L'Europa armata di Sergio Romano

L'Europa armata OLTRE L'EGEMONIA AMERICANA L'Europa armata Dicono che Churchill non potesse ascoltare la parola «disarmo» senza sospirare «an-coro...» e reprimere uno sbadiglio. Se fosse vivo avrebbe la stessa reazione, probabilmente, ascoltando le parole «difesa europea» o «sovranità militare dell'Europa». Il tema' è una sorta di fantasma domestico che riappare ogni quattro o cinque anni e si aggira come anima inquieta sugli spalti del castello Europa. Riapparve qualche anno fa durante il dibattito sugli euromissili, è riapparso in questi ultimi mesi durante i negoziati fra americani e sovietici per l'eliminazione dei missili intermedi e di più corta gittata. Se tentassimo di scrivere la storia delle sue apparizioni constateremmo probabilmente che esse coincidono con i nostri stati febbrili o depressivi. Se gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica litigano, l'Europa teme di farne le spese diventando l'oggetto delle loro divergenze; se accennane a mettersi d'accordo, teme di farne le spese diventando l'oggetto dei loro compromessi. In ambedue i casi l'indipendenza militare dell'Europa diventa per qualche mese oggetto di sogni e di speculazioni velleitarie. Ma non appena la situazione si «normalizza» i sogni rientrano nel cassetto. Churchill direbbe cinicamente che l'Europa non . vuole curare le proprie paure. Vuole soltanto rannicchiarsi tranquillamente in quegli spazi intermedi fra una paura e l'altra nei quali può illudersi d'essere in buona salute. Potremmo trattare con uno sbadiglio anche il rilancio dell'Ueo (l'unica organizzazione europea che abbia vocazione militare) e la costituzione d'una brigata franco-tedesca come nucleo di un futuro esercito dell'Europa occidentale, se il più autorevole avvocato della difesa curopeaawn fosse oggi america-* no. Si 'chiama David. P. Calicò, è 'direttore di sAldi europei'' alla School oF àdvànced international studies della Johns Hopkins University ed è autore di un libro che s'intitola Beyond american hegemony. The future of the western alliance («Al di là dell'egemonia americana. Il futuro dell'alleanza occidentale», New York, Basic Books, 1987). Mentre gli europei sognano la loro sovranità militare per ingannare le loto paure, Calicò, rovesciando completamente i termini del problema, sostiene che l'Europa della difesa è necessaria all'America ancor più che all'Europa. Non è europeista; è un americano che pensa anzitutto agli interessi del proprio Paese ed è giunto a conclusioni assai pessimiste sul ruolo internazionale degli Stati Uniti. Occorre andare «al di là della egemonia americana», secondo il titolo del suo libro, non tanto per far piacere all'Europa, che a questa egemonia si è perfettamente accomodata, quanto per tener conto d'una realtà nazionale e internazionale che impedisce all'Ameri ca di essere egemone. ★ * L'egemonia americana < un sogno di Wilson resuscitato da Roosevelt e realizzato da Truman. Alla fine della seconda guerra mondiale gli Stati Uniti avevano di fronte a sé, teoricamente, un'altra prospettiva: quella d'un mondo organizzato secondo i canoni tradizionali dell'equili brio o, come usava dire nell'Ottocento, del «concerto» delle potenze. A questo concerto l'Europa, divisa o confederata, avrebbe dato un contributo determinante. Per un complesso di circostanze, di cui sono responsabili soltanto in parte, gli Stati Uniti hanno scelto una strada diversa assumendo la guida e la -difesa di un «impero» che Calleo divide in «impero vicino» (l'Europa) e in «impero lonta no» (il Terzo Mondo). L'impero e il protettorato nucleare americano ci hanno regalato, con qualche incon veniente e molte frustrazioni quarantanni di pace. Nella colonna degli attivi vi è, insieme con'la pace, lo straordi nario sviluppo economico dell'Europa; nella colonna dei passivi, il nazionalismo op portunista, velleitario e pen dolare degli europei che vogliono sempre il contrario di ciò che la politica estera ame ricana vuole in quel particolare momento, e chiedono all'America di essere rigida quando è molle, molle quando è rigida. Ma questi sono problemi vecchi con i quali abbiamo imparato a convivere e che non basterebbero da soli a giustificare nuovi indirizzi politici. Il problema nuovo, secondo Calleo, è quello di un'egemonia che ha necessariamente i giorni contati. Per due ragioni, di cui una internazionale e l'altra americana. Sul piano internazionale perché la legge delle egemonie vuole che la pax — romana, britannica o americana — logori il .Paese egemone a tutto vantaggio dei suoi avversari, alleati, satelliti o clienti. Se l'egemonia funziona — e quella americana ha funzionato abbastanza bene — ,il Paese egemone finisce p« .ricreare -involontariamente, dopó-iuri^erto. periodo, le condizioni di-un-mondo pluralista. Ed è per l'appunto quello che sta accadendo da qualche anno. Dalla Cina a Cuba, dall'Iran alla Libia, dal Giappone alla Grecia, il mondo della fine degli Anni Ottanta è molto meno bipolare di quello degli inizi degli Anni Settanta. La seconda ragione è strettamente americana. Gli Stati Uniti vogliono l'egemonia ma non sono pronti a pagarne il prezzo. Essi spendono per le proprie forze armate una percentuale della propria ricchezza proporzionalmente superiore a quella della Francia e della Germania, ma il contribuente americano non vuole sostenere le spese della potenza americana nel mondo e paga meno tasse di quante non ne paghino mediamente francesi e i tedeschi. Per sciogliere il nodo di questa contraddizione l'America di Eisenhower ha ridotto le proprie spese militari puntando sulla superiorità della propria tecnologia. Ma da Kennedy in poi, in condizioni di pariti nucleare, essa ha sovvenzionato la propria egemonia creando defif it di bilancio e esportando inflazione. Siamo arrivati al punto — sostiene Calleo — in cui il disordine endemico dell'economia americana è più pericoloso per l'ordine liberale internazionale di quanto non sia una eventuale aggressione sovietica. In queste condizioni l'America, secondo Calleo, deve rinunciare a una politica di cui non ha i mezzi e favorire il ritorno a un mondo pluralista in cui l'equilibrio e il concerto sostituiscano l'egemonia e il condominio UsaUrss. In apparenza è la tesi di alcune diplomazie «pacifiste». In realtà Calleo e troppo esperto di cose politiche per credere che il desiderio di pace basti ad assicurare il concerto delle nazioni. ★ ★ Il primo passo verso un mondo non egemonico è la fine del protettorato nucleare americano in Europa, vale a dire la creazione di una forza europea autonoma e di una vera alleanza paritaria tra Eu ropa e Stati Uniti. Spetterà agli europei decidere se il loro deterrente debba essere convenzionale o nucleare. Calleo non ha paura delle parole ed è perfettamente pronto a immaginare vuoi un deterrente nucleare europeo, vuoi un deterrente nucleare I tédcScr>itti!igglfintui'^^UeH« francese'e a quello inglese. ; Potremmcv- obiettare che l'idea troverà sulla sua strada ostacoli d'ogni genere e che la prospettiva di un dito tedesco sulle armi nucleari dell'Europa darà il via a un contenzioso politico di proporzioni mondiali. Ma Calleo anticipa queste obiezioni e resta convinto che rutto è preferibile a un'egemonia precaria e decadente. «Se v'è una via d'uscita, conclude, essa passa attraverso l'Europa. La storia ha fatto un giro di 360 gradi. Occorre il vecchio mondo per restaurare l'equilibrio del nuovo». Sergio Romano Winston Churchill in una caricatura di David Levine (Copyright N.Y. Revtew of Books. i'pa e per l'Italia -La Stampa»)