Arbore: e noi cantiamo tra i fior di Ugo Buzzolan

La tv si tolga i lustrini e mostri la satira nuda Il varietà convenzionale non funziona più La tv si tolga i lustrini e mostri la satira nuda Le vìe nuove vincenti sono l'irriverenza e la trasgressione La tv ribolle. Mentre esplode Sanremo, echeggiano le polemiche per Matrioska e dintorni. H discorso è vasto e complesso, come s'è potuto vedere in questi giorni, e riguarda principalmente la triste presenza della censura «anche» nella tv privata (soggetta dunque a pressioni esterne tanto quanto la pubblica); e, insieme, l'innegabile crisi del varietà tv tradizionale e la necessità di trovare vie «nuove». Quali sono le vie «nuove»? Non possono essere che quelle non battute per anni dalla televisione, ossia la parodia, l'irriverenza, la trasgressione, la satira. Naturalmente qui c'è il rischio, sempre in agguato, della censura per proteste o minacce di querela o, soprattutto, per «autorevoli interventi». Lo sanno sulla pelle Ricci e soci che con Drive in alcune grane le hanno già avute; è chiaro che in Matrjoska devono aver aumentato la carica di polvere al pepe, e forse l'hanno portata al massimo. E Berlusconi si è spaventato. D'altra parte, specie nel clima arroventato della concorrenza, e di fronte ad una platea sempre più scaltrita ed esigente, com'è possibile puntare ancora sullo spettacolo convenzionale? Se da Berlusconi è andato maluccio Baudo, è capitombolata la Bonaccorti, è affondata la Carlucci, e barcolla la Carrà (e invece Drive in tiene), qualcosa vorrà pur dire. Le vecchie strutture di intrattenimento, i frusti rituali, gli eterni salamelecchi.non rendono più, e i fasti e i lustrini, e gli ospiti illustri non puntellano più niente. La riprova s'è avuta — stavolta non sui network ma sulla Rai — con il debutto dello show Cinema che follia. Ogni rispetto e stima per Antonello Falqui (che solo l'anno scorso con L'altro varietà aveva realizzato un'ottima cosa), ma l'esordio di questo show, forse indirizzato alla mezza età, o alla terza età, è stato deprimente per la sua stanca eleganza: fiacchissimo umorismo — unica occasione, la caricatura dei film americani di guerra, però senza mordente — e musichette bruttine e poco orecchiabili, e l'ospite che viene a farsi pubblicità per un quarto d'ora di fila, e la Parisi, ahimè, temerariamente nelle vesti di Marilyn, e una presa in giro dei fratelli Lumière che più goffa e dopolavoristica di cosi non potrebbe essere... Oltre a tutto, un cattivo omaggio al cinema. E allora? Oggi il solo varietà che funziona è quello che — come dire? — esce dai binari. Anche di poco, anche sgangheratamente. Si pensi al successo di un avanspettacolo di grana grossa, :nolto grossa, qua! è Biberon: avanspettacolo che comunque, sia pure attraverso un rozzo c qualunquistico humour politico, non è la «solita rivista». Resta un'ultima questione. Perché, in ogni caso, i varietà Rai tradizionali prevalgono nettamente come indici di ascolto? Ad esempio: lo show dtìl3r-Tehéch non era affatto migliore di quello, concomitante, della Carrà, eppure l'ha stracciato. Sarà l'abitudine a seguire la tv pubblica? Sarà il prestigio della Rai che alla lunga fa risentire tutto il suo peso? O in effetti il pubblico comincia ad essere troppo disturbato, e a volte esasperato, dalle continue interruzioni pubblicitarie che spezzano c inquinano, e dilatano in maniera abnorme, qualsiasi trasmissione dei network? Ugo Buzzolan

Persone citate: Antonello Falqui, Baudo, Berlusconi, Bonaccorti, Carlucci, Carrà, Parisi, Ricci

Luoghi citati: Sanremo