sono poi tanto; come non sono poi cosi eccezionali, oggi, visioni e apparizioni. Fra gli innumerevoli tipi di violenza che oggi si scatenano, spesso all'interno delle famiglie e nei confronti dei bambini, ha la sua parte quella motivata «religiosamente». Anche a Roma si sente parlare con una certa insistenza di gruppi o sette in cui sembra si scivoli facilmente da rosari e santini a botte e peggio per liberare dal maligno. Cose non nuove, che ci accompagnano da sempre. Le violente lotte dei santi col diavolo, ancora nel secolo scorso, non erano una rarità, e anche nel nostro secolo i papi parlano e riparlano del diavolo, i vescovi si preoccupano, aumentano gli esorcisti. E se ne discute ormai a tutti i livelli. In quanto assecondatoti delle passioni il diavolo è sentito come un sia pur rischioso alleato dell'uomo: e questo suo volto seducente nasconde spesso l'altro, quello spaventevole. L'ambiguità è il carattere più proprio del demoniaco, e fra temerlo e subirne il fascino la distanza, che non è poi molta, viene non di rado superata. Vedere in cose come queste soltanto una superstiziosa sopravvivenza del passato me sembra troppo poco. Se certe cose ac^a dono in zone emarginate dal progresso, ne accadono di simili anche in ambie ' -: dini, addirittura sofisticati. Anche fra gii adepti della «setta degli ultimi giorni» fondata da Luciana Prompicai e finiti con lei in prigione, si incontrano professori di filosofia, frequentatori del seminario di monsignor Lefebvre, animatori di gruppi scoutisti, sindacalisti. Un discrimine sociale mi sembra difficile tracciarlo. Mentre permangono ancora quasi incredibili residui di un chiuso passato contadino, nasce fra coloro che se ne sono ormai da gran tempo distaccati un oscuro rimpianto di cose perdute. Si tratta, forse, di un meccanismo analogo a quello del kitsch, o a quello che ci fa tornare a.cibi antichi e ritenuti autentici. Anche la paura-attrazione esercitata dal diavolo aedo appartenga a questa etaogenea, nostalgica fami- Probabilmente la nostra società è troppo livellata, burocratica, noiosa, e un qualche «soprannaturale» a buon mercato può apparire un rimedio, una scoperta, un riattingere al mistao della vita. E forse — ancora a segnalare l'ambiguità del demoniaco — la nostra società è insieme troppo caotica, troppo incapace di tracciare confini tra bene e male, e rimettere in campo Dio e il diavolo può rappresentare anche in questo caso una soluzione, un far chiarezza. Insomma, anche le follie hanno le loro non necessariamente folli ragioni.
Persone citate: Furio Colombo, Lefebvre, Luciana Prompicai
Luoghi citati: Roma, Stati Uniti
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