«Waldheim simbolo del suo Paese»

«Waldheim simbolo del suo Paese» «Waldheim simbolo del suo Paese» («La vera questione è che l'intera nazione ha mentito per decenni sul coinvolgimento nelle atrocità naziste») Sulla incenda Waldheim pubblichiamo un intervento del presidente del Congresso mondiale ebraico, Edgar M. Bronfman. Come è possibile che la vicenda Waldheim faccia ancora notizia, pur essendo vecchia di quasi due anni? La risposta è semplice: per dieci anni Waldheim c stato segretario generale delle Nazioni Unite, il più alto funzionario internazionale per i diritti umani. Più tardi fu eletto presidente dell'Austria. E poi si è scoperto che aveva violato i diritti umani nella seconda guerra mondiale. Vorrei dire che il mondo non è tanto interessato a Waldheim quanto alle atrocità naziste commesse in tempo di guerra. Inoltre il mondo è interessato al fatto che l'Austria, un tempo dichiarata la prima vittima del nazismo, sia stata nell'Anschluss più che un partner consenziente e, in proporzione, abbia avuto la sua sordida parte nell'Olocausto. Quest'anno, il 50° anniversario dell'Anschluss ha stimolato un esame ancora più approfondito del passato dell'Austria. Legioni di giovani austriaci stanno chiedendo: che cosa sono queste verità che sentiamo per la prima volta? Si domandano come i loro concittadini più adulti abbiano potuto eleggere un uomo come Waldheim alla presidenza. Lasciate che i giovani chiedano, che dimostrino la loro indignazione, che indichino una via di redenzione morale. Molti sono stati coraggiosi, come fecero i giovani americani con le dimostrazioni per i diritti civili e contro la guerra in Vietnam. Dalla fine della seconda guerra mondiale la maggior parte dell'Austria ha vissuto una menzogna. Per ragioni politiche legate alla guerra fredda, gli alleati dichiararono l'Austria una vittima, non un Paese implicato. Kurt Waldheim è il simbolo di quella menzogna. Il fatto che abbia mentito più volte è adesso ampiamente documentato. Ha cominciato con la sua /'grande menzogna», l'affermazione di essere stato studente di legge a. Vienna quando in realtà era in servizio presso una sanguinaria unità tedesca nei Balcani. Ma le sue menzogne sono di secondaria importanza. La vera questione è che l'Austria ha mentito per decenni sul proprio coinvolgimento nelle atrocità in cui Waldheim è coinvolto: deporta zioni, sanguinose rappresa glie e altre cose ancora che è troppo penoso rievocare. In proporzione, nel partito nazionalsocialista c'erano più austriaci che tedeschi. Avevo soltanto 8 anni -al tempo dell'Anschluss, rhà mi ricordo nitidamente i fiori gettati sui carri armati nelle fotografie dei giornali. Sono ancora tormentato dalle immagini di ragazze austriache che baciano soldati tedeschi. L'Anschluss è stato chiamato lo stupro dell'Austria. L'Anschluss non fu uno stupro. Fu una storia d'amore, un matrimonio fatto all'inferno. A chi gli chiedeva se avesse intenzione di dimettersi da presidente, Waldheim ha risposto chiaramente di no. Vorrei considerare le implicazioni di queste dimissioni. Waldheim sostiene di non aver fatto nulla di male, di aver agito in qualità di ufficiale della Wehrmacht in una sporca guerra, come molti altri austriaci. Le sue dimissioni sarebbero pesate su molti della sua generazione che avevano vissuto vicende come la sua. Ammettere la colpevolezza implicherebbe condannare un'intera nazione. La commissione d'indagine degli storici ha fornito un devastante atto di accusa, che è ancora più notevole considerando che il gruppo è stato richiesto e costituito dall'Austria. Non soltanto la commissione ha parlato della approfondita conoscenza che Walheim aveva delle atrocità naziste, ma ha detto/che «più volte approvò' aiioni illegali facilitandone dunque il compimento». Secondo me, la colpevolezza morale è qui di importanza fondamentale, perché va oltre la questione Waldheim toccando quella della stessa Austria. Vorrei essere chiaro: questa non è un'accusa di colpevolezza collettiva, che è un concetto che va rifiutato. La colpa può soltanto essere individuale. Ma c'è una responsabilità collettiva, e questa, implica una coraggiosa difesa della verità. E' vero: ci sono austriaci che si sono comportati moralmente e con grande dignità, e non possono essere macchiati collettivamente da alcuna accusa generica. Ma a differenza del processo avvenuto in Germania nel dopoguerra (a prescindere dai risultati), in Austria è ampiamente fallito il tentativo Si considerare collettivamente il ruolo del Paese negli anni della follia nazista. Che cosa può fare l'Austria per "arginare l'ondata delle condanne mondiali? Deve ammettere la verità e tirare le somme. L'Austria deve insegnare ai giovani e ai vecchi, all'intera popolazione, che la nazione non può sostenere una menzogna per sempre. Riparazioni per le vittime? Certamente. Ma più importante ancora è imparare dall'Olocausto che non si può mai più permettere un simile orrore. Questa è l'essenza dell'intera questione. Se una nazione non può, o non vuole, ammettere le proprie responsabilità, non ci può essere alcuna garanzia che non ripeterà i suoi crimini. Il punto non è Kurt Waldheim. Lui è soltanto uno specchio dell'Austria. Waldheim, in ultima analisi, proclama la sua innocenza attraverso l'ignoranza, sebbene anche questa sia stata smentita. Suppongo che quando il suo epitaffio sarà scritto, non sarà diverso da quello di molti nazisti: «Obbedì soltanto agli ordini». All'Austria si chiede questo: prenderà le distanze dalla posizione di Waldheim? Affronterà decisamente il proprio passato in modo da poter avere un onorevole futuro? Fate che il mondo sia in grado di dire che l'Austria non è Kurt Waldheim. Edgar. M. Bronfman Copyright «The New York Times» e per l'Italia «La Stampa»