La maglia bianca della vergogna di Gianni Romeo
La maglia bianca della vergogna Il presidente della Benetton Treviso di rugby punisce i giocatori La maglia bianca della vergogna E' successo domenica scorsa a Treviso, e non ricordiamo che un caso del genere si fosse verificato prima d'ora nel nostro sport: il presidente della gloriosa squadra veneta di rugby, una specie di Juventus della palla ovale, ha proibito ai giocatori di vestire 1 colori sociali, maglia biancoverde con la scritta dello sponsor Benetton sul petto, e li ha costretti a scendere in campo con un'anonima e bianca maglietta. Il motivo: avete perso in modo vergognoso alcuni incontri, avete toccato il fondo l'altra domenica a San Dona di Piave, dunque non siete degni di indossare queste maglie. Il presidente, notaio Arrigo Manavello, spiega cosi la sua decisione: .La nostra squadra è formata da studenti, impiegati, agricoltori; se non fanno il loro dovere, visto che premi in denaro non ne ricevono, l'unica pressione morale possibile é quella di privarli del simbolo del club. Il rugby rappresenta una delle ultime frontiere per difendere certi valori sportivi che si stanno perdendo. E da questa frontiera non vogliamo indietreggiare». Domenica scorsa la trovata ha funzionato, il Treviso ha vinto largamente. E nella prossima trasferta di Roma l'Intenzione è di ripetere l'esperimento. E' stato inventato un nuovo tipo di premio-partita: se giocherete bene e vincerete, riavrete la vostra maglia. E forse non è soltanto una coincidenza il fatto che proprio ieri a Treviso la locale società di calcio, serie C2, abbia ottenuto a stento dal tribunale una settimana di proroga, prima di venir dichiarata fallita per un miliardo di debiti cui non riesce a far fronte. In questo pianeta sport sempre più popolato da peperoni, dove anche la maglia azzurra della Nazionale è diventata prima di tutto una merce da contrattare, l'iniziativa del rugby-Treviso è certamente rivoluzionaria. 8e il concetto venisse applicato in tanti altri sport, quante magliette bianche avremmo sui campi domenicali? Anziché licenziare l'allenatore perché una squadra batte la fiacca, o minacciare supermulte che vengono puntualmente cancellate, non farebbero meglio tanti presidenti a chiudere a chiave negli armadi le maglie nerazzurre o bianconere o giallorosse, e mandare in campo la loro squadra in divisa del tutto anonima? La maglietta bianca, segno un tempo del dilettantismo più genuino, concetto di purezza e di nobiltà (si pensi al tennis, dove ancor oggi alcuni club respingono con fermezza le divise colorate e sponsorizzate), diventerà il simbolo degli sportivi che non meritano cittadinanza presso nessun club? Ma, alhmè, abbiamo il sospetto che l'iniziativa possa ottenere dei risultati soltanto in certe oasi. I giocatori di Treviso hanno disciplinatamente obbedito ed anzi sono andati oltre. Con un po' di goliardia mista a dispetto, anziché la sacca dello sponsor hanno usato, per portare allo stadio gli indumenti, quei sacchi neri di plastica che si usano per la spazzatura. Rileva il presidente Manavello: «Ho letto nei loro occhi, nei loro gesti, un dispiacere enorme per questa punizione». Ma vi immaginate un Maradona o un Gullit disperati per doversi guadagnare quei SO milioni a partita in canottiera? Vi immaginate la pressione degli sponsor, dei quali ormai lo sport è uno schiavo felice, di fronte alla prospettiva delle telecamere che frugano su immagini assolutamente anonime? E alla fin fine, abituati come siamo ormai a sospettare di tutto, anche in questa vicenda di sapore antico chi può evitare che ci germogli uh'ideuzza? Di pensare che diabolicamente tutta la storia sia un abile gioco pubblicitario? Alla fin fine si parla più del Benetton-rugby-Treviso ora che il-nome è scomparso dalle maglie, di quando sulle maglie campeggiava. Gianni Romeo
Persone citate: Arrigo Manavello, Gullit, Maradona
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